Il temporale ha girato a lungo intorno al paese in questi giorni, prodigo di tuoni e fulmini, ma stavolta si è deciso ad entrare e regalarci un po’ di refrigerio. Vola via che è già l’ora di cena, ma qui in questo periodo una vera ora di cena non esiste più e Urano ha bisogno di uscire. Lo porto al guinzaglio sul sentiero sterrato accanto al noceto del pastore, troppo bagnati i campi per andare a fare una corsa. Salutiamo le cucciolone maremmane e la loro mamma adottiva, ormai attempata per essere quella biologica. Sono arruffate, piene di semini attaccati al pelo, il manto umidiccio odora di latte di pecora; ma sono felici come pochi cani possono essere.
L’aria è leggera e fresca, profuma di menta, di fieno bagnato, di letame maturo. C’è pace, si sentono solo i cani abbaiare e un asino lanciare il suo grido; la luna a metà è ben visibile nel cielo già a quest’ora: l’estate ha ormai iniziato con decisione la sua discesa, col buio che arriva sempre prima ogni giorno. Vicino al canneto di bambù c’è un cespuglio di more, gocciolanti di pioggia, grandi e morbide. Sono dolcissime. È il momento giusto per un raccolto, ora che la pioggia le ha lavate per bene.
L’abbondanza destinata ad essere conservata in vaso attenderà ancora un paio di giorni, oggi voglio metterle in un dolce, che ho adocchiato qualche settimana fa sul blog della brava Ileana e che mi ha subito conquistata. Impasto semplice, ripieno essenziale, niente zuccheri se non quelli della frutta, e tante, tante more, che amo moltissimo. Non sono la sola ad apprezzarle così tanto, ovviamente, anzi siamo decisamente in parecchi. La mora di rovo è forse il frutto selvatico più facilmente avvicinabile da chiunque, in qualsiasi zona abiti e qualunque sia la sua conoscenza della flora locale. La mora è subito riconoscibile, non induce in errore, e cresce così abbondante che quasi chiunque, anche i cittadini più incalliti, ha ricordi d’infanzia felici in cui ne fa scorpacciate insieme alla propria famiglia. Io ve ne ho già raccontato, e alla marmellata di more ho anche in parte dedicato il mio ultimo libro Le Conserve di Frutta, tanto ci sono affezionata.
Ho voluto portare un pizzico di primavera dentro questo tripudio d’estate, aggiungendo dei fiori di sambuco essiccati all’impasto, per regalargli un po’ di dolcezza in più. Rispetto alla ricetta di Ileana, ho preferito poi aggiungere succo di mela come parte liquida, estratto di fresco dalle meline estive di Poggio di Camporbiano, invece dell’acqua, ma se non ne avete a disposizione potete seguire l’originale.
Il mio raccolto è stato più scarso di quanto pensassi: i cespugli vicino casa verso cui mi sono diretta con sicurezza, carichi di more succose fino a una manciata di giorni fa, si sono rivelati pieni di frutti rinsecchiti e per di più infestati da vespe e calabroni. Ne ho trovati altri meno esposti, più vicini al bosco, ma meno generosi, così temevo di non avere abbastanza materiale per riempire l’impasto, nonostante, stoicamente, non ne abbia mangiata neppure una mentre raccoglievo. Ho rimediato aggiungendo un velo di conserva di mele, simile a quella che vi ho preparato tempo fa ma senza zucchero. Anche se riuscite a trovare more in abbondanza, considerate comunque l’aggiunta, se volete, che renderà il tutto più dolce e avvolgente. Oppure, come nella ricetta di Ileana, aggiungete alle more due cucchiai di sciroppo di mela.
In ognuno dei casi, uscite a raccogliere more uno di questi giorni, ne varrà la pena 🙂
// Torta rustica di more di rovo ai fiori di sambuco, senza zucchero //
°° Ingredienti °° (per 8 persone)
Per la frolla:
- 200 grammi di farina di grani teneri antichi semintegrale
- 50 grammi di mandorle, meglio tostate ma anche no
- 2 cucchiai di fiori di sambuco essiccati
- 60 grammi di olio di semi di girasole
- 1 cucchiaio di aceto di mele
- 70 grammi circa di succo di mela, fresco di estrattore o in bottiglia
- un pizzico di sale
Per il ripieno:
- una bella tazza di more di rovo (idealmente, 300 grammi circa)
- 2-3 cucchiai di conserva di mele cotogne (facoltativa, per me senza zucchero)
- la scorza e il succo di mezzo limone piccolo
- un cucchiaino di amido di mais
Eccola! LA torta è davvero una meraviglia, per le more certo, ma soprattutto per l’impasto. Sai che sto facendo anch’io delle prove per un impasto simile a base di succo di mela?? Vedrai…
Del racconto ho amato tutto, mi sembra di essere lì con te e Urano, sento i profumi della campagna dopo il temporale e i semini sul pelo…ahahah, mi sembra di veder Nina quando esce dal bosco!
Beh un abbraccio Claudia, a presto!
Curiosissima di vedere il tuo impasto! Questo qui è davvero leggero, con la dolcezza naturale della frutta ad accompagnarlo è delizioso.
Urano per fortuna non si riempie di semini uncinati tanto quanto le belle maremmane, più selvatiche, ma non scherza. Lui però ogni tanto subisce una spazzolata 😉 Un abbraccio a te!
Ciao Claudia,
riesco a passare solo ora, ma ho letto subito il tuo post e non immagini la gioia che ho provato!
Sappi che vale lo stesso anche per me: tu mi sei sempre stata di grande ispirazione e trovo molto molto bello questo scambio.
Ora rimango un po’ qui a leggere con calma i nuovi post 🙂
Ps: sì, la teiera mi sembra proprio la stessa! Io l’ho presa a Maisons du monde qualche anno fa!
Un abbraccio :*
Cara, Ileana, grazie! Di certo non abbiamo in comune solo la teiera 🙂 ed è sicuramente per questo che troviamo inspirazione l’una nell’altra.
Un abbraccio a te!