La primavera è qui, è ufficiale, ora anche il calendario lo decreta in maniera ineluttabile. Prima ancora che il 21 marzo si imponesse sullo scorrere del tempo, le api già ronzavano laboriose attorno ai mandorli esplosi in nuvole bianche di fiori, le primule macchiavano qua e là di vita nuova il sottobosco, l’alliaria regalava generosa nuovi getti aromatici e deliziosi.
I segnali c’erano tutti, ne è mancato giusto uno. Marzo non ha ricevuto tutta la pioggia che, per proverbiale diritto, meriterebbe. A dire il vero, non l’ha ricevuta neppure febbraio. L’ultima vera perturbazione, da queste parti, è andata via il 30 di gennaio; giusto il tempo di portare un velo di neve e ha deciso di ritirarsi senza lasciar detto quando sarebbe tornata.
I finali d’inverno asciutti spezzano un po’ il cuore, a vedere quelle terre appena seminate che chiedono acqua per lasciar spuntare i primi germogli, le rosette delle piante selvatiche crescere stentate e a rilento, la terra spaccata e polverosa, riarsa quasi fosse luglio. Una grazia inaspettata, però, ha fatto iniziare proprio la settimana dell’equinozio con una lunga giornata di pioggia; non così abbondante come sperato, ma sufficiente per bagnare un po’ la terra prima che i venti forti, capaci di rendere maldestro anche il volo sicuro dei falchi, l’asciugassero di nuovo, e per portare un po’ di vita, freschezza, coraggio ed entusiasmo in più, nella terra come nelle persone che ne abbiano riconosciuto il valore, anziché considerarla l’ennesima seccatura del lunedì mattina. E per regalare, il giorno dopo, la luce più bella, limpida e vitale del passato inverno.
Durante la prima mattinata libera da impegni, dopo quella pioggia, sono uscita a raccogliere erbe. Ne ho riempito un bel cestino, avevo in mente una ricetta da un po’. Avrei voluto prepararla già da tempo, ma le piante che avevo scelto come protagoniste, appunto, non erano ancora cresciute come mi aspettavo. Ora ci siamo: i crespini abbondano, accompagnati dalle cicorie tenere e dai rapini selvatici che mostrano già i primi boccioli. Anche le aspraggini sgranchiscono le rosette con più decisione, mentre la parietaria, con la sua solita invadenza, si raggruppa in cespugli verdi tra le pietre, alle basi dei poderi abbandonati e sui muri a secco.
Il vento, che non solo era forte, ma pure freddo, ha reso maldestra anche la mia raccolta, ma non meno redditizia. Ho pulito le rosette il più possibile in campo, poi mentre i legumi, messi a mollo la sera prima, bollivano in pentola, ho completato la pulizia in cucina, separando i colletti dalle foglie. Quelli della cicoria li ho separati, ma conservati per la cottura, volendo sfruttare anche quel primo pezzetto di radice. La prevalenza nelle quantità raccolte è andata a lei e ancora di più ai crespini, perché smorzassero l’amaro delle altre erbe. La senape selvatica l’ho scelta non a caso, ma per omaggiare le crucifere, grandi protagoniste nella versione originale della ricetta che oggi ho rielaborato in chiave selvatica.
Ho voluto preparare una ribollita un po’ diversa dal solito: questo piatto così legato alla tradizione toscana, che ho cucinato per la prima volta anni fa insieme ad una brava cuoca che abita nel mio paese, è solitamente a base di fagioli cannellini, verdure invernali (tipicamente cavolo nero, verza e bietola) e pane raffermo. Ho rivisitato la tradizione usando un legume tra i più antichi, una volta diffusissimo nel Centro Italia, la cicerchia, che i miei mi hanno portato quest’estate dal paese di nonna in Molise, e il mio mix di erbe selvatiche al posto delle verdure coltivate.
Di questa zuppa potete fare tre versioni: potete non aggiungere pane e mangiarla come zuppa di erbe e cicerchie; potete farne una zuppa di pane, che è la base della ribollita; potete infine ripassare la zuppa di pane, dopo averla lasciata riposare, in un tegame, ottenendo la ribollita. Io sono andata direttamente su quest’ultima, che la zuppa di pane mi piace meno, lasciando una parte della preparazione così com’era, da congelare e mangiare in seguito. Il risultato, in ognuno dei casi, l’ho trovato ottimo: la zuppa è molto saporita senza risultare eccessivamente amara ed ha una consistenza davvero piacevole. La mia selezione di erbe è ovviamente indicativa: scegliete quelle che preferite, usatene meno o più varietà, cambiate anche il legume protagonista, se volete. L’importante è bilanciare i diversi sapori delle erbe per creare un insieme armonico, ma anche quello dipende dal vostro palato e da quello dei vostri commensali.
Festeggio l’arrivo di questa primavera così, con un pranzo selvatico, facendo un po’ di danza della pioggia per i prossimi mesi, ma godendomi il sole pieno e luminoso, nonostante il vento freddo, il cielo azzurro senza esitazioni, le prime fioriture, il verde brillante delle foglie giovani, la luna piena che sorge, enorme, mentre il sole tramonta. Le prime tre rondini, con la loro allegria contagiosa, che ho visto volteggiare sopra il borgo per la prima volta proprio stamattina, appena uscita di casa con Urano. E il turchese della borragine nel mio vaso, quella di cui vi raccontavo la scorsa settimana, che finalmente sboccia, alla fine del lungo inverno.
Vi aspetto ai miei corsi prossimamente, trovate tutti i dettagli qui sul blog (in continuo aggiornamento) e sulla pagina facebook!
// Ribollita d’erbe spontanee e cicerchie //
°° Ingredienti °°
- 350 grammi di cicerchie
- 400-500 grammi di erbe miste, per me crespino (Sonchus asper), cicoria (Cichorium intybus), senape selvatica (Sinapis arvensis), aspraggine (Helminthotheca echioides) e parietaria (Parietaria officinalis)
- pane raffermo o secco
- una costa di sedano
- 2 carote medie
- una cipolla media
- uno spicchio d’aglio grande
- mezzo bicchiere di salsa di pomodoro
- peperoncino macinato
- olio e.v.d’oliva
- sale marino integrale
- pepe nero macinato al momento
Bellissima grafica e fotografie, complimenti.
Grazie infinite!!