Mi piace la tramontana. Un vento freddo, sì, fastidioso, confusionario, ma così vitale da risultare troppo attraente da non affrontarlo almeno per qualche ora. Spazza via le nuvole, pulisce l’aria, rimescola le carte e i pensieri, libera la luce e i colori dal loro filtro di opacità, restituendogli saturazione e contrasto.
Mi piace la tramontana soprattutto quando arriva a rimettere ordine, col suo disordinato incedere, in una stagione impazzita, quando spazza via il caldo fuori posto, arrivato al culmine proprio durante i giorni della merla, quelli che si supporrebbe essere i più freddi dell’anno.
Col termometro di nuovo sottozero e le forti gelate del mattino mi sento rassicurata, di nuovo in linea con i proverbi contadini legati alle stagioni, quei “Sant’ Antonio dalla barba bianca, se non nevica non si mangia” o “Sotto la neve pane, sotto la pioggia fame”. Sarebbero proverbi riferiti a gennaio, a dire il vero, ma me li faccio andare bene lo stesso.
Se neve qui non se ne vede, il freddo mattutino non sta mancando, spezzato nelle ore centrali da un sole che senza indecisioni arriva a sciogliere la galaverna e a confortare gli animi. Le mie passeggiate, nei passati giorni di forte vento, si sono limitate soprattutto al sentiero intorno al bosco dietro casa, libero finalmente dalla stagione della caccia, conclusa a fine gennaio, e riparato da una collina a nord, che lo rende meno esposto alle correnti fredde.
Una volta indebolita poi, la tramontana ha lasciato godere con più dolcezza del suo lavoro, soprattutto in quelle ore prima del tramonto quando luce e calore raggiungono il loro massimo.
La luna piena sorge diafana, enorme sulla linea dell’orizzonte, ancora osteggiata dirimpetto da un sole luminosissimo. Quel cielo pulito e pieno di luce mi spinge, d’istinto, a lasciarmi andare schiena a terra e braccia aperte, nel mezzo dell’incolto che declivia verso sud, ad abbeverare gli occhi di puro azzurro.
È un gesto che non faccio mai, nonostante la mia assidua frequentazione della campagna: troppe zecche in primavera, troppi insetti molesti d’estate, troppa umidità in autunno; spesso, nelle belle stagioni, rimpiango i più ordinati parchi cittadini. Ora, l’erba mi accoglie come il più soffice e gentile dei letti, imbacuccata come sono nel parka troppo grande di lui, il capo avvolto in sciarpa e cappello. Me ne sto lì, finché il sole tiene, e più che altro finché tiene Urano, che preoccupato dal mio agire insolito decide di venire a controllare come sto. Torniamo verso il bosco e finiamo di riempire il bustone azzurro ikea coi legnetti secchi per il camino, ancora più facili da accumulare ora che il vento ha asciugato per bene quelli a terra e ne ha fatti cadere di nuovi dall’alto.
In casa al calduccio, pur nell’accoglienza gioiosa del freddo ritrovato, ci torno ancora più volentieri in questi giorni, a cucinare polenta coi fagioli, pasta fresca, zuppe di cavolo nero e farro, vellutate di cavolfiore, al crepitio della fiamma del camino. Da diverse settimane una bella zucca mantovana, presa dai contadini al di là del fiume, faceva bella mostra di sé sulla libreria, così bella che si aveva voglia di tenerla lì ancora a lungo, come soprammobile. Ma era arrivato il tempo di restituirla al suo ruolo, e i primi spicchi sono finiti nella ricetta che vi propongo oggi.
Sempre a proposito di camino, l’ho scovata spaginando un vecchio numero di Cook, che stavo usando per accendere il fuoco. Me l’ero lasciata sfuggire, al tempo dell’uscita del giornale, ma ora mi chiamava più che mai. Peccato che avessi solo il foglio con la foto del piatto e mancasse, già ridotto in cenere il giorno precedente, quello con la ricetta, ma l’ho ritrovata online :).
Cannellini secchi in dispensa ne avevo, quelli del Pereto avanzati da un catering quest’autunno, qualche foglia di salvia fresca in giardino pure, farine chevvelodicoaffare, in pieno delirio da pasta fresca in preparazione del corso di sabato prossimo. E non è che ci voglia poi troppo altro, a parte una vagonata di noce moscata, una delle mie spezie preferite, soprattutto da quando ho scoperto che grattugiarla con la microplane anziché con la grattugina dei nani in dotazione in certe confezioni rende il suo uso finalmente piacevole da ogni punto di vista, che prima quel passaggio della grattugina rischiava di farmi desistere. Le noci moscate più buone provate finora sono quelle di Altromercato, da commercio equo, che sono da sgusciare man mano che servono, così da preservarne al massimo l’aroma.
La ricetta l’ho rivisitata eliminando l’uovo, che trovo superfluo negli gnocchi di patate come in quelli di zucca, e aumentando la quantità degli ingredienti, che quelle dosi mi parevano un po’ da dieta stretta, mentre io di appetito ne ho da vendere. E ovviamente usando la mia farina semintegrale di grani antichi, al posto della “00”.
Li ho preparati due volte, la prima non mi sono fidata della consistenza dell’impasto e ho aggiunto più farina, di più e ancora di più, fino a esagerare e ritrovarmi a mangiare degni gnocchi gommosi e pesanti. Ho replicato attenendomi alle giuste proporzioni, e il risultato non ha deluso. Anche se, lo devo dire, per me i classici gnocchi di patate sono superiori. Ma quando si ha a che fare con una zucca grande come quella che mi sono ritrovata a gestire, che non è neppure la più grande possibile, avere un po’ di ricette a portata di mano, per variare le preparazioni, può essere utile. E poi quant’è bello il suo colore, in un piatto?! Se si mangia anche con gli occhi, la zucca ha sempre un suo perché, vi pare?
// Gnocchi di zucca semintegrali alla crema di cannellini //
°° Ingredienti °°
- un chilo di zucca privata dei semi (dovreste ottenerne circa 450 g di polpa cotta)
- 200 grammi di farina semintegrale di grani teneri antichi (o la farina di grano che preferite)
- una generosissima grattugiata di noce moscata
- 300 grammi di fagioli cannellini già lessati in casa, con due mestoli della loro acqua di cottura
- uno spicchio d’aglio
- qualche ciuffetto di salvia fresca
- olio e.v.d’oliva
- pepe nero macinato al momento
- sale marino integrale
Altre informazioni utili
– Le idee per cucinare la zucca non mancano qui sul blog: se creme e vellutate sono la maggioranza, come la più recente in versione selvatica con zucca e radice di cardo mariano, quella al miso speziata con lenticchie nere, quella di zucca e ceci con le chips croccanti, non mancano i ravioli, brutti ma buoni che quella foto è venuta una chiavica, alla zucca e radicchio con salsa alle noci, o la zuppa di zucca con farro e cavolo riccio. E se cercate bene, la troverete anche come ingrediente secondario in molte ricette.
– Siccome ho casualmente citato più volte il mio caminetto in questo post, e visto che proprio la scorsa settimana ho ricondiviso su facebook, instagram e twitter un vecchio post che pure lo riguarda, ricondivido anche qui, per i social-resistenti o per i social-nonliguardomaichehoaltrodafare. Trattasi di detergente per il forno fatto in casa con 3-4 ingredienti, a base di cenere di legna. L’ho rispolverata dall’archivio perché, dopo eoni, mi sono decisa a ridare una pulita al forno, e questa crema si è di nuovo rivelata adattissima allo scopo. È una buona crema sgrassante in generale, adatta anche per altre pulizie ecologiche, se volete la trovate qui.
– E invece, a proposito di corsi, occhio che il calendario della primavera si è già arricchito un altro pochino. Andate a dare un’occhiata alla pagina corsi ed eventi!