Venerdì 19 aprile, mattina. L’aria è fresca, il sole inizia a farsi avanti con più decisione, le rondini volteggiano sulla mia testa. Sono già troppe settimane che rimando il raccolto annuale di calendula. Oggi, però, non ci ricasco: devo lavorare, sì, mi sono svegliata prestissimo apposta; faccio quello che devo fare e poi subito fuori, proprio nel momento in cui l’aria inizia ad essere più calda e i fiori più asciutti.
La pieve su cui troneggia il rudere, che si apre sulla vallata incolta e il bosco in fondo, è particolarmente accogliente stamattina. Non fa freddo e non fa caldo, l’azzurro del cielo è tutt’altro che monotono, rotto da piccole nuvole bianche dai contorni definiti, non si sente un rumore se non quello della campagna in un mezzogiorno di primavera.
L’aroma della calendula mi invade e rende le mie dita vischiose; raccolgo un capolino dopo l’altro, spostandomi tra le colonie di piante disseminate tutt’intorno al podere diroccato e agli ulivi, fino a riempire il mio vaso di fiori e la mia anima di pace. Ritrovo la solita abbondanza, che non accenna a diminuire in quel luogo incantevole, anno dopo anno.
Non vado via senza qualche ciuffo di finocchietto selvatico e qualche foglia di achillea, che forma folti tappeti ai margini del sentiero, sulla via del ritorno. Prima di rientrare a casa mi fermo anche lì dove c’è quel bel tiglio dai rami bassi, è proprio di strada. E’ il momento di mettere le foglie nuove, per i tigli, ci ho fatto caso passeggiando in città e vedendone i rami già colorati di quel verde lucido e brillante. Anche il mio tiglio di campagna, un po’ in ritardo rispetto ai fratelli di città, ha cominciato ad aprire le gemme, e voglio approfittarne prima che sia tardi: il momento buono, per questa raccolta, è ben più breve rispetto a quello per la calendula, procrastinare in questo caso non è consigliabile.
Le foglie di tiglio sono insospettabilmente commestibili. E insospettabilmente buone, tenere e delicate, perfette per un’insalata. Delle tante virtù di questo albero vi ho parlato qualche anno fa, in un articolo in cui ne raccontavo anche mitologia e riti popolari di cui è protagonista. E’ un albero che amo molto, soprattutto quando giunge a fioritura. E’ il profumo dell’estate che arriva, quello del tiglio, il dolce miele della stagione del sole. Se ne avete qualcuno vicino casa, anche in un parco metropolitano sufficientemente protetto dalla strada, approfittate delle foglioline nuove che spuntano sui rami più bassi. Finché le sentite tenere, saranno ottime per le vostre insalate e misticanze. Potreste anche cuocerle volendo, ma sono così buone crude che anche no. Potrebbe essere già tardi in molte città e campagne più calde della mia, ma vi tornerà utile per la prossima stagione.
Un’altra pianta, meno insospettabile del tiglio, ma non troppo conosciuta per i suoi usi commestibili, è la lunaria (Lunaria annua), chiamata anche “monete del papa”, per la forma particolare dei suoi semi, involucri vegetali piatti e rotondi. I più la conoscono per gli steli secchi, che ancora portano le “monete”, usate come elemento decorativo nelle case. Negli anni ’80 e ’90 erano molto in voga, io li ho sempre trovati orribili, piazzati lì negli angoli dei saloni in grossi e alti vasi di ceramica colorati. Ora ne apprezzo la fonte, la pianta viva, che tira fuori delle belle foglie cuoriformi, grandi e raspose, a inizio primavera, per poi sviluppare alti steli ramificati da cui sbocciano splendidi fiori magenta, grandi e appariscenti. Le capsule verdi dei semi immaturi arriveranno poco dopo. È una crucifera, la lunaria, il suo sapore è intenso e piccante; se ne possono mangiare le giovani foglie, preferibilmente cotte, poi i fiori, belle decorazioni commestibili, e infine i semi ancora verdi nelle loro capsule, anch’esse decorative e originali.
Mi allungo a raccoglierne qualche stelo fiorito, già che è di strada anche lei. Due passi sul sentiero, appena sotto il paese, e metto nel cestino un altro pezzetto del pranzo di oggi.
Sulla strada del ritorno, vicino alla pieve, ho raccolto anche qualche ciuffo di Silene vulgaris, mi ricordavo il punto in cui l’avevo vista crescere gli anni passati, e infatti eccola lì. È sulla strada, ma è così poco trafficata che non ci ho badato, e ho raccolto dalla parte delle piante più protesa verso il bosco. Poco più giù, prendo anche qualche stelo di pimpinella, la Sanguisorba minor, così piacevole, con quel suo aroma intenso di noce.
I fiori di aglio selvatico li avevo ripresi il giorno prima, nello stesso giardino incolto della settimana scorsa. Per ultimo raccolgo il tarassaco, giusto fuori dalla mia porta di casa, in giardino.
Ed eccola, la mia misticanza cruda di foglie e fiori di aprile, dopo la misticanza cotta della settimana scorsa. Non avevo programmato di pubblicarla, è uscita così, da un raccolto di calendula.
Dopo pranzo ancora un po’ di lavoro, poi di nuovo in cammino, su uno dei sentieri più belli della zona, in mezzo a colline completamente gialle di senape selvatica. Al ritorno, la luce del tramonto illumina i boschi che iniziano a rinverdire: così giovani e lanose, le foglie delle querce riflettono l’oro del sole all’orizzonte, facendo apparire il panorama come tinto d’autunno. Che effetto strano, questo, che mostra dentro un nuovo inizio la fine che sarà.
Se volete sapere come preparare l’oleolito di calendula, ne ho parlato qui (qui invece ci ho composto una tisana). Per la preparazione degli oleoliti in generale fate anche riferimento al post dedicato all’oleolito di elicriso, che riassume un po’ tutto.
Prenotatevi per la passeggiata erboristica ad Archeologia Arborea il 5 maggio, che manca pochissimo!! Tutte le info qui e qui.
E venite anche il 25, 27 e 28 aprile a Chiusure, vicino Asciano (SI), sarò presente con le mie passeggiate alla Festa del Carciofo, ognuna delle 3 mattine della festa. Info e prenotazioni qui.
// Misticanza di foglie e fiori d’aprile, con foglie giovani di tiglio e fiori di lunaria //
°° Ingredienti °°
- foglie giovani di tiglio (Tilia cordata)
- qualche ciuffetto di silene (Silene vulgaris)
- foglie tenere di tarassaco (Taraxacum officinale)
- qualche stelo di pimpinella (Poterium sanguisorba)
- foglie di achillea (Achillea millefolium)
- fiori di lunaria (Lunaria annua)
- fiori di aglietto selvatico (Allium neapolitanum)
- olio e.v.d’oliva
- qualche seme di zucca o girasole, se volete
- acidulato di umeboshi (quello di Dario); in alternativa aceto e sale
A trovarli tutte queste erbe…
Alcune sono davvero comuni e facili da trovare, a partire dalle foglie di tiglio, che qui sono la base principale, che si trovano in moltissimi parchi cittadini. Piano piano e con un po’ di osservazione nei luoghi giusti qualcosina si trova sempre ;).