Vi ricordate di quando vi ho parlato, tra le altre cose, del mio rapporto col sonno, del fatto che non mi bastino 8 ore? Ecco, non è mai stato così reale come in questo periodo. La pausa vacanziera deve avermi fatto particolarmente male da questo punto di vista: mi basta mollare la sveglia per un paio di settimane e già la nostra burrascosa amicizia viene compromessa, già inizio a non volerla più ascoltare, come fosse una madre petulante che ti dice cosa devi o non devi fare con quella sua vocetta squillante e fastidiosa. Due settimane contro un mese e mezzo di ripiglio, per riuscire a tornare ad un ritmo decente.
Vabbè, il caldo implacabile di quest’estate pure non aiuta. Mi rende fiacca e svogliata, piombando la mia pressione ancora più giù di quanto normalmente sia. Fossero poi solo queste, le conseguenze di questi mesi bollenti…l’estate 2017 sta diventando davvero una di quelle da dimenticare, tra siccità estrema e prolungata (le avete viste le ultime foto del lago di Bracciano?), incendi devastanti, raccolti dimezzati, insetti, tra cui gli impollinatori, drasticamente diminuiti, fioriture scarse e misere.
Gli incendi, più di tutto, mi stanno spezzando il cuore durante queste settimane. Me li aspettavo, constatando la pericolosità delle condizioni ambientali già a fine primavera, sapevo che con aridità, vento onnipresente e qualche cerebroleso ad innescare le fiamme non sarebbero stati mesi facili, ma non credevo si potesse arrivare a questi livelli. La pineta di Castel Fusano, le belle campagne di Roma Nord, la splendida costa maremmana, le pendici del Monte Amiata e quelle del Vesuvio, tutto in fumo nel giro di poche settimane, con la pioggia che ancora non compare nelle previsioni meteo dei prossimi 15 giorni.
Unica consolazione la forza della terra, che dopo il passaggio del fuoco diventa più fertile di prima. Ci sono semi di alcune piante che restano dormienti fino a che non arrivi un incendio a portare le condizioni ideali per la loro germinazione e per la colonizzazione rapida dell’area, che torna verde e viva nel giro di poco. Quello che però mi preoccupa, a cui non avevo pensato prima di leggere alcuni articoli sul giornale, è che, soprattutto nelle zone costiere, quelle più interessate degli incendi quest’anno, vengono gettate sul terreno quantità immense di acqua di mare per spegnere il fuoco. Acqua salata, che rende i terreni tossici per le piante e favorisce la desertificazione. Un vero disastro.
Sì, sono un po’ cupa in questi mesi, ma la mia fiducia nella forza della natura è sempre ben salda. Proprio dalla natura e dalle sue incredibili strategie di sopravvivenza, molti scienziati di mente aperta stanno traendo, già da anni, tanta ispirazione per fronteggiare le sfide della nostra epoca, come la scarsità di acqua dolce o la salinizzazione dei suoli. Durante le settimane passate, segnate da piacevolissime letture, ho divorato il nuovo libro di Stefano Mancuso Plant Revolution. Pur non essendo completamente d’accordo con la visione del mondo dell’autore, l’ho trovato davvero interessante e affascinante. Vi invito a leggerlo, se volete qualche dimostrazione pratica di quanto la natura sia in grado di esserci maestra nel rapportarci alle difficoltà ambientali, compresa la gestione dei disastri generati direttamente da noi stupidi umani.
L’equiseto è una delle migliori manifestazioni di questa forza, come diverse altre infestanti altrettanto tenaci, ubiquitarie, battagliere. Inarrestabile, l’avanzata dell’equiseto: pian piano, è riuscito ad insediarsi addirittura ai margini del campo di girasoli, di cui vi dicevo un paio di settimane fa, quello che era stato trattato in modo così massiccio da non lasciar crescere nemmeno un filo d’erba, tra le file della coltura prescelta. Qui su GranoSalis è stata una delle prime spontanee di cui vi ho parlato, era l’estate del 2012. Ingenuamente, avevo raccolto le mie code cavalline (questo uno dei tanti nomi popolari attribuiti al genere Equisetum, che è in realtà la traduzione letterale del nome latino) proprio ai margini dei campi dietro casa: il precedente proprietario, che coltivava principalmente grano, trattava i terreni pure lui, ma io ero arrivata da poco da queste parti, non avevo ancora preso reale contatto col territorio, non avevo ancora capito cosa fosse quell’arancione che tingeva i campi in autunno (ma ne parlai qui, appena ne presi consapevolezza), o quell’odore acre che sentivo a volte in primavera. Non avevo ancora preso atto che molto spesso la campagna può essere più inquinata della città, da romana trapiantata tra le belle colline toscane.
Oggi vi dò consigli diversi sull’equiseto: prima di tutto, raccoglietelo in luoghi puliti. Dovete conoscere il vostro ambiente, osservarlo nel tempo, conoscere le azioni umane correlate ai terreni e trovare i vostri luoghi ideali di raccolta. E poi, sull’essiccazione: nel mio post di 5 anni fa (che ho poi corretto) vi illustravo l’essiccazione al sole, oggi so che nessuna officinale andrebbe essiccata in quel modo, ma al riparo da luce e calore troppo intenso. Stavolta ho usato il mio fedele essiccatore, che mi è stato d’aiuto anche per l’ortica, la seconda protagonista di oggi, di cui vi ho parlato qui (e se siete soci del Pasto Nudo, anche qui). Due piante diverse da tanti punti vita, ma molto molto simili, come vedremo.
Nel bellissimo Erboristeria Planetaria, Ferdinando Alaimo posiziona l’equiseto tra le piante saturnine, e non potrebbe essere altrimenti. Saturno, simbolicamente, è il pianeta della contrazione, necessaria alla vita tanto quanto l’espansione, della coagulazione e della mineralizzazione. Con la sua linea austera, la sua consistenza rigida e vetrosa, la forma contratta ed essenziale delle sue foglie, l’equiseto è una delle migliori manifestazioni dell’energia saturnina. E questo anche per quanto riguarda diverse delle sue proprietà: quella emostatica, ad esempio, ma ancor di più quella remineralizzante. Il silicio, presente in grande abbondanza all’interno della pianta in forma organica, quindi ben assimilabile dal nostro organismo, è un minerale presente in tutti i tessuti del nostro corpo: nella pelle, nei muscoli, nei tessuti connettivi, nelle ossa. L’assunzione di equiseto aiuta a mantenere giovani, elastici e consistenti tutti questi tessuti, prevenendo o curando la loro degenerazione dovuta all’età.
Questa pianta antichissima e dalla struttura così elementare è ben conosciuta anche, come già vi dicevo nel primo post che le ho dedicato, per le sue ottime proprietà diuretiche, in grado di aumentare di un terzo la produzione di urina giornaliera e di purificare efficacemente l’organismo e i reni, anche in presenza di piccoli calcoli. Quello che non vi ho detto, perché ancora non ne ero a conoscenza, è che l’equiseto va utilizzato in modi diversi a seconda dei risultati che vogliamo ottenere: se desideriamo approfittare delle sue virtù diuretiche, andrà assunto sotto forma di infuso o decotto; se invece ci interessa la sua azione remineralizzante, va preso sotto forma di polvere. Questo tipo di preparazione è efficace anche nella prevenzione e cura dell’osteoporosi, oltre che nell’accelerare la guarigione delle fratture. Non c’è solo moltissimo silicio nell’equiseto, ma anche quantità importanti di calcio, magnesio, manganese e potassio.
Idroliti (ossia infusi e decotti) e polvere sono, a quanto mi risulta, le preparazioni più efficaci, ma dall’equiseto si possono ricavare tinture madri e anche gemmoderivati, pur non essendo una pianta arborea-arbustiva, a partire dai giovani getti.
In associazione all’ortica è davvero eccezionale: ormai lo sapete, sia se mi leggete da un po’ sia se avete partecipato ai miei corsi di riconoscimento e utilizzo delle piante selvatiche, quanto reputi l’ortica una superstar tra le piante officinali. Così umile e bistrattata quanto ricca e generosa, l’ortica è tra le piante migliori, fra le altre cose, per l’azione remineralizzante sull’organismo, in particolare per il suo contenuto di ferro e calcio, ma non solo. Stimola la produzione di globuli rossi nel sangue, combattendo debolezza e anemia, una proprietà che condivide, pensate un po’, con l’equiseto, insieme a quella depurativa. Sono decisamente complementari, vi pare? Anche nella cura naturale dell’orto e del giardino vengono spesso utilizzate insieme sotto forma di macerati, utili sia per arricchire il terreno sia per proteggere le piante dai parassiti.
E allora sposiamole, queste due piante così affini! Fosse mai che mi aiutino a riprendermi da questo torpore! Io le ho unite in una polvere, che ora vi dico come fare, anche se non c’è granché di complicato da spiegare. Come vi accennavo, le piante vanno essiccate una volta raccolte. Cercate di rispettarne il tempo balsamico: aprile e settembre per l’ortica, luglio per l’equiseto, che io in realtà ho raccolto a giugno, prima di partire per la mia piccola vacanza pugliese. I tempi balsamici stanno forse diventando un po’ relativi negli ultimi anni, considerando i cambiamenti in atto nel nostro clima: ho anticipato la raccolta ad una metà giugno che pareva già una metà luglio. Dell’essiccazione dell’ortica vi ho parlato nel post a lei dedicato; l’equiseto, essendo così vetroso e povero di acqua, ha un’essiccazione ancora più rapida: l’ho lasciato nell’essiccatore a 40° per 12 ore ed era già prontissimo. Le foglie sono secche già dopo 3 ore, ma il fusto interno ci mette un po’ di più. L’essiccatore vi fa risparmiare tempo e spazio, in alternativa potete appendere i fusti raccolti in piccoli mazzetti non troppo fitti, da lasciar asciugare in un luogo buio e secco per qualche giorno.
PREPARAZIONE DELLA POLVERE: È molto semplice: usate un macinacaffè per macinare le piante essiccate e preventivamente sminuzzate, poche per volta e stando attenti a non surriscaldarle. Dovranno diventare una polvere fine. Unite le polveri ottenute in parti uguali in un vasetto di vetro e mescolatele. Fatto.
La polvere va conservata tassativamente al buio (in alternativa usate un vasetto scuro). A scopo medicinale se ne assumono 1-2 cucchiaini al giorno, mescolati a poca marmellata o miele, che sennò a mandarla giù non ci riuscite tanto facilmente. Potete usarla anche in cucina, amalgamandola con olio d’oliva e aggiungendola alle insalate, alle verdure crude e a quelle cotte, una volta spento il fuoco. Potete anche aggiungerla a impasti di pane e pasta, anche se l’uso a crudo è preferibile, o potete farne un sale aromatico, anche insieme ad altre piante.
Non rinunciate alla sua preparazione se non riuscite a raccogliere le piante voi stessi: cercate una buona erboristeria ancora degna di questo nome e comprate le piante già essiccate, per poi lavorarle a casa. Potete anche trovare le polveri già pronte, di sicuro c’è qualche produttore alla Fierucola, ne conosco un altro sull’Appennino Tosco-Romagnolo che fa quella di ortica (e anche di rosa canina!), ma ce ne saranno molti altri in tutta Italia. Se fate da voi spendete meno e, come sempre, avete più controllo sulla qualità di ingredienti e preparazione.
Un’ultima cosa riguardo al riconoscimento: esiste una specie tossica di equiseto, l’Equisetum palustre. Non è del tutto semplice riconoscerla nel periodo di raccolta, ossia quando sono presenti i fusti sterili; lo è più facilmente quando, in primavera, emette i fusti fertili, gli sporofiti, che assicurano la propagazione della pianta e che appassiscono dopo il rilascio delle spore: sono piuttosto diversi da quelli delle specie commestibili/officinali, potete osservarli ad esempio qui. Come dicevamo qualche paragrafo più in alto, conoscere la propria zona di raccolta è la cosa migliore: personalmente mi sento tranquilla nell’osservare i fusti fertili “sicuri”, raccogliendo poi in quello stesso punto quando escono i fusti sterili. Vi rimando ad un articolo comparativo su Acta Plantarum, che evidenzia le differenze tra l’E. palustre e l’E. arvense, una delle specie buone. Come al solito, se non siete sicuri del vostro raccolto, lasciate perdere e affidatevi ai più esperti.
Questa polvere è verde e quindi non può che essere magica! Voglio soffiarla nell’aria e metterne un po’ anche sulla pelle. La immagino anche setosa. E perfetta per fare qualche pozione da streghetta estiva, ehehe!
Ti lascio un saluto prima di iniziare agosto e volare via, sui blog ci sentiremo a settembre e ci aspetteranno tanti nuovi verdi, lo so. Uno per ogni periodo importante, che lo vada a segnare e colorare. E magari la nostra tisana estiva gialla al girasole sarà scambiata con un tè verde autunnale, appena ricapiterai a Roma! 🙂
O con una bella tisana a base di equiseto ed ortica, che si sposano bene davvero in tutte le forme :). Di girasoli ne ho visti a profusione, hanno invaso la mia casa di giallo per un po’ (li ho immortalati guardacaso nel post della settimana scorsa, in tutti loro splendidi dettagli), ma ora hanno perso colore anche loro. Ci credi che in tisana li ho assaggiati solo e unicamente da te?
A presto cara, buon viaggio!!
Cupa o no, è sempre un piacere leggerti! Comunque occuparsi delle piante officinali aiuta proprio ad uscire dalla cupezza. È da due anni che voglio provare a fare la polvere di equiseto, ma non mi sono ancora deciso a procurarmi un macinacaffè. Da fare prima possibile! Spero di leggere altri tuoi post estivi!
E ancora grazie :).
E’ vero, le piante aiutano, soprattutto ci sono da esempio con la loro forza, tenacia, capacità di adattarsi ai cambiamenti e affrontare le avversità sviluppando sempre nuove strategie. Sono davvero d’ispirazione, da tanti punti di vista.
Sappi che questa polvere è la prima preparazione col mio nuovo macinacaffè, arrivato da poco (dopo che il vecchio ha deciso di abbandonarmi in primavera), che è un attrezzo che costa pochissimo, è poco ingombrante e dà grandi soddisfazioni se le erbe ti appassionano. Quindi sì, l’acquisto vale la pena!
Ho pubblicato un nuovo post domenica (tra l’altro utile per riciclare lo scarto del latte d’avena fatto in casa che hai provato), ma mi sa che mi farò attendere fino a dopo ferragosto per il successivo…bello sapere che c’è chi aspetta di leggerti là fuori, grazie!
Ciao Claudia, ci hai proposto un bel rimedio per la spossatezza di questi caldi mesi estivi.. grazie!
per la siccita gli incendi le scarse fioriture (a proposito quest’anno l iperico per san giovanni era introvabile.. solo pochissimi capolini dopo lunghe lunghe ricerche) condivido la fiducia nella capacità di adattamento della Terra, messa a dura prova dalle azioni di chi non ne ha rispetto.
salutoni
Grazie a te Cristina! L’iperico, è vero, è stato proprio scarso quest’anno. Ho avuto la fortuna di trovarne grazie ad un’amica, che lo coltiva. Quello coltivato era tutto secco, non ce l’aveva fatta a resistere alla siccità, ma ne era nato di spontaneo tra le altre file di aromatiche…altra dimostrazione del fatto che quando la natura fa da sé, riesce sempre meglio rispetto a quando c’è la nostra mano di mezzo.
Salve, in assenza del macinacaffé, va bene il mortaio?
Inoltre, come si fá a far mantenere il colore verde alle erbe essicate?
Le erbe secche assumono un colore scuro poco gradevole, perdono clorofilla insomma…
Ciao Chiara,
Il macinacaffè sarebbe l’ideale, col mortaio non riesci ad ottenere una polvere fine e uniforme, ti restano dei pezzetti qua e là (è più adatto per pestare le erbe fresche, piuttosto). Potresti comunque provare con piccole quantità e tanta pazienza :). Altrimenti sappi che un macinacaffè decente costa poco, occupa poco spazio ed è molto utile quando si usano in abbondanza erbe e semi.
Io per evitare il più possibile che le erbe perdano colore (e sostanze) uso un essiccatore elettrico al di sotto dei 40°, in questo modo l’essiccazione è più rapida e i processi ossidativi meno pronunciati. In alternativa essiccale al buio in ambiente secco, ci metteranno di più, ma l’importante è che stiano al riparo dalla luce.
Effettivamente il mortaio fá solo un sacco di casino…
Grazie delle info!
Ahahah! Non te lo volevo dire in questi termini, ma sì :).
Dimenticavo di dirti: una volta essiccate e/o macinate tieni sempre le erbe al buio, altrimenti perdono ulteriormente colore.
Ciao!
Ciao.
Grazie infinite di tutte queste preziose informazioni.
Ho raccolto dell’equiseto nella foresta di Camaldoli, in Toscana.
Bollito fa dell’acqua rosata.
Va bene?
Grazie molte.
Srefani
Ciao Stefania,
purtroppo non è un dettaglio sufficiente per dirti se sia la pianta giusta, mi spiace! La prossima volta che lo incontri prova a fotografarlo e postarlo in un buon gruppo facebook per il riconoscimento delle piante, tipo questo.