L’aridità del paesaggio di fine settembre, quest’anno, toglie ispirazione, blocca le parole dentro un cuore chiuso, mette a tacere le emozioni pur senza smettere di rimescolarle. L’attesa di nuovi germogli e di nuova vita pare senza fine, tirata per le lunghe da un cielo carico di promesse mai davvero mantenute.
Cammino, quando cerco vie d’uscita, per sciogliere l’aridità almeno all’interno, inzupparla di sorrisi e di lacrime. Cammino e non ne ho mai abbastanza, cammino e ascolto nei passi il bisogno di arrivare altrove, su altri sentieri, altri boschi, altro e basta.
Raccolgo semi, i semi dell’estate 2021, semi di piante che hanno accompagnato una primavera quasi felice, di certo più leggera, piante che sono fiorite a circondare luoghi amati e che voglio portare con me, sui percorsi che verranno. Semi che racchiudono una fine e un nuovo inizio, un significato profondo in cui tento di specchiarmi.
Per un paio di settimane ho lasciato il mare di creta delle mie colline per contemplare un mare più classico, prima sull’Adriatico abruzzo-molisano, con una breve incursione pugliese, poi sul Tirreno della costa romana, posti dove avevamo chi ci ospitasse. Le vacanze settembrine hanno tanti pregi: la spiaggia semivuota, il sole gentile, i bagni in solitaria nel mare mosso, la quiete della birretta davanti al tramonto costiero sulle sdraio degli stabilimenti deserti, giusto accanto alla spiaggia libera. E i fichi. Montagne di fichi, soprattutto da Roma in giù. Il papà del mio lui ha una vera passione per la raccolta dagli alberi che trova in giro su terreni pubblici o abbandonati. La settimana abruzzese è trascorsa nell’abbondanza, da questo punto di vista, con scorpacciate di frutti dolcissimi a colazione, metà mattina, merenda. E quando dico scorpacciate non esagero. Poi ha sopperito il mio, di padre, rifornendosi al mercato sotto casa con i fichi delle campagne romane, e infine i minimarket e le piccole botteghe di Lavinio, a prezzi esorbitanti che non sono riusciti a fermarmi, ormai preda di una totale dipendenza.
L’abbondanza di fichi è una delle cose che più mi mancano della mia vita precedente. Da Roma in su i fioroni, i grossi fichi verdi di giugno, sono molto più difficili da trovare, e non è per neppure così facile trovare fichi di settembre in abbondanza come al Sud. Ma resta probabilmente il mio frutto preferito, quello che d’istinto sceglierei se mi chiedessero quale frutto lascerei sopravvivere sulla terra, semmai dovessero sparire tutti gli altri. Così oltre a cercare sempre di programmare discese a Roma nel pieno della stagione dei fioroni e vacanze di giugno o di settembre al Sud, cerco in tutti i modi di trovare le mie fonti anche qui. Gli alberi abbandonati sono discontinui e poveri di frutti, nella mia zona, ma sapevo che avrei potuto contare su Marcello e Lucy: mi ci sono fermata prima ancora di tornare a casa con la valigia da disfare, direttamente dal casello di uscita dell’A1. E Lucy non mi ha delusa: una bella cassettata di piccoli fichi verdi divisa a metà da un foglio di cartone, a separare quelli già un po’ passati del giorno prima da quelli freschissimi appena colti. Dei più bruttini ne ho mangiati parecchi subito, e parecchi altri li ho messi in una galette.
Al ritorno dalle vacanze si riparte dalle cose semplici. Soprattutto quest’estate, forse la mia peggiore da diversi punti di vista, e con un autunno in arrivo che, da qualche giorno, non si prospetta per niente facile. Una galette mi è sembrata la scelta migliore per racchiudere con un impasto veloce e pochi movimenti la dolcezza di settembre, che in ogni caso esplode, sempre, ignara delle umane emozioni e ancora in parte risparmiata dal clima stravolto. Non scaccerà rabbia e tristezza, ma per quel breve istante dell’incontro col palato inviterà a chiudere gli occhi, porterà altrove.
L’impasto è facilissimo, la stesura ancora di più. Ne ho già preparate due di galette in questo blog, una ai fiori di sambuco con le more di rovo, un’altra con mele e nocciole. Qui l’impasto differisce di poco, se non per qualche omissione e l’aggiunta della farina di monococco. Ma potete usare un tipo di farina soltanto aumentandone la dose, potete usare acqua al posto del succo di mela, e aggiungere un paio di cucchiai di zucchero all’impasto, se volete. Qui la dolcezza è data solo dal succo di mela nella frolla e dal ripieno generoso di fichi, resi ancora più zuccherini dalla cottura. Ma se volete renderla anche più bella e non vi state a fare problemi per un pizzico di zucchero in più, potete spennellarne i bordi a fine cottura, come vi spiego nella ricetta.
Al mio ritorno, oltre a impastare torte, ho messo finalmente mano al calendario dei corsi di ottobre. Ho inviato una newsletter giovedì col programma in anteprima, ci metterò un po’ a inserire tutte le date qui sul sito, su facebook e su instagram, ma intanto date un’occhiata a quanto sono già riuscita a pubblicare sulla pagina dei corsi e alla mail, se non l’avete ricevuta, la trovate cliccando qui. Torna l’appuntamento con le erbe romane, arricchito da un laboratorio in un posto molto bello, con quelle delle colline di Firenze e della Val d’Orcia, e con altri percorsi in zona senese. Da domenica prossima ci saranno eventi quasi ogni weekend, spero ci incontreremo in una di queste occasioni!
// Galette di fichi e mandorle //
°° Ingredienti °°
- 150 grammi di farina di grani teneri antichi semintegrale
- 70 grammi di farina di monococco
- 60 grammi di olio di semi di girasole
- 1 cucchiaio di aceto di mele
- 70 grammi di succo di mela
- un pizzico di sale
- fichi freschi in abbondanza
- una manciata di mandorle
- facoltativo, se non vi disturba l’aggiunta di zuccheri: poco sciroppo o malto o miele per spennellare i bordi
Altre informazioni utili
A proposito di fichi: qui sul blog non trovate molto altro, ché come vi dicevo i fichi faccio spesso fatica a trovarli e spesso li mangio in vacanza, quando non ho con me né macchina fotografica né voglia di cucinare ;). Però c’è una ricetta salata e un po’ selvatica di un paio di anni fa, degli involtini che trovate cliccando qui, e un frullato, pubblicato mille anni fa, qui.
Molte ricette invece le trovate nei due libri dedicati alla frutta che ho pubblicato nel 2017 e 2018, rispettivamente Frutta da scoprire e Le conserve di frutta. Ci sono marmellate e altre conserve, oltre a ricette particolari come il decotto di fichi secchi contro la tosse e il “miele” di fichi, un dolcificante ottenuto dai frutti freschi tipico della cucina calabrese, simile al vino cotto della tradizione pugliese.
A più di una settimana dal mio ritorno, le scorpacciate di fichi non sono ancora finite, e di questo devo ringraziare Michele, Bruna e Maria degli Orti di San Leonardo, che mi stanno rifornendo al ritmo di due chili ogni tre giorni. Come farei senza di voi!