Il passaggio di Ognissanti, che già in epoche precristiane decretava la definitiva vittoria del buio sulla luce fino al successivo passaggio di testimone al solstizio d’inverno, quest’anno è stato un vero spartiacque. Niente estate di San Martino, nessuno spazio per quelle giornate autunnali che giocano ancora con l’estate passata, ottobre ce ne ha regalate abbastanza. Il piumone si è imposto sul letto all’improvviso, le ossa inumidite guardano il camino spento, il mio sguardo scorre il meteo, in cerca di un incastro tra i miei giorni di lavoro da casa e un tempo decente, per far arrivare e accatastare la legna, ma non c’è modo di trovarlo. Come col cambio di stagione nell’armadio, anche con la scorta di legna spesso arrivo lunga, ma dovrei decisamente smettere di farlo.
Nei rari momenti di pausa dalle piogge incessanti, uscire a camminare è un piccolo dono. L’Ombrone è gonfio d’acqua, come anche il campetto in cui sciolgo Urano a correre. I fiori stropicciati degli erigeri annui donano ancora bellezza e nettare, prima di essere stroncati dalle prossime gelate, le rose delle piantaggini affiorano a pelo d’acqua nei solchi di scolo quasi si credessero ninfee, mentre le maremmane del pastore escono dal recinto, attraverso i loro passaggi segreti, per venire a correre con noi, inseguire caprioli sull’argine e prendersi qualche coccola.
Oggi vado anche verso Chiusure per un incontro, e ne approfitto per due passi sul sentiero che guarda a Monte Oliveto Maggiore. Il panorama dei calanchi è ben diverso rispetto a quello delle mie frequenti passeggiate erboristiche di aprile: il loro colore è mutato dall’argento tipico dell’argilla ad un grigio scuro carico d’acqua, e il contrasto con gli ornielli multicolore, tinti del giallo e rosso autunnale, ha poco da invidiare alla tavolozza di primavera. Gli elicrisi bagnati profumano il sentiero, le artemisie endemiche maturano i loro semi.
L’aria, in paese, ora profuma di legna ardente e di castagne arrostite sulle braci.
Ho fatto una bella scorta di marroni di recente, che sono già passati abbondantemente dalla padella forata sui fornelli. Le caldarroste restano la mia modalità preferita per farne scorpacciate, ora le preparo soprattutto per merenda il pomeriggio, o come dolcetto a metà serata, al contrario di consumarle a fine cena al posto della frutta, come si faceva a casa dei miei. Ma le adoro anche lessate, e oggi ho provato a cucinarle in modo un po’ diverso.
Sono forse tra più buoni marroni che ho mai mangiato, questi. Qualche tempo fa abbiamo fatto un ordine, tramite MondoMangione, con una piccola azienda agricola di Arquata del Tronto, si chiama Le Terre delle Fate. Li abbiamo contattati non solo per i marroni, ma prima ancora per le loro patate rosse e legumi, dopo averli già conosciuti l’anno passato in occasione di un ordine collettivo fatto con la Rete Posterremoto, nata nelle zone colpite dal sisma del 2016 in Centro Italia, presentataci da Officina Solidale, un’associazione con cui collaboriamo. Ho ordinato anche le patate, deliziose e consistenti, che sono già finite in parte negli gnocchi, conditi con un buon ragù di nocciole come quello che ho preparato qui lo scorso anno.
Una delle cose più positive dell’ordine è stata l’interazione con Claudia, che gestisce l’azienda insieme alla sua famiglia, così piacevole che la inviterei a cena, se non fosse così distante. Il bello del rapportarsi direttamente con i piccoli produttori, senza intermediari, è anche, spesso, avere a che fare con persone belle, di cui percepisci passione e energia buona. Ce ne vuole molta per nutrire la propria voglia di restare in un territorio che molti abbandonano, ma la sua bellezza deve essere disarmante: l’azienda si trova ai piedi dei Monti Sibillini, a 900 metri di altitudine e alle falde del Monte Vettore, una terra incontaminata, che non mi stupisce dia frutti così buoni. Claudia non solo si è sbattuta non poco per organizzare una spedizione di più di 500 chili di patate, ma ha anche lavorato i marroni prima di mandarceli in modo che potessero conservarsi molto a lungo, ammollandoli in acqua 10 giorni e poi lasciandoli asciugare al sole. Così tranquilla della loro serbevolezza, la mia scorta personale l’ho potuta fare più abbondante del solito. Evviva :).
L’idea per aromatizzare i marroni me l’ha data Laura, una socia di MondoMangione, che adora lessarli con alloro e semi di finocchio. La mia aggiunta personale me l’ha ispirata Chiusure, la sua bellezza e la sua flora endemica, di cui fa parte l’artemisia delle crete (Artemisia coerulescens subsp. cretacea), argentea come la terra che la ospita; una pianta che adoro, che non smetterei mai di annusare, e che sono sempre onorata di far conoscere a chi partecipa alle uscite di riconoscimento erbe in quel minuscolo paesino magico arroccato sui calanchi. L’abbondanza che se ne trova da queste parti mi esorta ad utilizzarne a volte qualche cimetta in cucina. Il mio lui ci ha aromatizzato saltuariamente arrosti e spezzatini, io ne sperimento l’uso nei miei piatti vegetariani.
La ricetta con è nulla di granché originale, ma magari, come era per me, non vi è mai venuto in mente di aromatizzare i marroni lessati :). E come al solito, è solo un pretesto per raccontare luoghi, persone, sinergie, agricoltori felici del loro mestiere e rispettosi della terra che li ospita.
// Marroni lessati con alloro, semi di finocchio e artemisia dei calanchi //
°° Ingredienti °°
- 8 manciate di marroni
- 10-12 foglie di alloro
- 4 cucchiaini di semi di finocchio
- opzionale: 8 ciuffetti di foglie fresche di artemisia dei calanchi (Artemisia coerulescens subsp. cretacea, sostituibile, se se ne trova qualche getto nuovo, con Artemisia vulgaris)
- pochissimo sale marino integrale o zucchero di canna integrale