Il sole scalda ancora, forte, le spalle nude. Lo sento battere sulla nuca, mi fa bene, vorrei poterne godere ancora e ancora. Ma sto sgranando melograni, i melograni tardivi del mio giardino, e questo vuol dire che non durerà, che, anzi, è durato fin troppo. Ora però sono qui e il calore è terapeutico; lascio affiorare i pensieri, senza resistenze, al ritmo dei chicchi che cadono rapidi nella ciotola d’acciaio.
Sgrano melograni e c’è un sole di maggio. Sgrano melograni e resisto stoica a zanzare agostane che si poggiano sui piedi ancora in infradito, col mio unguento di iperico a portata di mano. Sgrano melograni e le mosche si fanno via via più petulanti, come in settembre, man mano che le mie dita si riempiono di succo magenta e zuccherino. Quando prendo un frutto dalla cassetta e decido che per ora è l’ultimo, è proprio lì che iniziano a farsi irrimediabilmente insopportabili. Ma il lavoro è fatto, ho un bel mucchietto rosso rubino da infilare nell’estrattore, e scappo dentro, ma tornerò a breve fuori, col tavolo apparecchiato per il pranzo. Mancano 4 giorni a novembre, e non ho ancora smesso di pranzare in giardino. E lo faccio in canottiera. Se lo scorso anno ottobre è stato crudele, quest’anno è fin troppo generoso, ai limiti del preoccupante; quella generosità che, ne hai tutto il sentore, a un certo punto ci si rivolterà contro.
È stato quel vento di libeccio improvviso, una delle poche eccezioni del mese al caldo anomalo, a farci venire voglia della prima zuppa calda della stagione, una settimanella fa. Alla domanda “ma stasera che mangiamo?”, la risposta è stata istintivamente univoca. Non che abbia portato il freddo che ci si aspetterebbe, scavallata la metà di ottobre, ma un accenno di quel desiderio di avvolgersi nel calore della tana è arrivato.
Viste le condizioni climatiche, però, ero ancora poco preparata alla cucina delle giornate rigide: niente farina di mais per addensare, con l’ultimo fondo di bustina gettato via da poco, durante la bonifica della dispensa dalle maledette farfalline estive, niente verdure a foglia in frigo, se non un minuto mazzettino di bietola, ma ancora melanzane invece, e zucchine, i primi broccoli già cotti al vapore, qualche pomodoro ammaccato dall’autunno. Poco stuzzicanti per quello che avevo in mente: le zucchine nel minestrone o in una zuppa, per me, sono come il costume da bagno sotto la neve, e i broccoli preferivo mangiarli come contorno, con un filo d’olio buono e un pizzico di sale.
Ma queste giornate dal clima così mite, arrivate subito dopo le copiose piogge di settembre, le verdure a foglia le fanno crescere da sé nei campi, senza bisogno di andarle a cercare dai contadini. Nel mio giardino, in questi giorni, il tarassaco cresce a ciuffetti anziché a rosette, come se fosse un cicorino da taglio: basta meno di un minuto per farne un raccolto abbondante, che quasi non ha necessità di essere lavato. Ci metto così poco da sentirmi quasi insoddisfatta, così aggiungo qualche rosetta di costolina, che non è esattamente al suo meglio, con quel verde un po’ screziato di giallino, ma è così abbondante da non poter resistere.
Durante la passeggiata botanica che avevo fatto quella mattina, tra i calanchi di Chiusure, c’era stato modo di osservare con i partecipanti la ricrescita autunnale del sedano selvatico, Smyrnium olusatrum, quindi ero certa di trovarlo anche nel punto di raccolta che conosco più vicino a casa. E infatti eccolo lì, protetto dall’ombra delle acacie e delle invadenti fitolacche su un piccolo muretto di rialzo, tante giovani coste croccanti ornate di foglie lucide e tenere.
Questa zuppa improvvisata alla fine mi è piaciuta tanto da volervela raccontare. La parte amidacea e proteica l’hanno aggiunta rispettivamente il farro dicocco decorticato del Podere Pereto e i fagioli borlotti freschi che avevo cotto e congelato quest’estate, dopo averli trovati appena raccolti da Lucy e Marcello.
Non ho aggiunto erbe aromatiche, per gustare pienamente il sapore delle spontanee utilizzate, il delicato amaro del tarassaco e il piglio deciso ma gentile dello smirnio. Le dosi sono un po’ a occhio, come ogni zuppa improvvisata che si rispetti, e il tutto è ovviamente molto personalizzabile in base a ciò che avete in giardino, nel campo vicino casa, in frigorifero. Un mazzetto di cavolo nero o di cicoria catalogna può sostituire tranquillamente le spontanee, anche se, chevvelodicoaffare, non è del tutto la stessa cosa :).
Lo Smyrnium olusatrum, chiamato volgarmente smirnio, sedano selvatico, sellarina, dà il suo meglio in primavera, quando è in grado di arrivare a fioritura, ma i nuovi getti autunnali sono ugualmente deliziosi, e ben sostenuti da una stagione calda come questa. In queste settimane l’ho usato anche per un pesto, insieme all’ortica, come aromatica tritato a crudo su una pasta al cavolfiore, come aggiunta alle insalate di spinaci e lattuga canasta, come ingrediente in più in una frittata di porri. È molto versatile e più delicato del sedano coltivato, di cui non sono una grande amante. In questo periodo potete ancora trovarne anche i semi scuri, a impreziosire le grosse ombrelle secche sugli alti steli estivi, che se macinati sono molto saporiti e possono sostituire il pepe in molte preparazioni.
Godetevi la ricetta, e gli approfondimenti che vengono dopo, continuando a leggere in basso!
// Zuppa di erbe autunnali, con farro e fagioli borlotti //
°° Ingredienti °°
- 200 grammi circa di farro, decorticato o perlato
- 2 tazze di fagioli borlotti già lessati
- qualche mazzetto di tarassaco (Taraxacum officinale)
- qualche rosetta di costolina (Hypochaeris radicata)
- un mazzettino di foglie e coste di sedano selvatico (Smyrnium olusatrum)
- un mazzettino di bietola
- una cipolla media
- olio e.v.d’oliva
- sale marino integrale
Altre informazioni utili
A proposito di corsi e di spontanee, sono riuscita a organizzare un paio di date a ottobre, di cui la seconda questa domenica mattina, 30 ottobre, ancora prenotabile fino a sabato pomeriggio, ma poi mi fermo di nuovo: ho diversi giri da fare fuori regione, a novembre, e ho dovuto disdire alcuni impegni presi in precedenza. Il calendario corsi resta un po’ vuoto per adesso, ma ricordate che sono sempre disponibile per corsi e consulenze private, che possiamo concordare, in base alle esigenze di ognuno di noi, nei giorni in cui sarò qui a novembre ma anche più in là, a dicembre o gennaio. Continuate comunque a seguire instagram e la pagina facebook, per comunicazioni estemporanee su eventi improvvisi. E venite domenica se vi va, la vegetazione spontanea è letteralmente esplosa questo mese!
I corsi che ho dovuto disdire però sono passati a due bravissime professioniste, che conosco e che fanno parte come me dei soci fondatori della giovane AIF-Associazione Italiana di Fitoalimurgia: Caterina Cardia per la data del 12 novembre con il Festival Scambi Rurali di MondoMangione e Isabella Devetta per la data del 13 novembre alla Festa del tartufo bianco di San Giovanni d’Asso (che però credo sarà rinviata di una settimana).
A proposito invece di produttori che stimo e frequento, il Podere Pereto è cresciuto ancora tanto, rispetto a quando ve ne ho parlato in queste pagine. Oltre a molti prodotti nuovi, tra cui gli strepitosi sughi prodotti direttamente in azienda (e quando dico “direttamente” è così davvero: se capitate al Podere nelle sere d’agosto, sarà facile trovare tutta la famiglia di Barbara e Franco a sporcarsi le mani in laboratorio), altre varietà di biscotti fatti nel forno interno e parecchio altro, da diverso tempo è attivo un e-commerce sul sito, a cui ho lavoricchiato un po’ anche io nel passato inverno, soprattutto sui testi. Ci sono ancora delle cosette da sistemare, ma ora potete acquistare i prodotti da tutta Italia in modo semplice e immediato, senza lunghi scambi di mail.
Martina non panifica più al Pereto, ma Tiziana porta avanti il ruolo di capoforno alla grande. Il pane ai tre farri, con farro dicocco lessato all’interno dell’impasto di monococco e spelta, è la mia nuova droga. E tra poco si iniziano a produrre i panettoni, che sono tra i più buoni che io abbia mai assaggiato!
Ommioddio, scusate davvero se ho parlato di panettoni. Fanno 25 gradi, cribbio, e ho parlato di panettoni. Però oh, novembre è qui, c’è poco da fare. E contrariamente ad ogni mio sano principio, e solo perchè a novembre ho un po’ di casini e non so quanto comunicherò, vi dico già che anche quest’anno sono disponibili i miei oleoliti e unguenti artigianali, che posso spedire in tutta Italia, che siano per vostro uso personale o per regalarli a chi volete, per Natale o per un giorno di non-compleanno qualunque da rendere speciale per chi amate. Non potrò spedire con certezza in questo periodo, ma posso assicurare le spedizioni per fine novembre-inizio dicembre. Prenotate quello che volete della produzione 2022 scrivendomi a [email protected] e ve li tengo da parte per spedirli appena possibile. Per più informazioni su cosa faccio e sul come lo faccio vi rimando al mio post dello scorso anno.