Se penso ai piatti che nei miei ricordi rappresentano mia nonna in cucina, non posso che individuarne tre, quasi a parimerito sul podio: i ravioli dolci, gli gnocchi di patate e la sfoglia coi fagioli. Dei primi due vi ho già raccontato negli anni passati, del terzo voglio parlarvi oggi.
“Sfoglia” la chiamava nonna, “maltagliati” sarebbe forse un termine più universalmente appropriato per farvi capire di cosa sto parlando. Un’avvolgente zuppa densa di fagioli borlotti con ritagli di pasta fresca stesa a mano, calda e confortante, un piatto che ho sempre amato moltissimo in ogni momento dell’anno, che fosse durante la stagione scolastica nella piccola cucina romana al Tufello o durante l’estate, nella casetta molisana. Eh sì, che pure nei mesi caldi, tra quelle montagne, c’erano certe seratine fredde mica male, in cui una zuppa non risultava mai stonata.
Diverse delle ricette di nonna non saprei replicarle. Ce n’è una di cui ricordo il sapore delizioso, erano delle patate in padella con aglio, aromi e mollica di pane, di cui si è persa anche la memoria familiare: né mia zia né mio papà (che di quella mia nonna era il genero, ma mia mamma non cucinava) si ricordano precisamente come fosse fatta. Ce ne sono altre che per fortuna sono state tramandate intatte, e che so che presto o tardi potrò accogliere nel mio repertorio culinario (zia, pesali ‘sti peperoni la prossima volta!).
La sfoglia coi fagioli è un piatto molto semplice, non ho avuto bisogno di grandi istruzioni per replicarla, sono andata semplicemente a memoria. E quando, la prima volta che l’ho cucinata, ho assaggiato la prima cucchiaiata, ho chiuso gli occhi e gustato lentamente, col sorriso sulle labbra: era proprio lei.
Certo non posso fare a meno di riadattare a mia misura anche le ricette di nonna. Quella sfoglia l’ho fatta tornare integrale, mentre nonna, come tanti figli del dopoguerra, utilizzava la farina bianca per tutte le preparazioni. E l’ho resa un po’ più consistente: invece di utilizzare solo farina di grano tenero come faceva lei, ho unito il mio mix di grani teneri antichi del Podere Pereto, da cui ho preso anche i borlotti meravigliosi che ho usato qui, ad un semolato di grani duri antichi, quest’ultimo di Floriddia. La pasta è meno cedevole durante la lavorazione, ma più solida nella stesura e in cottura. Vi dico, comunque, che verrà benissimo anche usando soltanto farina di grano tenero, quindi non limitatevi se vi ritrovate senza semolato.
Poi, cosa che nonna certo non avrebbe mai fatto, ho unito la solita alga kombu alla cottura dei fagioli. Non me ne vogliano i difensori della tradizione a tutti i costi, ma immagino che anche lei, come tante sue coetanee, nella sua vita culinaria abbia fatto un certo uso, anche se non intensivo, di glutammato monosodico sotto forma di dado star. Al glutammato di estrazione chimica ci sono però delle alternative naturali: da quando ho scoperto che l’alga kombu, oltre ad ammorbidire e rendere più digeribili i legumi, ne è una delle migliori fonti, ho trovato una ragione in più per usarla. E ho iniziato ad impiegarla diversamente rispetto a prima: una volta la inserivo nell’acqua di ammollo dei fagioli, che poi buttavo, e la lasciavo insieme ai legumi in cottura. Poi in Cotto di Pollan, bellissimo libro sul cibo e sul cucinare che vi consiglio fortemente di leggere, ho letto delle cose nuove su questa verdurina di mare così speciale. A quanto pare, come Pollan stesso ha imparato da un giapponese che gli ha insegnato fare il dashi, è l’acqua di cottura dell’alga e non l’alga stessa ad essere preziosa per insaporire i cibi, a cui conferisce un caratteristica molto particolare: li arricchisce con l’umami, il quinto sapore, riconosciuto a pieno titolo dalla scienza ufficiale accanto agli altri classici quattro che ben conosciamo, ossia dolce, salato, amaro e acido. Per me questo umami resta ancora un po’ misterioso, ma è stato interessante leggere che sono stati trovati recettori specifici per questo sapore sulla lingua e nello stomaco, e che il latte materno ne sia particolarmente ricco, contenendo quantità abbastanza elevate di glutammato. Non ha un sapore riconoscibile in sé, ma amplifica quello dei cibi a cui viene mescolato, rendendoli più intensi e corposi. Un po’ come il glutammato monosodico insomma, ma in modo naturale.
E quindi vabbè, io per anni quell’acqua di ammollo l’ho buttata via, ma magari i fagioli al suo interno potrebbero comunque averne assorbito il sapore. Non lo so, ma ora nel dubbio metto bicarbonato nell’acqua di ammollo e la kombu in cottura, così sono sicura di approfittarne a pieno. Il giapponese che dicevamo in realtà butta l’alga dopo averla fatta bollire lievemente, perché se lasciata nel brodo gli conferisce un sapore leggermente amaro. Io non me la sento di buttarla, e mi pare che il sapore del piatto finito non ne risenta affatto, preferisco farla sciogliere il cottura e approfittare di tutte le altre buonissime sostanze che contiene. Se la usate anche voi e ne sapete di più datemi un feedback, che mi fa piacere.
Torniamo a nonna e alla ricetta: l’unica cosa che mi manca per replicare esattamente la sua sfoglia coi fagioli per come me la ricordo io, è capire il taglio corretto della sfoglia. Lei la tagliava in diagonale, ma cercando di fare gli stessi suoi gesti nella mia memoria, ottenevo delle lunghe tagliatelle molto larghe. Ho provato allora a tagliare sempre in obliquo, ma cambiando in modo speculare l’inclinazione ad ogni taglio; ottenevo sì dei maltagliati, ma il risultato non mi piaceva. Alla fine ho adottato la tecnica che vi dico qui, ma la forma non è quella che ricordo. Vabbè, poco male, è buonissima! E non statevene troppo lì a pensare a tutti questi discorsi sull’umami e a dirvi magari “oddio, ma io l’alga kombu non ce l’ho”. È un piatto contadino, che si prepara con quello che c’è, la kombu poi è una mia aggiunta eretica. E ci andrebbe pure il sedano se è per questo, ma io mica ce l’avevo.
In verità questa sfoglia non ha gran bisogno di esaltatori di sapidità. Morbida e sostanziosa, insieme alla crema di fagioli crea un piatto incredibilmente godurioso. E non lo dico solo perchè ci sono affezionata 🙂
// Maltagliati con fagioli borlotti //
°° Ingredienti °°
- 300 grammi di fagioli borlotti
- 100 grammi di farina di grano tenero tipo 1
- 100 grammi di semolato di grano duro
- una striscia di alga kombu
- una grossa cipolla
- una carota
- un cucchiaio di concentrato di pomodoro
- olio e.v.d’oliva
- pepe nero macinato al momento
- sale marino integrale
o 2-3 cucchiai di passata





Che sfoglia sottile sottile! Credo di non averla mai stesa così, mi fai lezioni quando verrai a Roma a prendere una nuova tisana al girasole? 😀
Questo piatto sa veramente di Casa, di quella di un tempo, di voci di bambine curiose, di rumori in cucina, di fermento, d’allegra attesa per il pranzo e di semplicità, quella che non ha pari, che niente può battere! A volte ci lasciamo affascinare dal nuovo, dal particolare e dall’originale, ma quanto scalda – e sazia – un primo del genere, soprattutto in momenti in cui ne abbiamo particolarmente bisogno?! Lasciami una scodella piena e forse chiederò anche il bis, ehehe!
Il bis lo chiedi SICURO! Non credo che nessuno possa resistere a un bis di sfoglia coi fagioli 🙂 E la sfoglia in realtà non è poi così sottile, in questa preparazione, anzi, deve restare pochino grossolana, per avere una pasta spessa in cottura che è ancora più goduriosa. Ebbene sì, avrei potuta farla ancora più sottile di quella che vedi, eheheh 🙂
Hai colto lo spirito del piatto, te lo farei assaggiare più che volentieri!
Che piatto delizioso! Faccio troppo poco spesso la pasta in casa, oras me ne hai fatto venire voglia!
Con tutte quelle buone cose che fai in casa Daria direi che è normale che qualcosa venga trascurata più di altre 😉 Ma questa sfoglia merita, ti piacerà!
Ho assaggiato l’originale tanti anni fa e ora la proverò a fare! Grazie!
Grazie a te Lucia!