Mi piace festeggiare i compleanni. Festeggio a malapena il natale, giusto perché c’è la famiglia, la pasqua la aspetto solo per avere due giorni liberi, ricorrenze tipo festa della donna e san valentino proprio non le considero. Ma quando arriva il mio compleanno ho voglia di fare qualcosa di speciale, anche una piccola cosa, come farsi una bella mangiata in compagnia.
Ecco, quest’anno, all’inizio di maggio, avevo pensato di incontrarmi con delle mie amiche romane per un pranzo a Orvieto, cioè più o meno a metà strada tra me e loro. Poi mi hanno dovuto dare buca una dopo l’altra, per questo o quell’altro motivo. Allora ho ripiegato su un bel giro al sole in quel paesino lì dove volevo andare da un po’, e di cenare in quell’osteria là, che pure dicevo di voler provare da chissà quanto. Poi alle 5 del pomeriggio, poco prima di uscire, càpito per caso sulla loro pagina facebook, e leggo che proprio quel giorno sono straordinariamente chiusi. Ecco. Inizio a innervosirmi. Ma non demordo e ripiego ancora, stavolta il programma va in porto. Qualche giorno prima, durante una cena qui da me con delle amiche, esce fuori il nome di un ristorante nuovo di Siena che pare sia molto buono, Sale Fino. Chiamo, c’è posto per due, andiamo io e il mio lui. E vi dirò, è stata decisamente una cena celebrativa: la loro cucina è davvero deliziosa, di quelle che inducono alla lentezza che fa assaporare bene ogni boccone, di quelle che a ogni forchettata chiudi gli occhi e non puoi fare a meno di tirare fuori versi goderecci. Certo meno economico dell’osteria su cui avevamo settato il nostro budget, ma vabbè, a mangiare fuori riusciamo ad andarci così poco che vale la pena godere davvero.
La scelta vegetariana era piuttosto limitata, ma presente, anche pensata per vegani. C’era un primo che ha subito catturato la nostra attenzione, un pad thai. Trattasi di piatto tradizionale thailandese, un cibo di strada composto da tagliatelle di riso, verdure saltate, arachidi e di solito pesce (gamberi più che altro) o carne, tutto condito da succo di lime, salsa di pesce, succo di tamarindo e zucchero. Il mio lui, che ha vissuto in Thailandia qualche mese, mi ha sempre tessuto le lodi di questo piatto, che mangiava spessissimo quando era lì. Mi aveva detto più volte di voler provare a rifarlo a casa, e alla fine la versione di Sale Fino ci ha ispirati alla sperimentazione. Era un pad thai completamente vegetale e un po’ rivisitato con ingredienti locali, quindi verdure di stagione e nocciole al posto degli arachidi. Ci siamo messi subito alla ricerca delle tagliatelle di riso, ripiegando su degli spaghettini scovati al supermercato, e disperavamo di trovare il tamarindo, che infatti continuava a restare non pervenuto. Le prime versioni le abbiamo fatte con sola salsa di soia e succo di lime (io volevo usare il limone, ma vallo a convincere a quello lì…spesso ci riesco, e di solito sono io a spadroneggiare in cucina, ma sul pad thai è diventato inflessibile!), credevo che il tamarindo sarebbe arrivato solo dopo un mio passaggio a Roma, con conseguente rifornimento al mercato di Piazza Vittorio, fino a che non ho scoperto l’esistenza di un alimentari etnico a Siena (per i senesi: è accanto all’ingresso della Coop di via Cittadini), dove ho finalmente conquistato il mio pacchetto di pasta di tamarindo, mentre una bella signora africana canticchiava in sottofondo.
Sapete, se mi seguite da un po’, quanto ami la cucina esotica, soprattutto quella orientale e mediorientale, quindi ogni tanto esco dal circuito del cibo prettamente locale e mi concedo qualche tipo di alimento d’importazione. In questo caso non si può fare a meno delle tagliatelle di riso, che però il mio lui ha poi trovato da Macrolibrarsi, dove stava comprando dei libri, di una buona marca biologica. Cari arrabbiati eh, ma è come il ristorante, ogni tanto si può fare. Ne ha presi di tre tipologie, in particolare questi qui fatti con farina di riso nero, che oltre ad essere buonissimi fanno parecchio scena.
Non sono proprio delle tagliatelle larghe come quelle che andrebbero usate (che poi al negozietto etnico ho trovato), sono una via di mezzo tra quelle e gli spaghetti.
La pasta di tamarindo con l’avevo mai né vista né usata, si presenta come un panetto quadrato ben pressato di colore rossiccio-marrone. Ho cercato notizie in rete su come processarla trovando il procedimento che vi dico qui, anche se poi una mia amica brasiliana mi ha parlato di utilizzi abbastanza diversi (il tamarindo cresce anche in America Latina), ma non ho avuto ancora occasione di sperimentare.
Per sostituire la salsa di pesce, ottenuta tramite un procedimento di fermentazione che porta a ottenere un condimento molto sapido, potete usare della normale salsa di soia (o di lenticchie o di ceci! Vi ricordate di Dario, sì?), oppure seguire la ricetta che vi dò qui, trovata su The Kitchn e che ho riadattato per voi convertendo le odiose cup americane e riducendo le dosi, che, con quella ricetta, di salsa ne usciva ‘na damigiana.
Il mio lui mette anche il tofu, tagliato a fettine e passato sulla piastra per renderlo croccante; io, ve ne sarete accorti, non lo amo molto, in generale uso meno soia possibile. E trovo questo piatto più buono con pochi ingredienti. Se avete dei germogli aggiungeteli, io non ne avevo pronti, credo dovrebbero starci molto bene dei germogli di fieno greco, o i classici di fagiolo mungo.
Nella preparazione tradizionale, le tagliatelle di riso non vengono cotte tipo la nostra pasta, ma solo ammollate in acqua e poi fritte (sì, fritte, perchè di olio mi sa che ne andrebbe molto più di quello che metto io) insieme a tutto il resto. Non essendo certa della reazione dei noodles che avevo io a questa procedura, che di certo non sono gli stessi che usano laggiù, ho preferito fare in un altro modo, ma continuerò a sperimentare le prossime volte. In questo caso poi è molto divertente sperimentare in coppia, cosa che non mi succede spesso. Il pad thai si è affiancato alla pizza, ai panzerotti e alle orecchiette alle cime di rapa come piatto preparato in modo comunitario qui a casa nostra (mica si capisce che sto con un mezzo pugliese? :))
Bene, mi pare di avervi detto tutto, è tempo di lasciarvi alla ricetta. Vi ricordo solo, in chiusura, del seminario di erboristeria del prossimo ponte del 2 giugno al Casolare Alberelli, vicino Livorno. Vi rimando all’evento facebook sulla pagina del Casolare (che ci pubblica molte più cose di me, loro si che sono bravi con la promozione :)), dove c’è qualche foto ulteriore della location…io più vedo quella sala a vetri nel bosco più non vedo l’ora di essere lì. E mi sa che ci sarà anche tanto, tanto sole, finalmente. C’è ancora qualche posto disponibile, nell’evento (visibile anche a chi non ha un account facebook) trovate tutti i dettagli per la prenotazione.
// Pad thai verde primaverile //
°° Ingredienti °°
Per la salsa sapida:
- 470 grammi di acqua
- 85 grammi di salsa di soia (per me di lenticchie)
- 2 cucchiai abbondanti di alghe wakame atlantiche in fiocchi
- 1 cucchiaino scarso di miso di ceci e miglio (o di riso)
- 2 spicchi d’aglio
- 10-12 grani di pepe nero
Per tutto il resto:
- 250 grammi di tagliatelle di riso
- un mazzetto di asparagi
- 700-800 grammi circa di fave nel baccello
- un grosso cipollotto fresco con la parte verde o due piccoli
- peperoncino, fresco o secco
- 2 manciate di nocciole sgusciate
- 4 cucchiai di salsa sapida (o di salsa di soia)
- 4 cucchiai di succo di tamarindo (nella ricetta vi spiego come ottenerlo dalla pasta)
- il succo di un limone medio
- 4 cucchiaini di zucchero di canna integrale
- olio e.v.d’oliva
- sale marino integrale
Ciao Claudia, allora auguri anche se in ritardo…anche io sono una maggiolina come te!! Grazie per la ricetta, anche io in Thailandia ho amato questo piatto e avevo giusto un po’ di tamarindo finito in fondo alla dispensa ( dono di mia figlia giramondo…) che non sapevo come usare….ora proverò questa ricetta….nel frattempo ho sperimentato tutti i ricicli possibili di bucce di fave e piselli ( avendo l’orto….tutta quella montagna di roba da buttare mi faceva piangere il cuore!) e ora avendo il Bimby anche la polvere di piselli…cosa ci fai tu oltre a metterla nell’impasto della pasta??
un salutone
Giulia
Ciao Giulia! Grazie degli auguri 🙂 Io in Thailandia sono stata, ma avevo 12 anni, sinceramente non mi ricordo assolutamente che cosa avessi mangiato…se hai quel tamarindo reduce nella dispensa vale assolutamente la pena di metterlo in questo piatto, è davvero buono. E per la polvere di piselli…puoi usarla anche nelle zuppe, in condimenti per le verdure e salsine varie, o per aromatizzare un sale, insieme ad erbe aromatiche. Cerca di tenerla al buio e di usarla in breve tempo, si ossida facilmente. Probabilmente scottando i baccelli prima di farli essiccare l’ossidazione è meno pronunciata.
Un salutone a te!
Claudia
Io invece non conoscevo questo piatto e mi incuriosisce molto… dovrò lavorare a trovare tutti gli ingredienti!
Il tamarindo è la cosa più difficile da trovare…una volta conquistato quello la strada è in discesa 😉
Uffa, mi sono persa il tuo compleanno, mannaggia! Tu, mi raccomando, non avvisare e non ricordarlo, eh? 🙂 A saperlo non ti avrei portato un mazzo di fiori (quello se lo tiene Ulisse, tutto da annusare!) ma un bel mazzo di spaghetti di questa marca, che ho scoperto da poco e ho assaggiato 3 tipi diversi, compreso questo che ci proponi! Mi piacciono, li trovo leggeri, si abbinano bene alle verdure e quelli chiari sono già direzionati verso il blog, con un pesto verde! Il verde (ovviamente!) torna anche qui e devo dire che mi incuriosisce la salsa, oltre al tamarindo che non ho ancora mai assaggiato!
Non lo sbandiero troppo in giro, infatti non mi aspetto mai gli auguri da nessuno 🙂 Però una bella fornitura di questi spaghetti l’avrei accettata più che volentieri! Hai sentito che buoni? Ne avevo provati altri anni fa, ma non tenevano bene la cottura come questi. I neri poi sono così belli…mi restano da provare gli integrali e altri non di riso ma di saraceno, anche lì dovrò confrontarli con altre tipologie già provate, che facevano un effetto colla tremendo…vedremo!
P.S: Tu sì che puoi andarlo a prendere a Piazza Vittorio il tamarindo! Ma senza arrivare così lontano, basta fermarsi al mio vecchio quartiere, a cavallo di Via Volturno, che è molto multietnico, lì in qualche negozietto lo trovi sicuramente.