Le mie ferie la scorsa estate le ho passate in gran parte nella ridente Cologno Monzese. Che, notoriamente, non è una delle più gettonate località vacanziere. Di certo è un punto d’osservazione ottimale per esplorare l’evoluzione e il comportamento, tendenzialmente aggressivo, della consistente popolazione di zanzare, di ogni specie possibile e presente a qualsiasi ora del giorno e della notte. Per un entomologo profumatamente pagato, magari. E io non sono un’entomologa.
Non vi sto a dire cosa ci facessi lassù, vi dico solo che è stato comunque un punto di partenza per alcune gite in zona, ad esempio in quella parte di Brianza ancora risparmiata da urbanizzazione e industria di cui ho letto tante volte nei post di Manuela. È proprio lei che sono passata a salutare, in una visita fugace, in quel posto che si è confermato splendido come dalle sue immagini e racconti, l’agriturismo La Costa. Dall’incontro ho portato a casa un po’ della sua bella energia, ma non solo: Manuela è stata fin troppo generosa, svuotando metà dei suoi cestini da raccolta, riempiti dei doni dell’orto del mattino, dentro capienti sacchetti di carta, finiti sul sedile della mia macchina: pomodori profumatissimi dalle tante forme e colori, fagiolini gialli e verdi, melanzane tonde, le mie preferite.
Ma il regalo che sono riuscita a far arrivare intatto fino ad oggi è arrivato da uno dei ripiani del suo essiccatore, dove ancora riposavano i porcini a fettine, bottino di una stagione umida e abbondante nei boschi del Nord. Che dono prezioso per me, che come vi dicevo a funghi non ci sono mai andata (non ancora), e che i porcini secchi li ho sempre comprati al supermercato! Ho aspettato diversi mesi per usarli, fino a che, con i primi, tardivi freddi, l’ispirazione giusta è arrivata, prendendo la forma di un piatto tipicamente nordico: la polenta ai funghi.
Non una qualunque, però. Ho cercato di replicare questo piatto tradizionale del Nord Italia immaginandomi come fosse prima dell’introduzione dell’attuale re della polenta, il mais, arrivato solo durante il 1500, quando i coloni l’hanno introdotto dall’America Latina, per imporsi a tutti gli effetti solo verso il 1700.
Che la polenta possa essere preparata con altre farine, oltre a quella di mais e di grano saraceno (avevo già sperimentato una polenta taragna qui, buonissima) l’ho imparato da Nicola Bochicchio aka Zac, cuoco a Sbarbacipolla Biosteria, con cui qualche anno fa ho impiattato, ospite della sua cucina, una polentina di farro, che ha subito stuzzicato la mia fantasia e il mio palato, non avendo mai amato la polenta classica (ma che ho iniziato ad amarla parecchio, come vi raccontavo tempo fa, quando ho iniziato a cucinarla con una farina di mais degna di questo nome). Pare che la prima polenta in assoluto di cui la storia dà testimonianza sia proprio quella di farro, che gli antichi romani chiamavano puls.
Ma uno dei cereali certo più abbondanti in Lombardia prima dell’introduzione del mais, più del farro, era probabilmente la segale, coltura tipicamente montana e adatta ai climi freddi (pare resista fino a 4000 metri!), prima ancora del grano saraceno, importato dall’Asia in epoche successive. Con la segale i contadini preparavano il pane, un pane scuro, come in molti paesi del Nord Europa, e la polenta, più semplice ancora, non avendo necessità di lievitare e di formare una buona struttura glutinica, cosa in cui la segale è poco abile. Di certo, poi, si abbondava con i raccolti selvatici, di erbe e frutti spontanei in quasi tutte le stagioni, e di funghi, quando piogge e calore creavano le condizioni adatte alla loro proliferazione.
Ho mantenuto il sugo bianco, per godere più a fondo dell’aroma dei porcini, ma anche per attenermi all’ispirazione di un piatto antico, pre-colombiano, ché pure il pomodoro ci è arrivato insieme al mais dalle terre oltre l’Atlantico.
Il condimento si prepara senz’altro meglio con i funghi freschi, ma con i secchi, almeno con quelli che avevo io, non è andata affatto male; l’importante è mantenerli umidi in cottura, usando la loro acqua di ammollo, perché restino ben gonfi e morbidi. Potete ovviamente usare anche la farina di mais al posto della segale, come anche rendere più avvolgente il condimento con della passata di pomodoro. Anche miscelare mais e segale per la preparazione della polenta, anziché usare la sola segale, crea un piatto dal gusto particolare: potete provare usando un 70% di farina di mais e un 30% di segale, ma anche una proporzione 50-50. Ottimo anche il mix di farina di mais con farina di ceci, che ho imparato dal Podere Pereto (che ha coltivato e macinato a pietra anche la segale che uso oggi) che confeziona una “polenta coi ceci”, più consistente e proteica.
La preparazione è la stessa della polenta classica, tenete solo presente che la segale tende a raggrumarsi di più, quindi non lesinate col mestolo. Io sul versante polenta sono vocata alla tecnologia: non compro farina precotta, ma lascio volentieri che a girarla sia una macchina, con buona pace delle tradizioni medievali :).
Grazie ancora Manuela, i tuoi porcini secchi non avevano nulla a che vedere con quelli che ho sempre mangiato. Lo dico senza alcuna esagerazione: ora che so quanto siano più buoni i funghi raccolti ed essiccati da sé, la mia motivazione per saperne di più su questo mondo aumenta vertiginosamente. E già che ci sono, approfitto per chiederti di che varietà fossero i pomodorini rosa e quelli nero-verde: ne ho conservato i semi, ma bisogna gli dia un nome!
Ebbene sì, questo non è un articolo natalizio, nonostante oggi sia il 21 dicembre. Lo sapete che non sono brava con queste cose, seguo l’ispirazione del momento guardando al calendario giusto per questioni di stagionalità. Se poi l’ispirazione porta ad una ricetta adatta al periodo, ben venga, oggi non è successo ;). Ma se volete qualche idea per regali last-minute, autoprodotti e non, sbirciate tra i link a fine ricetta.
Tanti auguri a tutti, ci risentiamo a gennaio!
// Polenta di segale con funghi porcini secchi //
°° Ingredienti °°
- 300 grammi di farina di segale macinata a pietra
- 1350 grammi di acqua
- 50-60 grammi di funghi secchi
- una carota
- un gambo di sedano
- uno spicchio d’aglio
- poco vino bianco
- prezzemolo a piacere
- olio e.v.d’oliva
- sale marino integrale





Altre informazioni utili
– Sì, questo non è un post natalizio, ma nel blog trovate un sacco di idee per realizzare regali autoprodotti, anche in modo semplice e veloce. Fatevi un giro nella categoria Autoproduzioni, scorrendo in avanti le pagine, ci troverete molte cose adatte ad essere impacchettate. Le mie preferite sono il sale aromatico agli agrumi, la cioccolata calda homemade, la marmellata di pere cannella e rhum e, uscendo dal campo strettamente alimentare, lo scrub corpo fatto in casa.
– Se non volete mettervi adesso in cucina o non ne avete il tempo, regalate libri! Nella foto di apertura dell’articolo ci sono, sullo sfondo, alcune delle mie ultime letture, che ho aggiunto alla lista dei miei libri letti e consigliati a tema cucina naturale, botanica, piante selvatiche e fitoterapia, consapevolezza alimentare, da cui potete attingere per idee regalo o per regalarvi qualcosa voi, in ogni momento dell’anno. Splendido il libro di Antonio Perazzi, Il paradiso è un giardino selvatico, di Utet. È bello da leggere e pure da guardare, l’edizione è curatissima e piena di bellissime immagini tratte dal giardino di Piuca. Ho amato molto anche quello di Marco Martella, Un piccolo mondo, un mondo perfetto, di Ponte alle Grazie, un viaggio tra giardini italiani ed europei, tra cui, sono stata sorpresa di trovarlo raccontato lì dentro e addirittura in copertina, il Bosco della Ragnaia, a pochi chilometri da dove vivo e meta di alcune mie attività correlate alle piante con i bambini delle scuole della zona. Adoro quel bosco-giardino, vale davvero la pena visitarlo. Ma nel libro c’è anche il giardino di Bomarzo, quello di Ninfa, quello di Pia Pera, e molti altri in cui viene subito voglia di immergersi.
Nella foto compare anche Il librino di Kapek di cui vi ho già parlato qui, si chiama L’anno del giardiniere. Mi sono ricordata di essere a dicembre che la prima decina del mese era già passata; mi è dispiaciuto che quello fosse l’ultimo capitolo, dopo un anno insieme! (Graciela cara, grazie ancora <3).
La mia lista dei letti e consigliati è in continuo aggiornamento: cliccate qui o accedete quando volete alla pagina cliccando sulla voce “Libri” del menù principale.
– Restando sui libri e tornando a chi mi ha donato questi funghi deliziosi, nella mia lista trovate anche il libro di Manuela Conti, Con le mani in pasta, edito da Guido Tommasi. Mi è sempre piaciuta la penna di Manuela, il suo gusto in cucina, il suo modo di raccontare anche nelle immagini. La seguo da quando ha iniziato il suo blog, più o meno nello stesso momento in cui ho iniziato il mio, e sono stata felicissima di vedere il suo lavoro condensato in un grande e bel libro libro che scorre lento tra le stagioni. Ovviamente ve lo consiglio ;).
Che bello tornare qui, lo faccio di rado solo per mancanza di tempo ormai, ma mi ricorda i nostri primi anni a condividere pensieri, informazioni, sapere…
Che la polenta avesse un’altra forma e colore lo hai saputo raccontare perfettamente:il profumo dei funghi riesco a sentirlo fin qui, un po’ perché per me sono un’abitudine, un po’ perché questa ricetta chiama a gran voce il cucchiaio!
Sui pomodori, quelli rosa erano pomodori messicani, avevo preso i semi aun mercato del biologico a Oaxaca a dicembre, gli altri invece erano i neri di Crimea (spero di non sbagliare perché su questi ho il dubbio!).
L’estate prossima ti aspetto per andare a cercarli i funghi ☺️
Un abbraccio
Grazie! Del regalo, delle info sui pomodori, dell’invito, che spero di poter cogliere…da qui all’estate può cambiare il mondo, ma mi piacerebbe molto!
Un abbraccio a te :).