La mela limoncella e la sua essiccazione

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Questa storia comincia qualche mese fa. Anzi, forse ancora prima. Vi ricordate delle mie prime visite ad Archeologia Arborea di cui vi ho narrato qui? Ebbene, poco tempo dopo ha iniziato a frullarmi nella testa un’idea, l’idea di un dono, un regalo alla mia amica più antica, non quanto le mele del frutteto, ma parecchio se paragonata alla mia breve vita. Ho pensato che sarebbe stato bello regalarle un albero, anzi regalarcelo, adottare a nostro nome uno degli alberi di San Lorenzo a Lerchi, perchè il raccolto delle sue mele potesse diventare per noi, amiche tanto vicine ma ormai separate dalla distanza chilometrica, un appuntamento da rinnovare ogni anno, nell’autunno ancora caldo di quelle terre meravigliose. Ho fissato un appuntamento con Isabella ad aprile, al momento della fioritura dei meli, perché potesse accompagnarmi per il frutteto e aiutarmi a scegliere il nostro albero, in tempo per il compleanno di Jessica, a fine maggio. Beh, vedere il frutteto in fiore, con la primavera che esplodeva tutt’intorno è stato ancora più magico di quanto lo fosse stato l’autunno precedente.
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È in quell’occasione che ho raccolto anche il silene con cui vi ho preparato il risotto che sapete. Ho scelto con cura il mio melo, dopo aver ascoltato le descrizioni delle varie specie fatte da Isabella, e con un pennarello poco collaborativo ho decretato l’adozione: avremmo raccolto la mela limoncella, da un albero un po’ defilato, lontano dalla folla dei suoi compagni, circondato da piante di finocchietto selvatico e sovrastato da una grande quercia. Me ne sono tornata a casa contentissima, ho stampato il mio biglietto con le foto dell’albero e dei fiori e l’ho spedito a Jessica: inutile dirvi quanto abbia apprezzato il mio regalo, lei che è così simile a me.
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E qui veniamo alla seconda parte del racconto, che come avrete forse intuito si è svolto a fine ottobre, al momento della maturazione delle nostre mele. Tutto sembrava remarci contro, ma sfortuna e fortuna volle che un licenziamento abbia giocato a nostro favore, quindi siamo riuscite a concordare un giorno per vederci alla stazione di Arezzo e proseguire verso il frutteto. E da due siamo diventate tre: da tempo volevo portare Graciela ad Archeologia Arborea, e l’occasione era perfetta per approfittare e unire anche l’incontro della mia amica più antica con quella più giovane. Ero certa che si sarebbero piaciute e non mi sbagliavo. Isabella ci ha accolte come sempre, con un caffè, qualche dolcetto, tante chiacchiere e risate, nella sua cucina rustica, con l’uva raccolta da poco appesa sulle travi del soffitto ad appassire.
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La passeggiata per il frutteto è stata bella come sempre, ancora diversa dalle altre, con le mele e le pere abbondanti sugli alberi, di ogni forma, colore e dimensione. Non è mancato un giro intorno al podere, tra le giovani piante destinate a diventare grandi alberi e l’orto con i primi cavoli pronti ad accogliere l’inverno, in compagnia di quella meraviglia del cane di Isabella, libero e pacifico, che in cambio di qualche coccola non vi si staccherà più di dosso. E finalmente abbiamo iniziato il nostro primo raccolto.
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Ora: dovete sapere che, galvanizzata dall’avere il mio albero di mele da cui raccogliere, ho progettato una miriade di preparazioni diverse da farci una volta portato il bottino a casa, così tante da pensare che avrei potuto decretare questa stagione 2015-2016 come l’anno delle mele qui su granosalis. La mia fantasia mi aveva portata a immaginarmi con cassette e cassette di frutti tondi e succosi nel bagagliaio della mia macchina, pronte ad essere manipolate in mille modi, oltre ad essere mangiate tal quali, a morsi. Solo quando ho iniziato a raccogliere mi sono resa conto di quanto fossi lontana dalla realtà: ho adottato UN albero di mele, non l’intero frutteto. E il raccolto me lo sarei spartito con un’altra persona, oltre a regalarlo di qua e di là. Se poi contiamo che c’era una terza persona con noi, che ha cercato di rifiutare in tutti i modi la sua parte ma poi si è dovuta piegare alle mie insistenze, beh, capirete che non c’era poi molto da lavorare: il fondo di una cassetta, per la precisione. E di mele minuscole!
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Ho chiesto a Isabella qualsiasi cosa sulle mele del frutteto, ma non ho minimamente pensato alla loro dimensione. Sono stata fregata dall’immaginario collettivo del nostro tempo, insomma, quello per cui la mela ha una certa taglia predefinita, che cambia di poco da varietà a varietà. Ebbene no, le mele sono tante, non esistono solo quelle che il mercato ha selezionato per noi. E la mela limoncella, in particolare, è grande più o meno come un’albicocca (un’albicocca piccola, per la precisione, sob).
Vabbè, la frustrazione della mia fervida immaginazione nulla toglie alla meraviglia che è stata quella giornata e alla delizia di quelle piccole, deliziose mele.
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Ognuna è tornata a casa col suo piccolo cestino: Jessica l’ha fatto fuori tutto in treno, visto che non aveva altro da mangiare per cena nelle 3 ore che il regionale è rimasto fermo a Orte (viva le ferrovie dello stato). Graciela non ci ha messo troppo di più, forse una settimana. Io invece ho deciso di essiccarle, per conservarle nel tempo e mangiarle poco a poco, come un tesoro prezioso. Ho scelto la mela limoncella anche per questa caratteristica, spiegatami da Isabella: oltre ad essere piuttosto acidula, come piace a me, si conserva a lungo ed è ottima per l’essiccazione. Al momento del raccolto ci ha anche detto che le mele dovevano riposare almeno un mese prima di essere consumate, e in effetti quelle che abbiamo assaggiato lì per lì sotto l’albero erano piuttosto astringenti. Questo non ha bloccato Jessica, che altrimenti sarebbe rimasta a stomaco vuoto sul treno fermo, e nemmeno Graciela, che ha un palato parecchio selvatico. Io ho aspettato e ne è valsa la pena: il gusto nel tempo cambia, e il sapore di quelle meline essiccate è delizioso. Le sto ancora mangiando, me ne porto un sacchettino al lavoro di tanto in tanto, e mi danno un sacco di soddisfazione, oltre a farmi pensare alle mie amiche lontane, una nella mia vecchia Roma, una a svernare su una spiaggia nel sud del Brasile.
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Insomma, qualcosa almeno sono riuscita a combinarci con queste mele. Non sarà la mole di autoproduzioni e dolci vari che avevo in mente, ma mi va benissimo così. Ho pensato che avrei potuto comunque decretare l’anno delle mele pur non avendole raccolte dal mio albero adottivo (dove lavoro ci sono le mele del Podere Fontecornino di Montepulciano che sono una bomba!), ma poi tra una cosa e un’altra mi sa che sono un pelino in ritardo. Lo sapete che non sono una tipa da buoni propositi mantenuti, ve ne parlavo giusto poco tempo fa. Però sto sperimentando eh, che vi credete! Ho appena avuto un fallimento clamoroso con l’autoproduzione dell’aceto di mele, che dopo poco tempo si è beccato una bella chiazza di muffa in superficie. Ma meglio così, io sbaglio, ritento, imparo, poi vi passo il procedimento al netto di errori e crisi di nervi, così almeno voi non ci passate, no? Mi sto confrontando con i più esperti sul gruppo facebook Wild Fermentation Italia, che è sempre una grande fonte di conoscenza, spero che il prossimo tentativo vada meglio.
Torniamo alle mele essiccate: ho usato il mio fedele essiccatore, e devo dire che le mele si prestano davvero bene a questa lavorazione. L’essiccazione è stata molto rapida, ci sono volute circa 7 ore a 40°, ma c’è anche da dire che io ho fatto fette molto sottili usando una mandolina. Normalmente si fanno fette spesse circa mezzo centimetro, per le mele più grandi, quindi forse ci vuole un pochino di più. In ogni caso con l’essiccatore non rischiate di bruciarle, potete pure dimenticarvele qualche ora in più e non succede niente. Le ho affettate con i semi e tutto, non avendo l’aggeggio che toglie il torsolo alle mele e permette di avere quelle belle rondelle col buco. Se non avete l’essiccatore e avete l’aggeggio, potete essiccarle all’aria, affettandole e infilandole in bastoni di legno da appendere paralleli al soffitto in un luogo asciutto e ventilato, come si faceva una volta nelle campagne.
Per altre notizie sulla mela limoncella date un’occhiata alla pagina dedicata sul sito di Archeologia Arborea, o su questo sito di prodotti tipici campani: a quanto pare nel Sud-Italia la coltivazione di questa varietà non è andata del tutto perduta.
E se volete anche voi adottare il vostro albero, scrivete alla Fondazione Archeologia Arborea e chiedete informazioni, magari ci si incontrerà al prossimo raccolto 🙂

// Mele essiccate fatte in casa //

°° Ingredienti °°

  • buone mele a volontà
  • succo di limone
La mela limoncella e la sua essiccazione 1La preparazione è estremamente semplice: vi basterà lavare bene le mele, asciugarle e affettarle in modo da ottenere tante rondelle. Se avete un leva-torsoli usatelo, altrimenti affettate le mele così come sono eliminando i semini, che in ogni caso saltano fuori quasi sempre da soli. In caso di mele molto piccole come quelle che ho usato io usate una mandolina per ricavare fette sottili, altrimenti tagliate fette spesse mezzo centimetro scarso.
La mela limoncella e la sua essiccazione 1Man mano che affettate le mele e mettetele in una ciotola e versateci sopra un po’ di succo di limone, senza esagerare, distribuendolo delicatamente sulle fette con le mani: in questo modo eviterete l’eccessiva ossidazione e l’annerimento, anche se qualche fetta scappa sempre. Anche se anneriscono sono buone lo stesso, quindi non siate ossessivi.
La mela limoncella e la sua essiccazione 1Sistemate le mele nei cestelli dell’essiccatore senza sovrapporre le fette e essiccatele a 40° dalle 7 alle 10 ore, a seconda dello spessore e dimensione delle fette. Potete conservarle poi in vasi di vetro o contenitori per alimenti, si manterranno molto a lungo.
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16 commenti su “La mela limoncella e la sua essiccazione”

  1. Sono corsa subito appena ho visto chi erano le protagoniste del post! Ho trovato queste mele tempo fa e presto appariranno anche da me… quindi questa coincidenza e questa anticipazione mi ha colpito tanto! 🙂 Certo, io non ho avuto il piacere di fotografare le melette appena staccate dall’albero, ancora calde di sole, ma vedere i tuoi scatti me lo ha fatto sognare! E devo dire che anche la foto dell’uva dorata che “cade” dal legno mi è molto piaciuta e mi ha fatto dire “oibò, che meraviglia”! Sai che sono una fan dei tuoi racconti campagnoli, di amicizia, legami, scoperte e stupore… è un po’ come essere lì!

    1. Dai, che bello sapere che tra poco vedrò queste belle meline anche da te, immortalate la con la splendida luce della tua cucina bianca e col tuo stile inconfondibile. Chissà cosa ci avrai preparato…che bella coincidenza 🙂
      Oltre ad essere bellissima quell’uva appesa, fa un profumo che nemmeno ti immagini…peccato non poter trasmettere anche questo attraverso una fotografia. Le narici ne vengono letteralmente inondate non appena si mette piede in quella cucina, una gioia dei sensi!

        1. Ciao Luigi, come scrivevo in questo articolo il periodo di raccolta è ottobre, per lo meno in centro Italia ad altitudini collinari. Si possono usare come tutte le altre mele, mangiate così come sono o usate in dolci e marmellate, ma si prestano molto bene anche per l’essiccazione.

  2. Mi sto punendo da sola, dopo aver letto questo tuo post meraviglioso. Sto rimandando da troppo tempo la visita in quel posto meraviglioso; appena arrivano un minimo di belle giornate ti prego strillami nelle orecchie e ricordami che devo andare!
    Non so se te l’ho mai detto ( forse sì … 😉 ) ma nei racconti esterni e nelle foto, dai davvero il meglio di te!
    Il mio barattoli di mele essiccate ( ormai bello che arrivato a metà) saluta il tuo … con un pizzico di invidia affettuosa! 🙂
    Buona settimana cara e alla prossima uscita

    1. No, cara, non mi pare me l’avessi detto, e ti ringrazio moltissimo, mi fa davvero, davvero piacere! E non essere troppo dura con te stessa, sappi che io riesco a fare queste visite solo in un raggio di 100-150 chilometri, oltre non riesco mai ad andare. C’è un’amica che sono oltre 4 anni che mi aspetta sui Monti Picentini, nel salernitano. Ed è solo uno dei tanti esempi. Però sì, va bene, ti sgriderò appena arriva la primavera!
      Un abbraccio Martina.

  3. Ciao, piacere di conoscerti, ho scoperto il tuo blog per caso ed è bellissimo. Le ricette mi piacciono tantissimo e le foto sono superlative. Complimenti, ti seguirò con piacere!

  4. Alla fine arrivo, presto o tardi,ma arrivo… ::)
    E lo faccio con un pizzico di felicità in più sapendo che il tema era proprio questo della mela limoncella!
    Come tidicevo la nostra pianta h asofferto un colpo di calore ed è seccata-con mio estremo senso di colpa- dovrò per forza rimediare!
    Sai che ridevo davvero tanto??Anch’io come te mi faccio delle piste mentali che a ripercorrerle non so nemmeno da dove sia partita. E in questo immaginare ovviamente mi dimentico quasi sempre di viaggiare nello spazio reale con tutte le sue variabili 😉
    Sull’aceto mi sa che mi ero persa il passaggio, voglio iniziare anch’io a farlo, che dici mi affido alla pagina che hai messo?Attrezzatura?Tempi? Son già curiosa!
    A presto!

    1. E sei sempre la benvenuta 🙂 Con racconti, risate e tutto il resto.
      Mi spiace tanto per la mela; che io sappia, ma lo saprai meglio di me, è molto rustica, ma è diffusa soprattutto a sud. Ma tanto ormai il nord è il sud di 40 anni fa, climaticamente parlando, quindi vedrai che al secondo tentativo ce la fai sicuro!
      L’aceto di mele si prospetta piuttosto semplice da fare, ma poi risulta essere traditore. E da che sembrava non ci fosse molto da sapere, confrontarsi con fermentatori esperti in quel gruppo (sì, te lo consiglio assolutamente!) mi ha fatto capire che la questione non è così banale. Ero partita, più o meno, da una ricetta che propone anche Lisa Casali nel libro sull’autoproduzione che hai anche tu, ma non è andata bene. Ho avuto buoni consigli da Daria di http://www.goccedaria.it per farne una versione diversa, proverò a breve e intanto continuo ad approfondire…prima o poi posterò qui, quando l’avrò vinta!
      A presto cara, aspetto la prossima settimana con trepidazione 😉

  5. L’inizio di questa storia lo conoscevo, ma leggerne la continuazione, corredata dalle fettine di mela l’ha resa ancora più bella e fiabesca. Questo articolo mi ha fatto venire voglia di regalarti una pianta di lamponi (grandi) e di ricevere una pianta io stessa: sarebbe bello viaggiare con questa scusa. Comunque io e te Claudia non riusciamo a rispettare i buoni propositi perché oltre a essere mentalmente un po’ affollate siamo troppo scrupolose. D: Comunque ti comunico che finalmente ho iniziato a essiccare anche io! Questo settembre mi sono fatta una scorta di more e pesche di cui ho ancora un paio di barattoli (che vorrei utilizzare per una qualche ricettina da condividere), ma soprattutto, ho essiccato le castagne! Considerato che da noi in montagna c’è una tradizione di castagneti, ormai abbandonata ahimè, e mio nonno ne possiede uno e quest’anno lui e mia sorella hanno fatto la raccolta, mi è sembrato un piccolo traguardo bellissimo. Le ho poi usate per continuare la tradizione dei tortellini speciali di mia nonna, l’altra, e si è chiuso il cerchio. Immagina la gioia, tu che sai. 🙂

    1. Haru! Che bello ritrovarti qui!
      Sì, tu già sapevi, ti mancava la parte del raccolto, che come vedi ha soddisfatto le premesse 🙂 Che dirti, la pianta di lamponi la accetterei con una gioia infinita (anche se ancora non saprei bene dove metterla, sob…ma magari la terrei in vaso, per un po’) e di certo mi inventerei qualche scambio degno della sua bellezza e bontà. Sì, potrebbe essere una buona scusa per viaggiare!
      Felicissima dei tuoi primi traguardi con l’essiccazione, soprattutto delle castagne, immagino benissimo la gioia, sì, del poter continuare in tanti modi tradizioni familiari e territoriali che vanno scomparendo. E non vedo l’ora di vedere qualcuno dei tuoi esperimenti con la frutta essiccata, e anche con le castagne…se non saranno i tortelli, troppo salati per il tuo mondo di marzapane, sarà di certo qualcosa di eccezionale. Preparato e spiegato mooolto scrupolosamente, ovvio 😉
      Un abbraccio bella!

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