Lo scorso lunedì mattina, dopo una nottata di pioggia torrenziale e un po’ dopo aver premuto il tasto “pubblica” sull’articolo settimanale del blog, sono uscita a comprare qualcosa da mangiare per Urano, il mio cane, e per vedere se riuscivo anche a fargli fare due passi tra una pioggia e l’altra. E insomma, è andata a finire che a casa non ci sono tornata fino alle 5 del pomeriggio. Quando ho provato a uscire dal paese mi sono resa conto che la strada era diventata tutt’uno con i torrenti che le passavano sotto, formando un fiume d’acqua che si stava portando via di tutto. Quando finalmente la pioggia ha dato tregua, qualcuno (grazie Roberto!) mi ha aiutata a trovare un sentiero secondario passando su un ponticello non ancora sommerso per tornare verso casa mia; quando ho scollinato mi sono ritrovata davanti un paesaggio meno familiare del solito, ridisegnato dalla piena del fiume Ombrone, che ormai scorreva almeno 10 metri più alto del normale, appena sotto l’arco del piccolo ponte che porta verso casa mia. Per fortuna di piovere aveva smesso e non ha più ricominciato per qualche giorno, sul ponte ci sono passata di corsa, col sottofondo inquietante del fiume in piena e dei crack degli alberi che cedevano uno dopo l’altro, e c’era ancora un pezzetto di strada libera dal lago di acqua e fango che mi ha permesso di raggiungere casa.
É banale dirlo, lo so, ma ritrovarsi di fronte alla natura che prende il sopravvento in questo modo, distruggendo in così poco tempo così tante cose che l’uomo ha costruito con pazienza, gli orti, i campi coltivati, gli argini, le strade, i sentieri, e nei peggiori dei casi si porta via la vita delle persone, fa sentire davvero piccoli.
Diretta conseguenza di questa situazione sono state 36 ore senza corrente elettrica e acqua. Anche quel filino di acqua diretta che arrivava si è presto esaurito, che il fiume si era portato via pure i tubi.
Quando mi ritrovo in queste situazioni, e da quando vivo in campagna mi è successo più di una volta, capita sempre che all’inizio provi una particolare sensazione di pace e benessere. Un po’ perchè, nonostante tutto, la mia casa è ancora lì ad accogliermi mentre fuori c’è il delirio, un po’ perchè questa privazione di tecnologia lascia spazio all’essenziale, regalando anche una certa pace. Ci si rende conto di quanto casino faccia la corrente elettrica e tutto ciò che ad essa è collegato solo quando non c’è e al suo posto c’è il silenzio vero, senza nessun ronzio di modem o di frigorifero o rumore di autoclave che pompa acqua nei rubinetti o aspirapolvere dei vicini. Ti ritrovi a declinare l’offerta di ospitalità di amici dall’altra parte del paese che la corrente ce l’hanno, a cenare con la luce delle candele, a cuocere il cibo sulla brace nel camino, a passare la serata davanti al fuoco a parlare, giocare a carte e coccolarsi.
Come quando ha nevicato forte due anni fa, ci siamo svegliati la mattina senza luce, senza riscaldamento, con le strade bloccate e un freddo in casa niente male e invece di mettersi subito ad accendere il fuoco, ce ne siamo andati non so quanto tempo nel bosco a fare a palle di neve e a correre con Urano, che ama la neve forse quasi più della spiaggia.
Ecco, la sera dopo ne avevo già abbastanza però. Va bene il silenzio, ma il frigo pieno di cibo che andava a male, il non potermi lavare e i piatti sporchi accumulati nel lavandino iniziavano a dare fastidio. L’ultimo sacchetto di more raccolte a settembre si è irrimediabilmente scongelato, e non solo quello…credo che mangerò pesto di foglie di ravanello per tutta la settimana! Le more però, sono andate a finire nell’estrattore insieme a mele e melograni regalandoci due abbondanti bicchieroni di un succo che più buono non si può.
Il fatto però di dover centellinare l’acqua per due giorni anche solo per lavarsi la faccia, per sciacquare qualcosa, per pulire il water con la bacinella ma solo dopo aver fatto pipì 4 o 5 volte ti fa sentire parecchio la differenza quando poi tutto torna alla normalità. Aprire il rubinetto fino in alto mi pare uno spreco inutile, come buttare dell’acqua quasi pulita invece di usarla per insaponare e lavare qualcos’altro o farla scorrere mentre mi insapono velocemente le mani. E credetemi, io normalmente ci sto attenta a non usare più acqua del necessario. Insomma, questo tipo di situazioni possono essere utili a ricordarci quanto siano preziose le risorse che abbiamo a disposizione, anche quelle più basiche, come l’acqua o un tetto sulla testa, per quanto modesto o malmesso. E che tante delle cose che siamo abituati a buttare via magari le potremmo utilizzare al meglio. Come con i broccoli! Buone le cime, ma con foglie e gambo che ci facciamo? Le mettiamo nel minestrone, chiaro! E non è neanche il solo modo di utilizzarli…se poi abbiamo anche un bel cavolo romanesco e una verza appena colti, una bella zucca e un po’ di patate, ecco che esce un minestrone abbondante e buonissimo, cuore e cime dei cavoli li potremo usare per qualcos’altro. Per fortuna i campi di Marcello non hanno risentito dell’alluvione, e posso dire con grande soddisfazione che l’unica cosa che in questo minestrone non viene dalla sua terra è la carota, che comunque arriva da produttori qua vicino.
// Minestrone di foglie e gambi di cavolo //
°° Ingredienti °°
- le foglie e i gambi di 4 piccoli broccoli
- le foglie di due cavoli romaneschi
- le 4 foglie più esterne di una grossa verza
- 4 patate medie
- un pezzo di zucca, più o meno lo stesso peso delle patate
- una manciata di foglie di sedano
- una carota
- una cipolla
- un gambo di sedano
- sale
- olio e.v.d’oliva
Io ho aggiunto anche un mazzetto di cicoria selvatica, raccolta quella mattina. Spesso i cavoli romaneschi e i broccoli vengono puliti dalle foglie prima di essere messi in vendita, soprattutto nei supermercati, ma se trovate un buon produttore diretto quasi sicuramente ne lascerà un po’. Male che vada potete utilizzare comunque i gambi dei broccoli e le foglie esterne della verza e aggiungere al posto delle altre foglie un po’ di bietola o di cicoria.
Bruttissima esperienza. Diamo sempre le nostre mille comodità per scontate fin quando non accadono cose di questo tipo.
Un abbraccio :/
Vila la verduta di Marcollo a quanto punto!!!
Non così brutta per fortuna, almeno non per me. Anzi, devo dire che è stato uno spettacolo davvero particolare e insolito pur nel devasto provocato, ma è chiaro che se ne avessi avuto maggiori conseguenze sarebbe stato diverso…
Forse volevi dire “Viva la verdura di Marcello!” 🙂 sì, in effetti sì, come farei senza di lui….ma che correttore automatico hai in quel computer? 😀
Un abbraccio anche a te!
:O no in realtà era un messaggio in codice per li alieni °_°
;))))))))))))))
AHAHAHAHA! A presto Cesca 🙂
Cara Claudia,
quando mi hai scritto che eri senza corrente, non mi sono resa conto subito del problema innondazioni in Toscana. Ne hai passate delle “belle”!! Per fortuna senza conseguenze gravi. Certo è che purtroppo questi fenomeni di mal tempo, provocano sempre più di frequenti innondazioni dei fiumi solo ed esclusivamente per l’incuria dell’uomo che prevalica la natura senza un minimo rispetto. Scusami, non voglio fare polemiche inutili: l’importante che tu e tuoi cari stiate tutti bene e che la tua cucina abbia ripreso a “lavorare” alla grande!!!
Un abbraccio! MARI :-*
Ciao Mari! Certo l’incuria dell’uomo c’è, ma c’è anche il fatto che le nostre piogge sono molto cambiate negli ultimi anni…il mio padrone di casa mi diceva che nell’alluvione del 66 (quella della biblioteca di Firenze, per intenderci) si ricreò più o meno la stessa situazione qui, ma dopo 4 giorni e 4 notti di pioggia ininterrotta, non dopo solo una notte e un paio d’ore a cavallo di pranzo!
Comunque sì, qui tutto bene e la cucina ha ripreso a lavorare alla grande…e già lavora per il post del prossimo lunedì, che ti riguarda da vicino! Il primo elemento è già stato autoprodotto…
Caspita non sapevo che anche tu vivessi nelle zone che hanno subito danni la settimana scorsa… mi dispiace per l’esperienza che parzialmente comprendo abitando in una zona ricca di corsi d’acqua consortili che capita che straripino. Condivido la sensazione di pace che si prova quando si è senza corrente, ma anche la consapevolezza della limitatezza delle risorse non appena si rientra nella “normalità”. Il tuo minestrone è ottimo, anch’io non butto le foglie e i gambi dei broccoli e dei cavolfiori, nel mio caso ne ho, in quantità variabile a seconda dell’apetito delle lumache che ci fanno compagnia, provenienti direttamente dall’orto…
Beh, il tuo è davvero a chilometri zero allora! E comunque…le foglie meglio alle lumache che nella spazzatura, se poi riescono ad arrivare al tuo piatto ancora meglio 🙂
Quel succo lo berrei anche adesso, tutto d’un fiato, al posto della tisana prima di dormire… 🙂 Sai che giorni fa ho trovato il cavolfiore viola? Che bello, l’ho subito immortalato nelle foto! 😀
Posso capirlo, a guardare la foto vorrei averne uno uguale qui davanti a me adesso, per colazione. Il viola è un colore bellissimo nel cibo, mi rendo anche conto che tutta la frutta e verdura che ha questo colore mi piace tantissimo. Io cerco disperatamente le carote viola, non sono mai riuscita a trovarle e non le ho mai assaggiate!
A presto Francesca 🙂