Settembre indulge ancora in un’estate agostana, nonostante i tramonti sempre più precoci e l’equinozio alle porte. Biancospini e rose selvatiche arrossano le bacche, ma l’autunno appare ancora lontano, ostaggio di un sole potente e di una terra arida.
Le prime arature di fine estate riportano alla luce l’argento di queste terre argillose, che si bagna d’oro nei tramonti infuocati. Lungo il sentiero in mezzo ai campi rivoltati, l’artemisia delle crete riflette le stesse tinte, nel pieno del suo momento di gloria: l’argento nelle foglie, l’oro nei fiori. E sparge il suo profumo, dolce come quello della terra, incensato come il senso del sacro che alla terra stessa sarebbe proprio e dovuto.
Se ne rispettassimo davvero la sacralità, tutti lavoreremmo come Lorenzo Costa a La Scoscesa, il luogo da cui arrivano le patate che cucino oggi. Occhei, non nello stesso identico modo, ché ogni terra è diversa e i modi per custodirla sono ugualmente molteplici, ma ne avremmo totale rispetto e venerazione, anche al di fuori di ogni istinto religioso o mistico: se muore il suolo, moriamo noi, e questo dovrebbe bastarci, indipendentemente da ogni credo.
Era da molto che volevo fare un salto a visitare La Scoscesa, da prima ancora che io e Lorenzo ci incontrassimo alla presentazione del libro di Corrado Dottori. La sua fama e quella del suo progetto lo precedeva, raccontata da amici, narrata su internet, incontrata per caso nei racconti di altri coltivatori; quella sera ci siamo accordati che i soldi del libro che stava comprando, che lì dove avveniva la presentazione non potevamo vendere ma solo distribuire sulla fiducia, me li sarei andata a prendere io alla Scoscesa. E poi niente, è scattata la quarantena totale appena un paio di settimane dopo, poi mille cose da fare quando siamo tornati a muoverci e infine sono riuscita a palesarmi un mesetto fa, appena dopo qualche giorno di pausa dal lavoro a cavallo di ferragosto. Lui intanto il libro era già passato a pagarlo a fine lockdown, che se aspettava ancora a me… :).
Non è oggi che vi parlerò della Scoscesa nel dettaglio: è stata solo una breve visita, e ne chiama un’altra con macchina fotografica e più tempo a disposizione. Ma vi accenno che è un progetto agricolo davvero particolare, che è solo per metà volto a produrre cibo e sostentamento: l’altro principale scopo è rigenerare una terra difficile, sassosa e calcarea, abbandonata da decenni e battuta da un sole sempre più violento. E per di più, da qui il nome del progetto, completamente terrazzata: La Scoscesa nasce a Lecchi in Chianti, nel comune di Gaiole, su delle vecchie terrazze delimitate da muri a secco, in cui il dislivello totale tra la parte più alta a quella più bassa dell’azienda è di ben 130 metri.
Coltivare alla Scoscesa è un po’ una sfida, soprattutto ora che il progetto è ancora giovane e le pratiche rigenerative che applicano i principi della permacultura, aiutandosi con microrganismi indigeni prodotti in proprio secondo le tecniche dell’agricoltura naturale coreana, devono ancora dare davvero i loro frutti.
Se alcune colture ancora stentano, ostaggio di un PH del terreno che arriva appena sotto il limite massimo per la coltivazione e della roccia madre poco distante dal suolo, alcune attecchiscono molto bene, amanti come sono proprio di queste condizioni che altre non possono sopportare. Lo zafferano, ad esempio, prossimo alla fioritura su una delle terrazze della Scoscesa. E le patate. Che crescono piccole, ma concentratissime e cariche in quanto a sapore e nutrimento. Lorenzo, e Daniele che lavora con lui a tempo pieno, ne coltivano diverse varietà, tra cui le rosse Laura e le gialle Monalisa, di cui mi ha omaggiata a fine mattinata, insieme a qualche saporitissimo capo d’aglio, essiccato all’ombra entro mezzora dal raccolto, come imparato da altri vecchi contadini.
Che adoro le patate, se mi seguite da un po’, lo sapete già. A volte mi sento un po’ l’avvocato Santelia di Regalo di Natale. Queste di Lorenzo le ho fatte al forno, in una delle giornate più fresche che ha saputo regalarci agosto, e in padella, saltate insieme ai peperoni. Una socia di MondoMangione, che tramite la cooperativa ne ha ordinati diversi chili, mi ha detto qualche giorno fa che in frittura sono eccezionali: rimettendo l’olio esausto nella bottiglia per smaltirlo, si è accorta che non ne avevano assorbito neppure una goccia.
Oggi le provo in insalata, che fa ancora caldo, tanto caldo, e ho ancora molta voglia di mangiare freddo. Ci metto dentro anche uno spicchio d’aglio saporito di Lorenzo e le accompagno con i friggitelli del Podere Pereto, quelli che sono maturati fino a diventare rossi, meno usati dei classici verdi. Una graditissima scoperta di quest’estate è che il Pereto ha organizzato la vendita diretta dei propri ortaggi, quelli tra cui spesso passeggio in cerca di erbacce commestibili, e di cui hanno finalmente iniziato a organizzare la vendita al pubblico e a rivenditori. È ancora poco pubblicizzata, ma se siete in zona Rapolano chiedete le disponibilità delle verdure, quando andate a rifornirvi di farine, cereali e legumi alla vendita diretta. La cella frigorifera nasconde meraviglie ;).
Condisco con la mia senape fatta in casa, che stavolta, a base di soli semi scuri, è venuta bella forte, e aromatizzo con l’artemisia delle crete (Artemisia caerulescens subsp. cretacea, endemismo delle zone argillose di Toscana, Romagna, Umbria e Lazio, apprezzatissima dai partecipanti alla passeggiata di Chiusure di domenica scorsa), dosandola poca alla volta perché non prevalga sul resto. Ne esce una bella mescolanza dei doni vegetali del Chianti e delle Crete Senesi, con un pizzico di Sicilia rappresentata dai capperi di Pantelleria.
Se preparate questa insalata in un’altro momento, magari nel pieno dell’estate quando la fioritura dell’artemisia è ancora lontana, potete usare anche solo le foglie per aromatizzare, come anche potete usare un’artemisia essiccata.
Sono un po’ assente sul blog in queste settimane, troppo presa da tante cose diverse, tra cui l’organizzazione delle tante passeggiate e corsi di fine estate-inizio autunno. Questo sabato 19 settembre c’è una passeggiata botanica lungo la Via Francigena di Abbadia Isola, poco distante dalla cittadella medievale di Monteriggioni, vicino Siena Più info nella pagina dei corsi e nell’evento facebook). E la passeggiata che avevamo organizzato per il 3 ottobre al Pereto (se avete ricevuto la newsletter l’avete intravista in fondo) è stata rinviata a sabato 10 ottobre e tramutata in un corso di una intera giornata, dalle 9:30 alle 16:30, con un buon pranzo bio nel mezzo. Mi sono arrivate diverse richieste di organizzare, oltre alle passeggiate, anche delle sessioni teoriche e di laboratorio, e quindi eccoci qua: passeggiata la mattina, piccolo laboratorio con nozioni di riconoscimento e raccolta nel pomeriggio.
Non è ancora nella pagina dedicata ai corsi, ma c’è già l’evento facebook, lo trovate qui.
E ora si mangia :).
// Insalata di patate con friggitelli rossi e artemisia dei calanchi //
°° Ingredienti °°
- 800 g di patate
- 7-8 friggitelli rossi
- 1 cucchiaio raso di capperi
- 1 cucchiaio raso di senape (fatela in casa, è facile!)
- 5-6 piccoli rametti fioriti di artemisia (per me artemisia dei calanchi, ma potete usare A. vulgaris, o qualsiasi altra aromatica se non ne trovate)
- un piccolo spicchio d’aglio (opzionale)
- olio e.v d’oliva
- sale marino integrale
Altre informazioni utili
Al di là dei miei piatti casalinghi, c’è chi sa usare con molta più maestria i prodotti delle terre di Lorenzo. La Scoscesa per ora non ha una vendita diretta, ma serve principalmente famiglie della zona e soprattutto una serie di ottimi ristoranti, di alto livello e in certi casi stellati. Di tutti quelli che mi ha detto ne ricordo solo uno, che è L’Asinello, a Villa a Sesta – Castelnuovo Berardenga (SI). Ha una stella Michelin e punta a guadagnarne altre, quindi se volete concedervelo mettete da parte un gruzzoletto. Per me forse in un’altra vita ;).
Già che ho nominato e linkato il libro di Corrado Dottori “Come vignaioli alla fine dell’estate“, volevo pure raccontarvi che durante l’estate ho letto quello che lo precede, “Non è il vino dell’enologo“, pubblicato sempre da Derive Approdi una decina d’anni fa e uscito da poco con una nuova edizione. Mi è piaciuto molto. È strutturato come un lessico, in cui le diverse parole legate alla vigna, al lavoro agricolo, al vino e alla cultura vinicola sono porte che si aprono su racconti e pensieri che hanno accompagnato la nascita e lo sviluppo del progetto La Distesa, con una parte di narrazione più intima legata all’autore e al suo rapporto con un padre che non c’è più. Come si legge nella quarta di copertina: “[…] per leggerlo, non serve essere esperti, conoscitori, bevitori o sommelier, basta lasciarsi andare alla linfa che scorre in queste pagine e che ci trascina da un tralcio di vite a una diversa visione dell’ambiente e della natura, a un’ecologia tutta da costruire”. Confermo. Io esperta non lo sono neppure lontanamente, so solo che mi piace bere e mi piace chi il vino lo fa con rispetto di natura e territorio, senza artifici e senza veleni. Ovviamente non l’ho messo ancora nella mia lista dei letti e consigliati, che mi scordo sempre di aggiornare, uff. Ma ce lo metto a breve, insieme ad altri che mi sono molto piaciuti!
Ciao Cla leggerti è sempre un piacere!
Ti abbraccio
Anto
E per me è sempre un piacere averti qui, grazie di cuore!!
Un abbraccio a te.
ho riletto adesso questo post, da un link dell’ultima newsletter del 2022…come riesci a raccontare un piatto tu, claudia…pochi davvero!!!
e mi hai ricordato la senape!! questo condimento che mi scordo sempre e che invece mi piace tanto…ho deciso di rileggere un tuo post ogni settimana, segnandomi le ricette, i consigli e le idee se accadrà che non sono di stagione…e cercando di realizzare almeno una volta a settimana un piatto col cuore e l’anima, che sembra quello che ci metti te 🙂
Daniela, grazie!!!
Mi fa tanto piacere questo commento <3.
Il mio archivio è sempre a disposizione ;). E a proposito di senape, già ti suggerisco a questo punto la ricetta per autoprodurla, se non la fai già e non l'hai già letta (anche dentro questo articolo in realtà è linkata)...è di una facilità disarmante. La trovi qui.
A prestissimo!
io di solito faccio la maionese veg alla senape…non sono una fan dell’aceto 🙂 però mi hai ricordato di usarla…sono anni!! ma perchè ci abituiamo così facilmente ai sapori piatti? a proposito di sapori, te come te la intendi col cumino? hai mai provato ad aggiungerlo alla maionese?
Beh, secondo me l’aceto è una cosa e la senape un’altra…quando i sapori si mischiano, diventano una cosa nuova! Quindi capita facilmente che chi non ama l’aceto ami la senape ;).
Il cumino e io ci intendiamo parecchio, è tra le mie spezie preferite (tant’è che a MondoMangione ho preso il bussolotto grande formato di LiberoMondo! ;)). Lo uso molto spesso nell’insalata di cavolo rosso, nelle sue mille declinazioni, nelle insalate di finocchio, come anche nelle vellutate. Alla maionese non l’ho mai aggiunto (non la preparo quasi mai), ma secondo me può starci benissimo!