Non mi piace il nuovo proprietario dei campi dietro casa. Non mi piace come ha sventrato il bosco danneggiando tanti alberi e arbusti per liberare la strada alle macchine, come ha rivoltato la terra sul sentiero, rendendolo particolarmente scomodo per noi che amiamo passeggiarci, come ha abbattuto quella conifera tenace, che da anni resisteva al vento e alla gravità restando ben radicata a terra pur pendendo a 45° rispetto all’orizzonte. Non mi piace ciò che ha sparso sul terreno, forse più aggressivo ancora di ciò che spargeva il suo predecessore, che rende impossibile la vita per qualsiasi essere vegetale, salvo la specie che lui ha deciso. Se gli scorsi anni qualche erbaccia temeraria osava, sprezzante e fiera, crescere lì dove non sarebbe dovuta nemmeno nascere, quest’anno la terra pare un deserto.
Non mi piace, no, ma devo ammetterlo…tornare da due settimane in viaggio e scoprire i girasoli fioriti a migliaia tutt’intorno al borgo fa un certo effetto. “BENTORTATA A CASA!!!”, sembrano esclamare pieni di solare allegria, la stessa che fanno nascere instantaneamente anche dentro di me. Il grano che fino alla scorsa estate ha ricoperto quei terreni è bello, sì, ma non ha lo stesso impatto.
Fin troppo scontata la bellezza dei girasoli, irresistibile come un buon gelato sotto il sole cocente. Meno banale e più difficile da cogliere, per un occhio disattento, la grazia dell’avena selvatica, che quest’anno più che mai, complice la straordinaria siccità, adorna i margini dei campi e i bordi delle strade, col suo fruscio delicato che sa calmare il cuore e la mente, durante le passeggiate accompagnate dall’ultimo sole prima del tramonto, l’unico tollerabile in questo periodo dell’anno e quello che più di tutti sa farne risaltare il discreto splendore dorato. Una gioia per gli occhi e per le orecchie: un rametto da solo riesce in poco, ma una moltitudine crea una sinfonia armonica e pacifica, basta un piccolo soffio di vento.
Per la prima volta tornare a casa dopo due settimane non mi porta a notare soltanto i cambiamenti intorno a casa, come i campi liberati dal grano o i girasoli fioriti. Anche nel mio giardino, o meglio nel fazzoletto che ho destinato alle mie sperimentazioni orticole, ho potuto osservare mutamenti che non mi aspettavo: i pomodori si sono alzati tantissimo, più di quanto credessi possibile viste le premesse, la terra dura e non lavorata e i primi errori di coltivazione, mettendo diversi nuovi frutti; la melanzana tonda, che sembrava non voler fruttificare al contrario della più precoce melanzana lunga, ha tirato fuori il primo globo violetto, che è già cresciuto tanto da quando sono di nuovo qui; sull’esile pianta del peperoncino, il primo cornetto verde punta verso il cielo, esibendosi in un’inaspettata e acrobatica verticale.
Il basilico è da cimare, sta mettendo i fiori; mi toccherà fare un pesto, il che non mi dispiace affatto. Non ho pinoli in casa, ma dalle coste abruzzesi, tappa di rientro durante la lunga risalita dalla Puglia, ho portato qualcosa di speciale. Da qualche alberello di mandorle trovate in un giardino pubblico un po’ defilato è uscito un ricco raccolto di frutti freschi, che non avevo mai assaggiato prima. Bisogna aprire il mallo ancora verde e rompere il delicato guscio ancora morbido, appena appena lignificato, per far fuoriuscire un seme giallo, che tolta facilmente l’umida pellicina esterna diventa una piacevolissima ricompensa. In moltissime culture la mandorla simboleggia l’essenziale celato dietro l’apparente, il nucleo indistruttibile dell’essere, un tesoro ben nascosto all’interno di ognuno accessibile solo ai più coraggiosi, disposti a rompere strati di corazza per arrivare al cuore.
Non sono certo tra le più coraggiose ricercatrici spirituali, ma a rompere mandorle a martellate sono bravissima 🙂 Delicate martellate, s’intende, che non danneggino il morbido seme interno, ma lo strumento è decisamente quello, molto più efficace di coltello e schiaccianoci.
Un buon momento anche per aprire il pacco di orecchiette di grano arso riportate su dalle terre salentine, di cui ho già tanta nostalgia. Avrei preferito trovare la farina e farle da me, ma non c’è stato verso, e non avevo certo voglia di mettermi a girare per negozi; ho preso quel che veniva in questa vacanza: zero programmi, zero sbattimenti, tanto relax, queste le linee guida con cui siamo partiti.
Volevo mettere anche qualche pomodoro nella mia pasta, e mi è venuta una gran voglia che fossero dei pomodorini confits. Di accendere il forno però non se ne parlava proprio e non avevo conserve a disposizione, così ho provato a farli in padella. Ho seguito le indicazioni di Martina, salvo la parte in cui sbuccia i pomodori, io volevo mantenerli integri, e omettendo aglio e basilico, già nel mio pesto.
Orecchiette pugliesi, mandorle d’Abruzzo, pomodorini di Lucy e Marcello, tappa obbligata sulla via del ritorno, qualche fiore di zucca e basilico dal mio orto…tanti piccoli passaggi che mi riportano lentamente a casa.
// Orecchiette di grano arso con pesto alle mandorle fresche e pomodorini confits //
°° Ingredienti °°
- 400 grammi di orecchiette di grano arso
- una trentina di pomodori datterini
- 25 grammi di basilico fresco
- 2 cucchiai di mandorle fresche già sgusciate
- un piccolo spicchio d’aglio
- 5-6 fiori di zucca
- un cucchiaio di zucchero di canna integrale
- un cucchiaino di origano
- olio e.v.d’oliva
- sale marino integrale
Non mi piace che le persone siano ancora così egoiste e superficiali da distruggere il paesaggio, che le erbe spontanee non trovino respiro dietro il passaggio di alcune mani troppo pesanti.
Ma anch’io sono via e immagino il ritorno, i pomodori finalmente rossi e il viola delle melanzane.
E mi piace invece questo pesto e queste orecchiette brune, come la pelle abbronzata:)
Bentornata Claudia, un abbraccio
Eh, proprio non riesco ad abituarmici. Ogni anno mi spezza il cuore assistere a questo avvelenamento costante della terra.
Quest’anno l’orto è stato una bella sorpresa…ha attirato il mio sguardo subito, con quella crescita incredibile, non ho nemmeno aperto casa e sono andata subito ad ammirarlo, nonostante il caldo e il lungo viaggio alle spalle. E’ piccolo e certo non ci mangerò come vorrei, ma come primo esperimento non è male 🙂
Goditi il mare, ci sentiamo al tuo ritorno!!
che belli i tuoi ortaggi! ti invidio!!! benevolmente però ^_^
Cara Antonella, grazie, ma ti assicuro che ci sono orti ben più invidiabili del mio, che è un po’ rachitico e decisamente piccolo! Ma si sa, ogni scarrafone…
Capisco perfettamente la rabbia che provi nel vedere i trattamenti subiti dai terreni limitrofi a quelli in cui abiti… li si vede chiaramente, senza filtri, li vedo spesso anche attorno a casa nostra, purtroppo.
Per fortuna che il nostro orto come il tuo quest’anno va benone nonostante la carenza d’acqua… la nostra vacanza mancata ci ha permesso di goderci in pieno la sua evoluzione!
Non conoscevo l’uso delle mandorle fresche, me lo tengo a mente per la prossima volta che mi capita di trovarle!
Ieri le ho finite tutte, le mandorle fresche, ho iniziato ad aprirle per il pesto e non mi sono fermata più…sono irresistibili. E poi martellare mi dà un gusto 🙂
Magari abitare in un posto più pulito…a volte la campagna sa essere peggio della città, da certi punti di vista. Ma c’è rabbia non soltanto per i dintorni di casa, ma per ogni ambiente avvelenato, vicino o lontano che sia.
Un abbraccio Daria!
Lo scempio è disgustoso ma evidente. Quello che mi preoccupa di più, e mi fa rabbia, sono tutte quelle sostanze chimiche che abbondano sulle nostre tavole a nostra insaputa e nella nostra acqua con ormai un sapore molto simile all’acqua di una piscina!!
Proverò la tua ricetta con la maturazione dei pomodori che sono ancora indietro.
Mi incanta la tua descrizione sia dell’avena che della mandorla entrambe molto spirituali! Anzi se posso, menzionandoti, le estrapolerei per trascriverle sul mio profilo.
Qui siamo sommersi dall’avena…
Che poi tante di quelle sostanze, usate anche in eccesso (inutilmente) rispetto al necessario, proprio nell’acqua vanno a finire. Noi un minimo di depurazione riusciamo ad averla, ma pensa a tutti quegli animali selvatici che bevono da fiumi e ruscelli.
E certo che puoi menzionarmi! Mi onora 🙂
Grazie mille Sabina e un bacione!