La scorsa settimana sono stata assente dagli schermi. É che la settimana prima ancora sono stata a Roma che avevo delle cose da fare, poi tornata qui ne avevo talmente tante altre, tra cui RILASSARMI e darmi alla lettura, quella su carta non su schermi luminosi, che non sono riuscita a trovare uno spazietto per il blog. Sappiate però che mentre ero a Roma ho lavorato per voi, e chi mi segue sui social già lo sa. Era da tempo che volevo fare questa ricetta, e volevo farla insieme a mio padre, per imparare dai suoi gesti ripetuti tante volte e per condividere una preparazione insieme dal vivo, non per telefono come al solito. Che poi questa ricetta di cui mi accingo a parlarvi è sì una tradizione di famiglia, ma dalla parte di mia madre. Ecco, non è stata la mamma a passarmi l’amore per la cucina, sappiatelo. Quello che cucinava a casa era mio padre e lo faceva (e lo fa tuttora!) anche parecchio bene. E pubblicamente lo ringrazio per i weekend passati a cucinare ogni bendiddio per conservarlo in frigo o in freezer e renderlo disponibile a me e mio fratello appena tornati da scuola, mentre lui e mia madre erano fuori al lavoro. Anche se quando parlo di cibo più sano e naturale non mi prende tanto sul serio, le sue abitudini culinarie ci hanno evitato un sacco di zozzerie preconfezionate (non tutte eh, che eravamo anche noi una famiglia anni ’80 fedele a Capitan Findus!).
Mia madre però, pur non cucinando, mi ha certamente passato l’attitudine godereccia verso il cibo, il piacere di mangiare, cosa che mio padre, da bravo ingegnere, non lascia tanto trapelare. Ed ha alle spalle una tradizione contadina che si è sempre fatta ben sentire nelle mie estati di bambina, stimolando ogni anno di più l’amore per la terra che credo di aver avuto sempre innato dentro di me. Questa ricetta la preparava mia nonna nei giorni di festa e sua mamma prima di lei. Mia madre mi ha raccontato che sua nonna era una cuoca eccezionale, conosciuta da tutti in paese, soprattutto per i suoi buonissimi dolci, decorati minuziosamente. Non so se la mia di nonna amasse la cucina in quel modo, ma certo parecchie cose le riuscivano davvero bene. Non certo i dolci però, mi ricordo che faceva certe torte “morbide” che il giorno dopo potevi andare in piazza a manifestare e portartene in tasca una fetta al posto dei sampietrini. I ravioli, però, erano un vero spettacolo per il palato.
La tradizione ha radici molisane, ma non in tutto il Molise si prepara questa ricetta, che è tipica proprio delle parti della mia famiglia d’origine, della zona montana nell’entroterra vicino al confine laziale. Credevo che anche il magico bastone tagliaravioli fosse stato tramandato di donna in donna (e poi in uomo!) durante le generazioni, invece pare che lo scovò mia nonna per prima in un grande magazzino romano, per poi doverne comprare un’altra trentina per tutte le sorelle e parenti varie. Con questo mattarello i ravioli vengono piccoli, regolari e soprattutto belli gonfi di ripieno, senza pasta in eccesso. E senza aria dentro, perchè la lavorazione fa in modo che non ne resti neanche un soffio.
Più che cucinare, stavolta ho osservato, fotografato, appuntato ingredienti e quantità e poi alla fine, come sempre, mangiato di gusto insieme agli altri fortunati presenti a cena. Mi maledico per non aver chiesto a mio padre di togliersi quella patacca di orologio nero che proprio non fa tanto “pasta fatta in casa di una volta”…mi dicevo, ma no, perchè snaturare il soggetto, se naturalmente impasta col megaorologio al polso è giusto che lo tenga… Così adesso sapete tutti alla perfezione che sì, è vero, mio padre stava per finire di stendere la sfoglia alle 9:45 e ha chiuso la mezzaluna di pasta ripiena esattamente alle 9:54!!! Potrebbe essere un alibi perfetto se lo accusassero di qualcosa. Ecco, davvero, se volete fare delle foto decenti non fate come me, fateci caso a questi dettagli.
Occhei, sì, veniamo al punto: nel titolo c’è scritto ravioli con ricotta e zucchero e la ricetta non è un dolce, ma un primo piatto da servire con vagonate di sugo al pomodoro e basilico. Non storcete il naso in quel modo, lo so che è difficile da immaginare, ma…provate. Provate e poi mi dite com’è. Io non vi dico niente. No vabbè, ve lo dico, sono buonissimi. Sul serio!
Uno strappo alla tradizione l’ho fatto: mi sono rifiutata di usare lo zucchero bianco e l’ho voluto sostituire con uno zucchero di canna chiaro e piuttosto fine, tipo dulcita. L’operazione è riuscita alla perfezione, nessuno di quelli che conoscevano la ricetta si è accorto della differenza.
Mi capita ormai raramente di mangiare qualcosa di non vegan, tant’è che, senza averlo programmato, in un anno anbbondante di blog non avevo pubblicato ancora niente di vegetariano, che comportasse uova e latticini. Beh, le eccezioni mi piacciono, tanto quanto non mi piacciono le definizioni. Scegliete una ricotta di pecora e uova fresche locali, cercando qualche buon produttore diretto vicino a voi.
A dire il vero, poi, questo non è uno di quei piatti che considero del tutto ben equilibrati, naturali e sani, pur essendo esponenzialmente più naturale e sano di tante altre cose. Se andate a leggere il mio about, capirete che è uno di quei “fuori tema” che ben si sposa col concetto di granosalis. É un omaggio alla tradizione contadina della mia famiglia materna, alla buona cucina di mio padre, ai miei ricordi di bambina.
attenzione:
In questa ricetta le quantità sono per 6 persone e non per 4 come al solito.
// Ravioli ricotta e zucchero //
°° Ingredienti °°
- 500 grammi circa di farina di grano 00 (mai sperimentati ancora con altre farine, proverò)
- 5 uova grandi per la pasta + 1 per il ripieno
- 700 grammi di ricotta di pecora asciutta
- 4 cucchiai di zucchero di canna integrale chiaro e non troppo granuloso
- 1 cucchiaio di cannella in polvere
- sugo pomodoro e basilico quanto basta per condire
Sono venuti fuori la bellezza di 200 ravioli circa per un totale di un chilo e 650 grammi. Niente male. C’è stato anche il bis per i più golosi. Se non avete il mattarello tagliaravioli, non so dirvi dove trovarlo, potete comunque fare i ravioli come li fate di solito usando questo ripieno. Io finora l’ho visto solo al Mercatino delle Crete ad Asciano, le seconda domenica di ogni mese. Ma non credo che tutti possiate venire fin qui in Toscana solo per un mattarello tagliaravioli, che magari se cercate bene lo vendono pure sotto casa vostra! Se ci venite però fatemi un fischio che ci prendiamo un caffè.
Ecco la metto in fondo perchè un po’ me ne vergogno…la testimonianza del piatto finito, che però abbiamo dovuto mangiare a cena, quando ormai non c’era più luce se non quella artificiale della cucina…ho fatto del mio meglio per renderla accettabile, non potevo non metterla, no?
mi hai fatto venir voglia di tornare subito a casa … ritorno alle origini!
Hehehe…immaginavo che l’effetto potesse essere questo! D’altronde vedo dal tuo ultimo post che anche a te quest’autunno fa fare salti nel passato e nei ricordi d’infanzia, quindi ti ho solo dato una schicchera in più 🙂
Grazie Claudia, sono tornata indietro ai miei ricordi di bambina quando dalla nonna era una festa mangiare tutti insieme (ed eravamo tanti) le buonissime cose che cucinava la mia nonna (grande donna !) con l’aiuto delle sue figlie !
…e i ravioli era uno dei piatti preferiti miei e di tutta la combriccola !!!
Beh, certo voi dovevate essere parecchi di più, con tutte le sorelle e fratelli che aveva nonna…se ci sommiamo anche quelli della tua di nonna, mi sa che c’era parecchio da lavorare, altro che ravioli per 6! Tanti ricordi sono simili, anche se diversi nei dettagli, sono contenta di averti ricordato qualcosa di bello!
Claudia,
e che non potevo mettermi subito alla ricerca? su Amazon c’è.
Anche se per venire ad Asciano poteva essere una buona scusa!
😉
Gaia Profumodimamma
ps. il tuo babbo è un fulmine a stendere i ravioli! 9 minuti esatti sono da record!
Dai!!! Devo dire che mi fa strano, il fatto di sapere che è su Amazon fa perdere un po’ di romanticismo allo strumento magico di mia nonna…ma almeno così lo trovate tutti! A Asciano ci puoi venire lo stesso, un weekendino nelle crete senesi in autunno merita!
P.S: Sì, è decisamente rapido…anni e anni di esperienza!
P.P.S: Il mattarello è proprio lui!!! http://www.amazon.it/Cooking-Marvellous-86-60-40/dp/B00603K3CG/ref=pd_sim_sbs_k_3
A Asciano però lo vendono a 5 euro, meno di Amazon…incredibile! Il piccolo mercatino di artigianato che compete col gigante del commercio elettronico mondiale!
Sai, questa ricetta mi ha fatto ricordare un piatto che nella mia famiglia si tramanda da anni… gnocchi di patate conditi con ricotta, zucchero, e cannella…DELIZIOSI! magari ci farò un post !!!
Sicuramente proverò questi fantastici ravioli!
ciao MARI
Mari! Ma tu metti insieme i miei due piatti preferiti di quand’ero piccola! Mia nonna era anche la regina degli gnocchi, e io li ho sempre adorati, anche più dei ravioli (infatti li ho postati lo scorso anno, qui: https://granosalis.org/gnocchi-fatti-in-casa-al-ragu-vegetale/). L’idea di mettere gli stessi ingredienti del ripieno dei ravioli sugli gnocchi di patate mi stuzzica…e scrivilo questo post, dai! Io lo aspetto!
Sono rimasta incantata dalle foto più che dalle dritte! 😀 Sarà che adoro vedere mani all’opera, in azione! La scacchiera di ravioli è bellissima, mi sono innamorata… solo che mi manca quel tipo di mattarello, oltre che l’esperienza… 🙂 Grazie per avermi segnalato il post, temo che le prime volte farò disastri, ahaha, ma sarebbe un sogno riuscire a far uscire dalla mia cucina dei ravioli così! Ci proverò, giuro che ci proverò…
Fammi sapere gli sviluppi Fra! Faccio il tifo per te!
Ho assaggiato questi ravioli in Basilicata circa dieci anni fa e mi sono innamorata del sapore e del contrasto dolce-salato. Grazie alla tua ricetta, spiegata perfettamente, oggi sono riuscita a farli a casa! Sono venuti deliziosi, come li ricordavo. Grazie!!!
Cara Flavia, mi fa davvero piacere il tuo commento! Questa è una ricetta a cui in famiglia siamo tutti molto affezionati, e sono contenta di aver contribuito a farti ritrovare il sapore che ti ha colpita anni fa. Magari diventerà patrimonio anche della tua famiglia :). Grazie a te!!