Il mese trascorso dall’ultimo articolo che ho scritto è stato pienissimo, zeppo di eventi, lavori, corsi, incontri, luce e sentieri. Tutti gli impegni trascorsi non mi hanno impedito di sentir arrivare l’autunno, col suo passo sicuro, che a discapito delle belle giornate di sole ancora abbondanti sa come far sentire la sua presenza.
L’ho sentito perché non posso farne a meno, il richiamo della natura che cambia è sempre irresistibile per me. E poi perché tante delle mie attività sono state all’aperto, di questo mi sento sempre tanto grata, a contatto con la terra, col vento, col sole.
Nel giro di una settimana, a cavallo dello scorso weekend, avevo in programma 3 uscite private di riconoscimento erbe, il corso di cucina selvatica al Pereto, che ha richiesto anche un giorno e mezzo di raccolta preventiva, scrivere delle ricette da consegnare per un lavoro e il mio part-time fisso che giustamente richiedeva attenzione pure quello. È stata una settimana delirante ma davvero bella, in giro tra il basso Chianti, la Valdelsa, Siena e le mie Crete Senesi, con Urano sempre a raccogliere con me e camminate al tramonto che non mi sono comunque fatta mancare.
La settimana non è partita nel migliore dei modi: la domenica precedente al corso di cucina, arrivando al mio luogo preferito di raccolta nonché luogo principale dove sciogliere Urano per correre a pochi passi da casa, ho trovato una bruttissima sorpresa. Un grande campo che per 8 anni, da quando vivo qui, non era stato mai toccato se non per tagliare il fieno e lasciar pascolare le pecore, era stato completamente arato. Shock. E una lacrima, non lo nego. Al di là dell’ansia data dal corso imminente e dal dover trovare in fretta luoghi alternativi dove raccogliere, ero così affezionata a quel campo, di cui conoscevo ogni metro quadro e ogni pianta, osservata nel trascorrere degli anni in una frequentazione pressoché quotidiana, stagione dopo stagione, che è stato come se avessero demolito all’improvviso il mio locale preferito, con sotto tutta la bella gente che ci avevo incontrato dentro e con cui avevo condiviso birrette e risate. Quante scoperte ho fatto lì, quanto ho osservato e studiato, quante nuove piante sono germogliate nel tempo, ad arricchire la biodiversità di quel pezzo di terra. Mi si è spezzato il cuore a vederlo così rivoltato. In realtà ciò che mi è pesato di più e che ancora mi pesa è stato perdere il posto migliore dove stare in libertà col mio cane, peraltro senza dovermi spostare in macchina, ma questa è un’altra storia.
Non so ancora cosa ne sarà di quel campo: ci verrà riseminata l’erba medica, e magari l’aratura serve solo a dare “una rinfrescata” per poter rinnovare la coltura e darle più forza? O diventerà un campo di grano? Al di là del suo prossimo futuro, io mi sono dovuta inventare qualche variante rispetto al menù che avevo pensato. Di luoghi di raccolta ne ho trovati altri e il Podere Pereto stesso, dove si è svolto il corso, si è rivelato ricchissimo di pianticelle esuberanti, antipatiche per le colture ma ottime da mangiare. Avevo però il problema tarassaco, che già avevo pensato di sostituire con la cicoria: in entrambi i casi, volevo usarne le radici per una zuppa, ma l’abbondanza di cui avevo bisogno era lì, in quel campo, non altrove. Ho trovato altre cicorie, ma troppo sviluppate e con le radici ancora troppo fibrose per poterle cucinare.
Poi, perlustrando un fazzoletto di terra non lontano dal mio campo perduto, mi si è palesata l’alternativa, e mi sono sentita anche un po’ scema a non averci pensato prima: a posteriori, mi rendo conto che sarebbe stata la scelta migliore in ogni caso, anche avendo avuto a disposizione radici di cicoria in abbondanza. Quell’incolto era costellato qua e là di grosse piante spinose di cardo mariano, e moltissime altre erano appena germogliate, dopo le prime piogge. Perché impiegare tanto tempo e fatica e eliminare così tante piccole piante quando ne bastano pochissimi esemplari di una ben più grossa (e saporitissima in tutte le sue parti) per cucinare per 12 persone? Ho estratto soltanto 5 radici, grosse e carnose, a fronte di chissà quante di cicoria, per ottenere lo stesso risultato. Certo, queste terre argillose non si lasciano mai lavorare facilmente, ma l’aria era ancora fresca e anche la fatica dello scavare è stata più che godibile.
Le radici volevo aggiungerle ad una crema di zucca e patate aromatizzata all’elicriso, e a conti fatti il gusto della radice di cardo mariano si sposa con la preparazione ancora meglio delle altre. Mai assaggiata? Il suo gusto è simile a quello del topinambur, ma è privo di quelle sfumature di sapore che alle volte mi danno un po’ fastidio in quel tubero. Un delicato sapore come di carciofo ma più dolce, che con la zucca sta d’incanto.
Voglio passare la ricetta anche a voi, sia per celebrare le nuove scoperte, sia per accogliere degnamente l’autunno dopo tanto silenzio qui sul blog, sia per raccontarvi che il corso, alla fine, è stato proprio bello. Faticoso, ma bello :). E vi dico già che dovremmo replicarlo il 14 marzo, nelle prossime settimane fisso definitivamente la data col Pereto. Nel frattempo, se volete, sabato 9 novembre si replica quello sulla pasta fresca a base di farine di grani antichi, trovate tutte le informazioni e il modulo per iscriversi qui.
Tenete d’occhio anche gli altri corsi in programma al Pereto: il 23 novembre c’è Carlo Nessler a condurre una giornata sui cibi fermentati, sarà superinteressante.
Se già conoscete il cardo mariano ma non ne avete mai assaggiato la radice, vi invito a provarla ora, che è di nuovo un buon momento per la raccolta. In caso contrario, ho in mente un articolo monografico per la prossima primavera, in cui farvi conoscere meglio la pianta. Raccogliete, come sempre, solo se siete certi di cosa state facendo. E, soprattutto quando raccogliete radici, assicuratevi di farlo nel totale rispetto della pianta, senza comprometterne la riproduzione, il che vuol dire raccoglierne solo se ci sono abbastanza piante nei dintorni.
A inizio autunno è facile trovare delle belle piante non fiorite, che si ripaleseranno poi da febbraio-marzo e fino a metà primavera circa. Spostate le grosse foglie da terra da un lato della pianta, fino a scoprire il punto in cui entra a terra (io indosso dei guanti e le sposto con la paletta che userò per scavare). Mentre tenete su le foglie, con l’altra mano tagliate al colletto la pianta intera e spostatela di lato a testa in giù, che pesa :). Anche le foglie saranno buonissime, una volta private delle spine! Ma di questo vi parlerò in altre occasioni.
Con la paletta scavate tutt’intorno alla radice scoprendola sempre di più, fino a che avrete scavato abbastanza per vederne la parte più assottigliata; tiratela delicatamente torcendola un po’ per estrarla da terra, se fa troppa resistenza scavate ancora un po’. Rimettete la terra nella buca, e portate a casa le vostre radici. Lavatele bene e poi spazzolatele con una spazzola in fibra di cocco, per pulirle accuratamente. Ora sono pronte per essere utilizzate!
La zucca è una moscata di Provenza, presa dai contadini al di là del fiume, colorata, saporita e dalla polpa morbida. Mi piace moltissimo anche la hokkaido, per questa ricetta, ma potete usare anche la butternut o altre varietà. l’elicriso essiccato è un’aggiunta aromatica che potete anche omettere, se non ne avete a disposizione, o che potete variare in quantità e utilizzo, aggiungendone sminuzzato in cottura, per un gusto più intenso, oppure lasciandolo in infusione a fuoco spento per poi eliminarlo.
Altra sostituzione possibile è quella delle patate, con ulteriore zucca, riducendo gli ingredienti. Le patate però danno più cremosità e sostanza all’insieme.
Buon autunno a voi e a presto!
// Crema di zucca e radice di cardo mariano al profumo di elicriso //
°° Ingredienti °°
- un kg circa di zucca moscata di Provenza o hokkaido (o quella che avete)
- 200 g di radici di cardo mariano
- 2 patate medie
- 3 cucchiai abbondanti di fiori di elicriso essiccati
- 4 manciate di nocciole, al naturale o tostate
- una cipolla media
- uno spicchio d’aglio
- olio e.v.d’oliva
- sale marino integrale





Per finire…
– Del cardo mariano vi ho già fatto vedere un qualche utilizzo di semi e fiori. Ad esempio nelle tagliatelle ai fiori di cardo e d’acacia e in queste polpettine di quinoa ai semi di cardo. Ma non solo, se vi ricordate, ho usato anche i germogli crudi, ancora non spinosi, in questa insalata, in cui potete anche già vedere qualche foto della pianta.