Questa tarda primavera che somiglia ogni giorno di più all’autunno certo non favorisce la raccolta delle erbe, come taglia le gambe a tanto altro. Mi sembra di essere come sospesa in un inverno che non finisce mai, ancora impossibilitata a scoprire con leggerezza gambe e spalle, nonostante il solstizio così vicino e le giornate così lunghe. Sulle strade, la mattina, è tornata una nebbia che sa di novembre, la terra pare aspettare impaziente che il calore torni ad asciugarla.
Se dovete raccogliere piante in questo periodo, sfruttate il più possibile le giornate asciutte e non rimandate: proprio ieri mattina, passeggiando nel solito pascolo, ho scovato un bel po’ di melissa romana, e ho pensato di raccoglierne per preparare la mia tisana, era l’unico elemento che ancora mancava agli ingredienti. Non avevo dietro un cestino o una busta e non avevo voglia di portarla a mano fino a casa, e mi sono detta: “vabbè, magari passo domani…”. Ma ci ho ripensato subito, ricordando le previsioni viste quella mattina: ora è asciutta, domani chissà.
Fortunatamente, i raccolti più importanti della stagione li ho già fatti qualche tempo fa: il sambuco, che sono riuscita a raggiungere in una giornata di vento e sole, e la camomilla, che quest’anno ho raccolto prima del solito, dopo averne scoperto un grande giacimento in un campo un po’ nascosto nei terreni di Marcello e Lucy. Devo ringraziare almeno per una volta la mia vescica microscopica: sono passata da loro un giorno di maggio prima di dirigermi verso Orvieto per un pranzetto con i miei, e proprio non me la tenevo. Niente di strano per me, ero uscita da casa da appena mezzora, era passato pure troppo tempo dall’ultima pipì. Mi sono imboscata proprio al confine tra un campo seminato a orzo e uno a cipolle e porri, entrambi invasi da un’abbondanza incredibile di camomilla in fiore. Wow. Mai vista così tanta finora.
“Quando vieni a raccogliere? Guarda che se non ci pensi tu, fra un po’ ci penso io!” Mi diceva Marcello pochi giorni dopo. Non che volesse raccoglierla per sè, ma di lì a poco avrebbe tolto i porri ormai in fiore e gli ultimi cipollotti, e lavorato la terra per seminare qualcos’altro. Rimaneva sempre il campo di orzo, ma era sicuramente più scomodo, con quel caos di spighe già belle alte e parecchia vegetazione mista nel mezzo. Tra i cipollotti invece la camomilla, che gentile, era cresciuta a file molto ordinate, perfetta da raccogliere. Sono andata una mattina di un paio di giorni dopo, in una giornata splendida, che mi aveva fatta illudere che fosse finalmente ora di fare il cambio di stagione. Il sole è stato generoso, e anche il campo, da cui mi sono servita senza risparmiarmi, che in ogni caso le piante sarebbero state comunque interrate dopo non molto. Ho raccolto per me, ho fatto grandi mazzi per un’amica e mazzolini per altre ancora, che avrei visto quel pomeriggio. E ovviamente approfittato di Lucy, nonostante fossi stata lì a fare scorta di verdure solo un paio di giorni prima, per farmi una bella scorpacciata di fragole.
Sono particolarmente affezionata alla camomilla: è stata la prima pianta di cui ho parlato su questo sito, ormai 4 anni fa, ed è stata tra le protagoniste della mia prima tisana completamente autoprodotta. E’ tra le piante officinali, secondo me, una delle più sottovalutate. E’ conosciuta dai più, almeno qui in Italia, solo per le sue proprietà rilassanti e concilianti il sonno, ma le virtù della camomilla vanno ben oltre. Ne avevo già parlato proprio nel primo post che le ho dedicato, citando le parole di Aldo Poletti nella sua piccola guida Tuttoerbe: è antinfiammatoria, antinevralgica, aperitiva e digestiva, antireumatica, preventiva e curativa contro le malattie da raffreddamento. È poi pianta femminile, emmenagoga (favorisce la comparsa delle mestruazioni quando queste scarseggiano o scompaiono) e antidismenorroica (allevia i dolori mestruali). Dice poi Cattabiani in Florario, rifacendosi agli antichi scritti di Dioscoride: “Si sosteneva anche che l’acqua stillata giovasse alle donne partorienti perché avrebbe esercitato un’influenza benefica sulla muscolatura dell’utero: funzione, questa, ricordata dal suo nome generico botanico, Matricaria, che deriva dal latino matrix, utero, sebbene alcuni studiosi ritengono che derivi semplicemente da mater, madre.” E ancora Cattabiani, sull’origine del nome:
Il nome italiano, camomilla, deriva dal tardo latino chamomilla, a sua volta adattamento dal greco khamàimelon, dall’avverbio chamài, “a terra” e per estensione “piccolo” o “nano”, e da mélon, “mela”: dunque piccola mela, per l’odore dei fiori simili a quelli di certi pomi, come osserva lo stesso Castore Durante scrivendo che ha “un odor soavissimo di mele appie”. In lingua spagnola il significato è palese, perchè il termine greco è stato tradotto letteralmente in manzanilla, cioè in “melettina”.
Anche il significato simbolico di questo piccolo fiore profumato è particolarmente affascinante: simboleggia la forza nelle avversità. Questo perché i giardinieri erano soliti sistemarla accanto a piante più deboli e sofferenti, per aiutarle a rafforzarsi, fino a che, raggiunto lo scopo, la sradicavano, per lasciar crescere, attingendo alle proprie risorse, quelle piante che aveva aiutato nel momento di maggior difficoltà.
La Camomilla (Matricaria chamomilla) non è difficile da trovare spontanea, in particolare ai margini di campi coltivati. L’unico problema è proprio la coltivazione dei campi stessi dove la nostra piantina ama crescere: come ben sapete la maggior parte subisce trattamenti chimici con diserbanti e pesticidi, quindi fate sempre attenzione a dove raccogliete. Se avete anche voi un produttore di fiducia da cui vi servite, chiedetegli di fare un giro tra gli ortaggi, molto probabilmente, quando il periodo è quello giusto, troverete qualche bella pianta da cui attingere.
La riconoscerete facilmente per il suo intenso profumo e per i piccoli capolini sporgenti, con petali rivolti verso il basso. La prova definitiva per individuare la camomilla con certezza è incidere il capolino a metà: come vedete nell’illustrazione botanica che metto qui sotto (presa dal sito davebonta.com) se è camomilla il capolino sarà cavo all’interno, altrimenti sarà pieno:
Quella nell’illustrazione è in realtà un altro tipo di camomilla, la camomilla romana (Anthemis nobilis), più rara allo stato spontaneo (si trova solo in Lombardia, Lazio e Puglia), ma che presenta la stessa caratteristica distintiva. È anche da questo tipo di camomilla, oltre che dalla matricaria, che si estrae il prezioso olio essenziale, utilizzato in aromaterapia per il trattamento di diversi disturbi. L’olio essenziale di matricaria viene detto anche o.e. di Camomilla blu, perché la forte presenza di una sostanza chiamata camazulene tinge l’estratto di un azzurro vivo: questa tipologia di camomilla ha un più marcato effetto antinfiammatorio, mentre la romana funziona meglio come analgesico.
Vi ho già parlato dell’essiccazione della camomilla a suo tempo, stavolta ho messo i capolini nell’essiccatore dopo averli staccati dagli steli per poi lasciarli essiccare 12-14 ore a 40°, mentre alcuni mazzi li ho appesi a essiccare nel ripostiglio esterno. Con parte dei capolini freschi ho messo a fare un oleolito, che sta soffrendo tremendamente della mancanza di sole e calore, un po’ come me. Lo espongo appena posso, ma se poi devo uscire di casa mi tocca sempre toglierlo dal giardino, che la pioggia arriva puntuale anche quando solo un paio d’ore prima il cielo era completamente libero da ogni nuvola. Comunque: io vi spiego come farlo e a che cosa serve, e poi speriamo che la pioggia passi e che le condizioni tornino quelle ideali per la produzione degli oleoliti primaverili ed estivi, o che voi che leggete a distanza di tempo vi stiate trovando in una stagione un po’ meno burrascosa di questa, una primavera seria, insomma.
Se non avete ancora raccolto non preoccupatevi, avete tempo ancora fino a fine mese, a seconda di dove abitate, del clima e dell’altitudine. Proprio ieri Manuela mi diceva che lei solitamente, in Brianza, raccoglie addirittura a luglio. Giugno in generale è il mese della camomilla, l’importante è che aspettiate qualche giorno di sole dopo queste piogge così intense, in modo che i fiori si asciughino per bene. Normalmente basta una mattinata di sole dopo una normale pioggia primaverile, ma dopo quest’acqua così abbondante è meglio aspettare un po’ di più, soprattutto se volete raccogliere fiori, le foglie si asciugano più in fretta. Ricordate, l’umidità è il peggior nemico del vostro oleolito, se mettete a macerare dei fiori bagnati vi ritroverete quasi certamente, prima o dopo, con della bella muffazza nell’olio. La preparazione non differisce da quelle di cui vi ho già parlato nel caso dell’iperico, della calendula e dell’elicriso: riempite un bel vaso di vetro con i capolini, senza pressarli e lasciando 2-3 dita di spazio dal margine superiore del vaso. Ricoprite con olio extra-vergine d’oliva o di girasole fino a circa un centimetro abbondante dal bordo, mescolate con un cucchiaio (sempre ben asciutto) e poggiateci su il coperchio senza avvitare. Esponete al calore e alla luce solare per 21-28 giorni, mescolando almeno una volta al giorno, poi filtrate. Per il processo di filtraggio finale e la conservazione vi rimando al post sull’elicriso, dove l’ho spiegato bene. Sulla camomilla in particolare vi suggerisco di fare bene attenzione durante i primi giorni di macerazione: tende a venire parecchio a galla, vi ritroverete con i capolini che affiorano in superficie e olio libero sul fondo. In questa prima fase è ancora più importante ricordarsi di mescolare ogni giorno, ributtando sempre giù i fiori, in modo che non restino scoperti con conseguente rischio muffa. Se avete un pressino tipo quelli da verdure sottolio della misura giusta usatelo pure, senza però pressare eccessivamente il fiori e togliendolo comunque ogni giorno per mescolare. Col passare dei giorni poi, vedrete che l’andazzo cambierà e i capolini se ne staranno più buoni sul fondo del barattolo. Non prendetela come scusa per fare i lavativi, mescolate lo stesso 🙂
Potete preparare l’oleolito anche con camomilla essiccata, raccolta da voi o comprata in una buona erboristeria.
Una volta filtrato e invasettato, come usare l’oleolito di camomilla? Potete sfruttarlo in modi diversi: date le sue proprietà antireumatiche e molto utili per favorire il rilassamento muscolare, potete farne un olio da massaggio, da solo o mescolato ad altri oleoliti o ad oli essenziali specifici. Io personalmente preparo da diversi anni un olio da massaggio mescolando in parti uguali oleolito di camomilla, di iperico e di lavanda. La camomilla è ottima in questo senso: pensate che c’è un antico rimedio popolare in cui i fiori vengono fritti nell’olio e poi, una volta intiepiditi, applicati sulla muscolatura dolorante. Da non sottovalutare in questo tipo di applicazioni il suo ottimo profumo, che contribuisce a rilassare e portare serenità.
Un altro utilizzo è come lenitivo per diversi problemi della pelle: contribuisce a ridurre gli arrossamenti, a lenire le infiammazioni cutanee, agisce sulle scottature, è molto benefico per la couperose. Potete usarlo anche come struccante, se vi truccate, o per fare impacchi schiarenti per i capelli.
Buon raccolto e a presto!
E’ da ieri che gongolo per la scoperta etimologica:amo le coincidenze e questa del nome in qualche modo spiega il mio amore per questa pianta.
Non sono certa che riuscirò a preparare l’oleolito,ma se non è quest’anno posso sempre rifarmi l’anno prossimo!
Intanto vado a dividere e a mettere a testa in giù il mazzo di ieri 😀
Ero sicura che ti sarebbe piaciuta…appena l’ho letta in un libro comprato di recente ti ho subito pensata, poi l’ho ritrovata anche in altre fonti. Per me probabilmente gioca il significato simbolico, che trovo davvero bello: l’ho sempre istintivamente amata dal primo incontro, ora la vedo come una compagna in grado di sostenermi quando ne ho bisogno, col suo aroma e il suo sapore così dolce.
Bellissimo suggerimento, adoro la camomilla, ne sto giusto essiccando per le tisane, la prossima che raccolgo dal mio orto la riserverò per l’oleolito!
A me piace molto, sia per il profumo che per l’efficacia, da provare! Soprattutto se invade il tuo orto, non devi andartela nemmeno a cercare 😉
Ciaooooo amica delle autoproduzioni!!!
sai che anche qui cce ne sta un sacco…? con dei fiori enormi, gonfi e bellisssiiimiiiiiii!!!!! devo proprio raccogllierlaaaa!!!
mi ricorda quando da piccola con la nonna andavo alla “fornace” praticamente la casa in campagna dove abitava una delle sue soorelle e li davanti ce ne stava tanta tanta tanta..
grazie Caludeeeeee!!!!
Manu Manu.
Sì, ama molto crescere anche vicino ai poderi…
Oh, quanto giallo anche qui! Mi ero già gustata il profumo del post nelle foto su FB e nello scambio con Manu, ma adesso finalmente sto passeggiando con calma nel tuo campo, godendomi ogni fiorellino e ogni parola!
Amo la camomilla sin da bambina, la collego alla tisana della buonanotte e ai sogni rilassati, poi l’odore è così delicato e l’aspetto così “tenero”! Solo che non ho mai avuto il piacere di ammirarla in questo modo, fresca e viva, appena colta, quindi mi hai regalato immagini bellissime e un po’ fiabesche come solo tu sai fare, con certe cose! 🙂
Difficile non amare la camomilla, soprattutto quando la si inizia a trovare spontanea! E a proposito di giallo…oggi, appena uscita da casa tua, passando su via Lariana in bici, ho visto da lontano quella scritta sul muro che hai fotografato tempo fa, ben evidente sul muro giallo di Villa Ada. L’ho riconosciuta subito, anche con una sola occhiata fugace da lontano! Quanta dolcezza anche nella dura realtà urbana…