Vi dico che questa fioritura dell’età matura è più potente e appassionata degli inquieti e fuggitivi addobbi della giovane primavera. C’è in essa la ragionevolezza e la coerenza dell’adulto; se si deve fiorire, allora lo si fa seriamente e con molto miele, perché arrivino le api. Che cos’è mai, una foglia cadente su questa ricca fioritura autunnale? Ma non vedete che la stanchezza non esiste?
Karel Capek, L’anno del Giardiniere, Sellerio Editore
Settembre è quel mese in cui puoi sederti in certi prati di campagna a metà mattina, all’ombra argentina di un pioppo bianco, senza il timore di essere invasa da piccoli animali di ogni sorta, che siano le zecche primaverili, i moscerini di luglio, quegli altri insettini che pizzicano alla base dei capelli di cui ignoro nome e forma, zanzare o altri insetti alati molesti.
Al massimo salirà qualche grossa formica sulla gamba, o sosterà su un braccio, sporadica, una di quelle piccole mosche che amano tanto il muso dei cavalli.
La pelle è ancora calda di sole, ma soffia un vento fresco, vivo, che muove foglie prossime alla morte e nuvole bianche e soffici, poggiate nel cielo una dietro l’altra in un gioco di prospettiva che cattura lo sguardo verso l’infinito.
Settembre è pura luce, è la natura che dà tutto prima di avviarsi verso il riposo.
Settembre è anche quel mese in cui, anche senza possedere un frutteto, sarebbe quasi possibile non andare al mercato.
More succose, all’inizio del mese, poi fichi, piccoli ma dolcissimi, e ancora uva, da vitigni abbandonati e inselvatichiti o fuggiti dalle vigne, arrampicati su aceri campestri e biancospini e carichi di grappoli. Piante selvatiche e alberi abbandonati, per qualche settimana, riescono in gran parte a provvedere al mio fabbisogno di frutta.
E poi, fiori; l’ultima esplosione, carica di responsabilità e aspettative.
I fichi sono tra i più abbondati e grandi fiori di settembre, ci avete mai pensato? Li includiamo per convenzione tra i frutti, ma sono in realtà dei grossi fiori, che contengono i frutti al loro interno. Passatemi l’autocitazione, ma ho descritto brevemente queste caratteristiche nel mio libro “Frutta da scoprire”:
L’albero del fico è davvero particolare: non ha dei veri e propri fiori distinguibili dal frutto, come accade per la maggior parte delle piante; i fiori sono gli stessi involucri morbidi e saporiti che siamo soliti mangiare, chiamati “siconi”, contenenti al loro interno gli acheni, i veri frutti, che possono o meno racchiudere i semi. Non necessariamente infatti un fico maturo porterà al suo interno dei semi fertili: la specie coltivata fa parte di quel gruppo di piante dette “partenocarpiche”, in grado cioè di generare frutti pur senza essere state impollinate. Servirebbero diverse pagine per descrivere il complesso sistema riproduttivo del fico: mi limiterò qui a dire che l’albero può avere due diverse fioriture, di cui la prima, che avviene precoce nel mese di giugno, porta solo frutti sterili, i voluminosi “fioroni”, mentre la seconda, alla fine dell’estate, porta i fichi veri e propri, con buccia, gialla, verde o nero-viola, potenzialmente fertili; svilupperanno i semi solo in presenza dell’insetto impollinatore, la piccola vespa dei fichi, che sopravvive solo a certe latitudini, dove è presente anche l’antenato selvatico della pianta, il caprifico, dai frutti immangiabili, ma ben più amato dagli impollinatori, tanto da essere spesso volutamente piantato accanto ai fichi domestici, per attrarli nell’area.
Claudia Renzi, Frutta da scoprire, Tecniche Nuove Editore
Quando mi sono resa conto, venendo ad abitare in Toscana, che dal Lazio in su i fioroni non esistono, neppure al mercato, il colpo è stato durissimo. Amo follemente i fioroni, sono capace di mangiarne una vaschetta intera per colazione. Da quel momento, aspetto con ancor più trepidazione i miei fiori di settembre preferiti, anche se la raccolta dagli alberi abbandonati che trovo in giro non è granché godibile, disturbata da vespe ghiotte e soprattutto calabroni, da cui sono sempre stata piuttosto terrorizzata.
I fichi sono accompagnati, nello scorrere di questo mese dolce e generoso, da diversi altri fiori più convenzionalmente riconoscibili come tali: le inule e le verghe d’oro, a formare folti cespugli gialli e vivaci; le ultime scabiose, bianco-lilla, che puntellano con selvatica eleganza i bordi dei sentieri soleggiati in un groviglio armonico di steli in parte già secchi, così bello da farmi venire voglia di tornare a disegnare; le artemisie, discrete e poco appariscenti, ma così profumate da rimettere al mondo chi ne porti al naso gli aromi. E i topinambur, impazziti di luce come i girasoli di Montale.
I topinambur, da queste parti, hanno iniziato a fiorire il 10 settembre. Ha cominciato quel bel cespuglio alto che troneggia ai margini del campo di girasoli appassiti, neri di semi e in attesa della mietitura. Li avrebbe seguiti pochi giorni dopo la macchia appena fuori dal cancello del borgo, di cui ho osservato gli steli crescere e poi i boccioli gonfiarsi ogni giorno, da luglio, se non me li avesse falciati via senza pietà il servizio comunale di pulizia delle strade a inizio mese. A volte ci vorrebbe qualche anima più sensibile al bello, a imbracciare quei decespugliatori o a dirigerne le azioni. Ma i topinambur sono sbocciati ovunque, ora, a consolarmi della perdita.
Avevo già usato in cucina i petali voluminosi e aromatici di questi fiori splendidi, se vi ricordate, e mi è venuta voglia di pensare una ricetta in cui andassero a braccetto con i fichi, in un omaggio ai fiori settembrini, più o meno manifesti.
E ho trovato i fichi giusto: fichi neri, insoliti dalle mie parti, colti da una pianta di quelle che piacciono a me, un piccolo albero cresciuto con niente all’interno di un buco tra i mattoni. La forza dei fichi è impressionante: da semi infilati nella roccia, senza terra, riescono a crescere forti e a fruttificare, senza alcun aiuto da parte nostra. Questo, in particolare, è spuntato nella parte esterna di un vecchio ponticello su un torrente, si affaccia su una grande vasca d’acqua ed è stato forse maltrattato dalle piene degli ultimi anni, ma ha maturato dei piccoli, meravigliosi fichi neri dal sapore dolce e intenso.
Vi lascio alla ricetta, 100% vegetale e cruda, in cui troverete qualche accorgimento sugli ingredienti e alcune varianti; ci vediamo, con chi ci sarà, ai prossimi corsi di riconoscimento delle erbe selvatiche, questa domenica 22 settembre ad Archeologia Arborea vicino Città di Castello (PG) e sabato 28 settembre allo Slow Travel Fest a Monteriggioni (SI)!
// Involtini di fichi e zucchine con petali di topinambur e foglie di tarassaco //
°° Ingredienti °°
(per 8 involtini)
- 2-3 zucchine (consigliata la varietà fiorentina, o altre varietà lunghe e sode)
- 4 fichi neri, maturi ma sodi, non troppo grandi
- 8 gherigli di noce
- abbondanti petali di topinambur (almeno una trentina)
- 16 piccole foglie di tarassaco
- 8 steli lunghi di erba cipollina
- 2 cucchiai abbondanti di crema di mandorla
- un cucchiaino raso di semi di senape macinati
- un cucchiaino di succo di limone
- 1,5 cucchiai di olio e.v.d’oliva
- sale marino integrale
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Qualche link utile:
– Il passaggio citato in apertura viene da L’anno del giardiniere, di Karel Capek, un piccolo e delizioso libro del 1929 diviso in 24 capitoli, due per ognuno dei 12 mesi. Mi è stato regalato da un’amica cara, so che legge e la ringrazio ancora una volta, che mi ha consigliato, in sintonia con la pazienza richiesta dalla natura e dai fatti della vita, di leggerne ogni parte nel giusto mese, anziché divorarlo tutto d’un fiato come avrei fatto. Qualche mese mi capita di pregustare il momento giusto da un paio di giorni prima, altri mi rendo conto solo con qualche giorno di ritardo di essere entrata in un mese nuovo, scoprendo il libricino dalla pila accanto al letto mentre prendo in mano quello del momento. Che puntualmente metto in pausa per concedermi la lettura del mese corrente. È stato un bel consiglio il suo, che posso girarlo anche a voi!
– L’altro libro citato, Frutta da scoprire, è uno dei miei (lo so, vi uscirà dalle orecchie :)), disponibile sul sito dell’editore Tecniche Nuove insieme a Le Conserve di Frutta. Con Tecniche Nuove, come molti sapranno, ho collaborato anche in questi ultimi 4 anni scrivendo per il mensile cartaceo Cucina Naturale, redigendo tutti i mesi la rubrica Vita in Campagna. I lettori abituali avranno già notato i grossi cambiamenti nel numero di settembre, completamente rinnovato in grafica e contenuti. Per ora purtroppo, in questo nuovo assetto, la rubrica è sospesa, come quelle di diversi altri autori. Non sono escluse collaborazioni future, ma vedremo come evolverà la nuova linea editoriale e la nuova gestione. Ringrazio di cuore Venetia Villani, direttrice della rivista da molti anni che ho rincontrato di recente, per avermi dato fiducia da subito pur non senza conoscermi, pensando insieme a me una rubrica che fosse nelle mie corde e nello spirito della più longeva rivista dedicata alla cucina naturale, che ha festeggiato da poco i 30 anni.
Al di là del nuovo assetto della rivista, qui sul sito di Cucina Naturale trovate alcuni dei miei contenuti pubblicati in questi anni. Grazie a chi tra di voi li ha seguiti ogni mese!
Che bello… una poesia e insieme un inno a settembre e a ciò che generosamente porta con sé. E la tua vivace interpretazione culinaria del tutto. E’ stato un piacere leggerti (ti leggo spesso eh….). Brava!
Si leggerti è sempre un grandissimo piacere…e imparo sempre cose nuove, come il fatto che i fichi sono un fiore-frutto, se non ho capito male….un abbraccio
Ciao cara Daniela, grazie tanto anche a te :). Sì, botanicamente il fico è un fiore, certo un po’ particolare, i veri frutti sono gli acheni che maturano all’interno, se impollinati. Quant’è varia e intelligente la natura! Un abbraccio a te.
Francesca, grazie!! È un gran piacere anche per me leggere il tuo commento e sapere che passi spesso! Settembre è davvero un mese magico, più ne vivo e più me ne convinco…