Proprio il primo gennaio ho letto un post che mi ha stampato un bel sorriso sulla faccia e me l’ha lasciato per un bel po’. L’ha scritto izn sul suo blog Il Pasto Nudo, e lo trovate qui. Sapete quando leggete un articolo o ascoltate le parole di qualcuno ed entrate subito in empatia con quello che sta dicendo? Ecco, è proprio in virtù di questa sensazione che mi sento di unirmi alle parole di izn: credo anch’io che, nonostante i tempi bui che stiamo attraversando, ci siano dei motivi per essere ottimisti. Quando si tocca il fondo, così si dice, bisogna pur risalire: ecco, non lo so se il fondo è ancora stato toccato, e questo non è certo un pensiero ottimista, ma i segnali di risalita sono già presenti, nelle persone che smettono di identificarsi in quello che hanno o non hanno e ritornano a dare importanza a quello che sono, che non danno più credito ai lustrini, agli slogan pubblicitari, alle belle scatole vuote, alle mele lucide e tornano a chiedere concretezza, verità, mele piccole e abbozzate, ma nutrienti per davvero, per la loro pancia e per la terra. Le persone tornano ad aver voglia di fare da sé, di riutilizzare invece di sostituire, si mettono insieme per raggiungere obiettivi comuni, come la salvaguardia dell’incredibile diversità della natura, per scambiarsi abilità e competenze, o anche solo per andare da qui a lì. Il lavoro degli artigiani sta riacquistando valore, anche qui da noi, come anche il lavoro degli agricoltori, quelli che hanno scelto di non farsi abbindolare dal falso mito ormai al tramonto della rivoluzione verde e lavorano rispettando la terra, i prodotti che coltivano, i clienti che scelgono di comprare da loro. Qui apro una parentesi, dicendo che più ci penso e più trovo assurdo, per quanto purtroppo necessario, che degli organismi certificatori debbano prendersi fior di soldi per assicurare che una tale azienda agricola non usi veleni per produrre la propria frutta e verdura. E che per avere questo valore fondamentale garantito il consumatore finale debba pagare fior di soldi in più per potersi nutrire come si deve. Insomma, non è incredibile essere arrivati a questo punto? A dover pagare per avere assicurata quella che sarebbe la normalità, ovvero un’agricoltura sana per noi e per l’ambiente? Nella nostra epoca malata questo processo si è reso necessario, ma cerchiamo di non dimenticare una cosa: c’è un sacco di gente onesta che coltiva la terra in modo consapevole pur non passando per l’iter della certificazione bio, che costa soldi, tempo, e crisi di nervi.
Avete presente quei gatti che si agitano prima dei terremoti, o quei cani che riescono a presentire le crisi epilettiche dei loro padroni? Una certa sensibilità dovevamo averla pure noi umani, ma l’abbiamo persa nel tempo per sviluppare a più non posso il nostro raziocinio, arrivando a fare cose incredibili, ma distaccandoci sempre più da una parte altrettanto importante di noi stessi. Dovremmo imparare a recuperarla questa parte e ad essere in grado di riconoscere questa gente, che esiste. In mezzo a tanti che cercano di fregarci (a signò, nun se preoccupi che qua è tutto bbiologgggico!), ci sono anche persone sincere e oneste e forse dobbiamo imparare di nuovo a fidarci del nostro istinto, a fidarci di ciò che riusciamo a leggere nei loro occhi. É difficile per noi, figli di un’epoca in cui l’egoismo più spinto ha preso il sopravvento su tutto, in cui la diffidenza verso il prossimo ha raggiunto forse i massimi storici, ma è possibile. Chiaramente è possibile solo ricercando un contatto diretto con i produttori, nei mercati locali o direttamente nelle aziende agricole…al supermercato sarà dura!
Si dice che sia tempo per l’energia femminile di farsi strada per sanare questo mondo. E questo non vuol dire, secondo me, quote rosa e presidenti donna, che ben vengano ma non in maniera forzata e retorica, come tanti bei discorsoni vuoti con cui ci si fa belli nelle trasmissioni di approfondimento politico. Vuol dire che questo mondo, che è stato per troppo tempo sotto il dominio maschile della razionalità, ha tanto bisogno di ricollegarsi all’energia del cuore e dell’intuito, dell’accoglienza e della fiducia. E questo lo dico a me per prima, così incastrata nei miei pensieri, mai sicura di niente, perché se scavi bene e se ricerchi troverai sempre un parere diverso, uno studio che dimostra altro, una nuova evidenza scientifica che va in una direzione opposta a quella che pensavi. Ma dobbiamo essere in grado di tornare a sentire la verità dentro di noi, al di là di quello che vogliono farci credere. E ad essere in grado di dare, anche se non ci torna subito indietro il riconoscimento che tanto vogliamo, anche se nessuno ci dirà quanto siamo bravi.
Ho una gran voglia di imparare e una gran voglia di condividere. É con queste sensazioni che inizio il mio 2014, e credo non mi abbandoneranno nei mesi a venire.
Tornando a izn, la ricetta che condivido oggi arriva dal bellissimo libro Cucina Consapevole uscito lo scorso anno, frutto, oltre che della creatività esplosiva dell’autrice, anche della collaborazione di tante persone che ruotano attorno al bellissimo blog Il Pasto Nudo (che poi ora è diventato anche un’associazione) e di un crowdfunding che potremmo tranquillamente aggiungere alla lista di cose belle che dicevamo prima. Se ancora non conoscete il pasto nudo, vale la pena prendersi il tempo di farci un giro approfondito: troverete un po’ di informazione vera e plurale su cibo e salute, senza estremismi o pregiudizi, come se ne trovano poche in giro.
Io che sono una patata-dipendente, non potevo non provare queste patate al forno sottilissime, e se siete come me, vi giuro che ne vale la pena. Ma pure se non lo siete 🙂
// Patate molto sottili al timo //
°° Ingredienti °°
- patate bio, da usare con la buccia, non troppo grandi
- qualche scalogno o cipolla piccola
- qualche rametto di timo
- olio e.v.d’oliva
- sale e pepe (nell’originale c’è il peperoncino invece del pepe, usatelo se lo preferite)




Per finire, un piccolo appunto per l’autrice del libro: non si possono fare libri di ricette così esteticamente belli e curati, che poi appena ci fai una patacca d’olio (e io l’ho fatta proprio a pagina 40, nel bel mezzo del procedimento), ti dispiace troppissimo!!! Scherzi a parte, davvero un bel lavoro, complimenti 🙂
Articolo, ricetta e link sparsi: tutto nei preferiti. Le patate invece, quelle vanno in forno!
Per questo 2014 buon tutto per quello che hai in mente e per quello che scoprirai strada facendo 🙂
Sì, quelle vanno in forno e ci devono stare pure tanto. Attenzione a non fare confusione e mettere le patate nei preferiti e qualche link nel forno che non so bene cosa possa succedere 🙂
Grazie a te, che sei Sweetie di nome e di fatto!
MI trovo moltissimo nelle tue parole: facevo gli stessi pensieri giusto poche ore fa, pensavo a come le persone non siano più quelle di una volta, a quanta voglia di rimettersi in gioco autoproducendo ci sia sparsa fra di noi, mentre solo qualche tempo fa pareva tutto un discorso di nicchia…moda? Non so, ma se è moda è la prima che voglio cresca smisuratamente!
Queste patate fanno una gola indicibile!E per me questo è il primo anno senza il mio raccolto, quindi colgo l’occasione per rivedere un po’ i meie ritmi e le priorità accantonate per colpa della frenesia.
Un abbraccio!
Che dirti…che è bello sapere che siamo in tanti a fare questi pensieri, ad osservare questa realtà e ad esserne colpiti, vuol dire che forse è vero che qualcosa si muove, qualcosa di nuovo e positivo. Mi è difficile pensarla come una moda tanto mi coinvolge, spero sia lo stesso per tanti altri. Comunque sì, anche se lo fosse che cresca e duri a lungo! Almeno quanto basta.
Avrai anche fatto a meno del tuo raccolto di patate quest’anno, ma ho appena visto su facebook quei tuoi bellissimi cavoli…che soddisfazione! Spero di poter fare presto pace col mio pessimo pollice verde e organizzare il mio pezzettino di terra anch’io nella mia prossima tappa di viaggio 🙂
Un abbraccio a te!
Ho una piccola azienda agricola. Ho iniziato il percorso “disintossicante” per arrivare alla produzione (certificata) di olio biologico.Che vuol dire adottare per tre anni la stessa metodologia di coltivazione del biologico senza però poter essere attestata. La perplessità sui controlli del “biologico” nasce proprio dal fatto che io pago (profumatamente)chi mi controlla e mi certifica. Nel mio caso so di seguire accuratamente quanto previsto. Ma mi sono chiesta: se così non fosse, converrebbe alla ditta che mi certifica o perderebbe un cliente? Conflitto di interessi, dunque………….
Ciao Patato, grazie per la tua condivisione. C’è senza dubbio un conflitto di interessi…quello che mi dico io per cercare di “tranquillizzarmi”, da consumatrice, rispetto a questo, è che probabilmente ci perde di più l’azienda che vuole farsi certificare se non segue le regole e viene scoperta, nel senso che se non ottiene la certificazione, i soldi fino a quel momento li ha sborsati comunque e si ritrova a non averne un ritorno. Tendo a fidarmi del fatto che gli organismi certificatori facciano il loro lavoro, pur non avendone la certezza, quello che penso è che probabilmente la procedura potrebbe essere più semplice e meno dispendiosa. Ma soprattutto quello che dicevo nell’articolo è che è proprio assurdo che un meccanismo del genere debba esistere, che l’uomo sia caduto in quel peccato originale nei confronti della terra che adesso lo costringe a servirsi di questi mezzi.
Comunque…adesso così è, e in verità ringrazio infinitamente voi aziende che vi prendete l’onere di sottostare a queste procedure, perché non è sempre possibile trovare un produttore diretto di cui fidarsi, quindi la certificazione si rivela, purtroppo, assolutamente necessaria, sia per noi consumatori che per voi produttori. Quindi grazie a te, spero che il tuo percorso “disintossicante” sia già iniziato da un pezzo e che tu possa presto raccogliere i frutti dei tuoi investimenti 🙂
Ma, ma avevo lasciato un commento ieri… che è successo… sparito?
Comunque volevo solo dirti che condivido pienamente quanto hai esposto e che la burocrazia italiana purtroppo scoraggia ogni idea produttiva d’ogni settore, ed è un vero peccato perchè gli italiani sono gente con tanta inventiva e con tanta voglia di costruire …ci fosse qualcuno che ci sappia valorizzare e facilitare nella produzione!
Comunque le tue patate sono da urlo! che delizia e bellezza goduriosa da portare il tavola! 😉
Misteri della rete Mari…mai ricevuto qui. Questo però è arrivato 🙂
Grazie del tuo feedback, a prestissimo!
Avevo letto quel post dopo che tu avevi segnalato il blog e curiosa ero subito andata a guardare, apprezzando molto lo “spirito” e l’essenza delle parole che avevo trovato… così come ho annuito con la testa mentre scorrevo le tue, riflessioni che suonano sempre più forti in questo periodo traballante in cui tante cose non funzionano e non quadrano… è diventato un mondo sempre più individualista e orientato al profitto, si è persa la voglia di coesione, ci si apre di meno, si è diffidenti, si tarpano le ali a tante idee e progetti… ed è un peccato… sarebbe bello essere vicine alcune di noi, unirsi, fare insieme ciò che (ci) piace, condividere mentalità comuni e fare gruppo… invitandoci poi a turno a cena e io quelle patate così sottili le voglio, a me vengono sempre un pochino troppo spesse… 🙂
Ecco, il brutto delle iniziative comuni in rete è che lo scambio umano rimane confinato in uno spazio virtuale…ma non è sempre così, molto spesso portano le persone a mettersi insieme anche in carne ed ossa, ad agire localmente, a costruire comunità reali. E magari, certamente, a organizzare grandi e belle cene collettive con tanto di patate sottilissime e ogni sorta di altra prelibatezza sul tavolo!
Il segreto del taglio sottile è…non lo so qual è, ti direi tutta la calma e la pazienza a disposizione e il coltello con cui si ha più confidenza, ben affilato!
la ricetta è bellissima l’avevo già vista anch’io, ma adesso posso rifarla con tutti i trucchi che ci insegni: io sono bravissima a bruciacchiare tutto, soprattutto adesso che ho la cucina economica! davvero belle Claudia!
baci
Sandra
Ciao Sandra! Guarda, in realtà i consigli che dò sono gli stessi che ha dato anche izn, ho solo voluto calcarci la mano perché io, la prima volta che ho provato la ricetta, ho preso i suggerimenti un po’ alla leggera e il risultato non è stato dei migliori. Soprattutto per me che, proprio come te, sono molto brava a bruciacchiare tutto 🙂
Grazie mille, Claudia, per queste parole che aiutano, sì, a tenere accesa la fiducia nel futuro e a coltivare l’ottimismo della volontà. Concordo su tutto, mi sento in empatia con te come devi esserti sentita tu con il post che hai citato (e che ora mi leggerò!).
Una bella sensazione. 🙂
E dato che sono a casa con l’influenza e il tempo non mi manca, mi sa che vado a prendere le patate di montagna che riposano nella loro cassetta e mi armo di coltello!
Grazie per l’ennesima ispirazione.
Un augurio di buon inizio!
Carlotta
Molto felice di avervi coinvolte così tanto, a tutte voi che state commentando 🙂
Direi, Carlotta, che non c’è condizione migliore della tua per preparare con tutta calma questa squisitezza. Se hai delle buone patate poi!
Grazie a te per le tue parole, e tanti auguri per il tuo anno nuovo!