Farro monococco con pesto e datterini bicolor: viva la diversità!

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Questa ricetta è da un sacco di tempo che voglio passarvela, e la scoperta dei datterini gialli è stata la spinta definitiva a condividerla. Che il primo pomodoro arrivato in Europa fosse giallo e non rosso l’avevo già sentito. Che da qualche tempo la sua coltivazione si fosse nuovamente diffusa pure lo sapevo. Non mi era ancora mai capitato però di trovare questa bella varietà dalle mie parti. Poi uno degli ultimi giorni di agosto, mentre passavo in bici sul corso del mio paese diretta in posta a pagare la bolletta con mooolta lentezza, che la salita d’ingresso alle mura è tosta e arrivo sempre con un certo fiatone, ho notato un cestino di datterini gialli ben esposto davanti all’alimentari della signora bionda, che spesso e volentieri propone qualche chicca a chilometro zero. “Pomodori gialli biologici coltivati ad Asciano, antica varietà”, diceva il cartello. “Maddai!”, dico io. E una volta riempito il mio sacchetto di carta, chiedo alla signora se a coltivarli fossero Gli orti di San Leonardo, che ha i campi proprio davanti casa mia, oltre il fiume. E lei mi risponde “Ma no, li fa Andrea!”, che sarebbe il compagno di una delle splendide donne della cooperativa Biancane con cui collaboro ogni tanto per gli eventi inerenti cucina ed erbe qui ad Asciano. Sapevo che di cose buone ne coltivano nel loro grande orto, ma questa proprio mi mancava! Così mi sono autoinvitata al loro campo per scattare un po’ di foto alle piante ormai malconce e raccogliere qualche altro pomodorino, per conservare i semi e magari piantarli l’anno prossimo, chissà dove visto che tra un po’ trasloco ma ancora non so dove vado. Poi alla fine ho fatto soltanto le foto e i pomodorini non li ho raccolti, che ormai era un po’ tardi per selezionare delle buone piante da seme. Ma grazie a Laura so dove trovarli 🙂
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Capirai, e che cambia tra un pomodoro giallo e uno rosso?! Ad un’occhiata superficiale non molto, colore a parte. Già assaggiando però, la differenza è nettamente percepibile: il datterino rosso che prendo da Marcello e Lucy, squisito e altrettanto buono e giusto, ha un sapore totalmente diverso dal datterino giallo: principalmente la grande differenza sta nell’acidità, che nel giallo è bassissima, il gusto è estremamente delicato. Non è né meglio né peggio, è solo diverso. E credo sia in questa parola che sta la chiave del discorso: è DIVERSO. Ne so ben poco di agronomia, della riproduzione delle piante, delle modalità di selezione delle orticole. Quello che so dalle mie letture, però, è che questa selezione è diventata via via sempre più ristretta, orientandosi verso il predominio assoluto di pochissime varietà, a discapito delle millemila altre esistenti e ormai in via di estinzione. A istinto già la cosa non mi piace, perché mi pare proprio che la natura non lavori così, ma il mio istinto non ha nulla di scientifico. Di recente però ho letto un libro splendido, che è “La botanica del desiderio” di Michael Pollan, che spiega in alcuni passaggi quanto questa diversità, nei secoli e ancora oggi, abbia salvato le chiappe a chi basava la propria sussistenza su immense monocolture di una singola varietà di pianta. É un po’ lungo e complesso da spiegare qui, ma il concetto è che la natura ha bisogno di mescolanza genetica, ha bisogno di rinnovarsi continuamente per seguitare a prosperare. Quando una varietà viene riprodotta sempre uguale a sé stessa, circondata per chilometri da altre piante della stessa varietà, prima o poi andrà a finire che se la passerà male. Mentre lei rimane immutata, ad esempio, i parassiti evolvono, e trovano nuovi modi di attaccarla, sviluppando resistenze ai sistemi di difesa che la pianta si è ingegnata a costruire proprio contro quei parassiti. Non è un caso se la moderna agricoltura, basata sulla monocoltura e sull’utilizzo di pochissime varietà di piante, sia sempre più dipendente dall’uso massivo di pesticidi: la pianta non è più in grado di difendersi da sola e i parassiti si specializzano sempre di più nelle tecniche di attacco. In un altro libro che si chiama “Verde Brillante”, di Stefano Mancuso e Alessandra Viola, ho letto che anticamente il mais aveva nel suo corredo genetico la difesa innata contro il suo principale parassita, la Diabrotica virginifera: quando la radice della pianta veniva attaccata, era in grado di secernere una sostanza che richiamava il principale predatore del suo nemico. La lunga selezione che ha portato alle moderne varietà di mais ha privilegiato la resa elevata e la grandezza delle pannocchie, tralasciando altre cose, tra cui questa naturale resistenza, causando danni ai coltivatori stimati in un miliardo di dollari l’anno a livello mondiale. Tramite l’ingegneria genetica ora esiste una varietà di mais nella cui radice è stato reintrodotto il gene perduto, prendendolo in prestito però non da una pianta sorella, ma da una di un’altra specie (cosa che la natura non fa mai…ci sarà una ragione, no?!).
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L’Irlanda, la prima nazione in Europa a basare la sua sussistenza sulla coltivazione della patata, è stata devastata a metà del 1800 da una terribile carestia, che ha portato alla morte per fame un irlandese su otto. Questo perché le loro immense monocolture di una singola varietà di patata non hanno potuto in alcun modo fronteggiare l’arrivo da oltreoceano della peronospora, che nel giro di poche settimane ha ucciso tutte le piante. Gli scienziati dell’epoca sono arrivati fino alle Ande, luogo d’origine della pianta, per trovare nuovi geni resistenti al parassita: lì le popolazioni indigene non hanno mai avuto questo genere di problemi, forti della loro immensa varietà di patate coltivate sui terreni terrazzati delle montagne.
Per concludere, credo che l’idea di preservare la biodiversità sia tutt’altro che un’attitudine new-age e modereccia, come tante volte viene fatta passare. Ho la netta sensazione che sia qualcosa di davvero importante, qualcosa da cui dipende il futuro di tutti. E credo che le piccole e medie aziende agricole virtuose, che hanno a cuore questa tematica anche al di là del loro portafoglio, progetti come quello di Archeologia Arborea, e semplici piccoli coltivatori, che nella loro terra scelgono di piantare diversità, siano da sostenere il più possibile. Quindi ben venga il pomodoro giallo nell’orto di Andrea e Laura, ben venga chi custodisce i loro semi, ben venga questo farro monococco al pesto, arricchito da pomodorini arrostiti colorati.
A proposito di pesto! Qualche aggiornamento sul mio vaso di basilico: se la passa decisamente meglio rispetto agli anni scorsi, in cui le piantine, non appena iniziavo a cimarle, morivano tutte miseramente. Quest’anno invece ributtano! Lo stelo è più forte e si ramifica, ma credo che fosse necessario diradare le piante ancora più di come ho fatto, non è lo stesso basilico che guardo con invidia nei campi dei miei produttori o nei vasi di alcuni amici più dotati di me. Vediamo come va l’anno prossimo!
Anche questa ricetta l’ho presa da Il gusto della gioia, lo stesso libro della pasta di zenzero di un paio di settimane fa. Da quando l’ho provata la prima volta, già da qualche anno, è diventata un classico in casa mia, uno dei primi piatti che cucino all’arrivo dei pomodori e uno degli ultimi quando la loro stagione se ne va (mi è poi venuto in mente che si possa continuare a prepararlo anche nella stagione fredda con i pomodori secchi, usandone un po’ meno, visto il loro sapore concentrato e deciso). Se avete il pesto già pronto in congelatore o in frigo ci vuole davvero poco a prepararlo, è un piatto molto nutriente e appagante. Potete usare il farro classico, ma il monococco, lo sapete, secondo me è troppo più buono. Ho usato le ultime scorte di quello del Pereto, quindi Barbara, non so se stai leggendo, sappi che mi vedrai presto!
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Un’ultima cosa, per gli interessati: fossi in voi leggerei il libro, che è troppo più bello e completo (io credo lo rileggerò una ventina di volte), ma se volete di “La botanica del desiderio” è stata fatta anche una versione video, in inglese: cercatela sul web se vi interessa, col titolo The Botany of Desire.
Ah, e scusate le foto mezze sfocate e poco definite…tra tutte le cose inutili che potevo dimenticare a Roma dopo il mio ultimo viaggio, ho pensato bene di lasciare il caricabatterie della mia macchina fotografica. E a quanto pare le ottiche della mia vecchia 30D hanno proprio perso colpi!

// Farro monococco con pesto e datterini bicolor //

°° Ingredienti °°

  • 400 grammi di farro monococco o dicocco
  • qualche bella cucchiaiata di pesto
  • tre manciate di pomodori datterini (o due di pomodori secchi in inverno)
  • olio e.v.d’oliva
  • pepe nero macinato al momento
  • sale marino integrale
Farro monococco con pesto e datterini bicolor: viva la diversità! 1Mettete il farro in una pentola con acqua fredda pari al doppio del suo volume, anche un pochino di più nel caso del monococco. Portate a bollore, salate e lasciate cuocere a fuoco basso e col coperchio appoggiato per il tempo necessario a far assorbire tutta l’acqua e rendere morbido il farro. Ricordatevi di mescolare spesso verso fine cottura.
Farro monococco con pesto e datterini bicolor: viva la diversità! 1Mentre il farro cuoce arrostite i pomodorini: tagliateli a metà e disponeteli su una teglia coperta di carta da forno con il lato tagliato rivolto verso l’alto. Irrorate con olio, sale e pepe nero macinato al momento e infornate a 180° per circa 10-15 minuti. Attenzione che bruciano in fretta! Se i pomodori non sono di stagione, usate i pomodori secchi: invece di arrostirli, metteteli a reidratare in acqua tiepida per 15 minuti, strizzateli molto bene e tritateli grossolanamente. Se fate questa operazione con un po’ di anticipo potete usare l’acqua di ammollo per cuocere il farro.
Farro monococco con pesto e datterini bicolor: viva la diversità! 1Quando il farro è cotto mettelo in una ciotola capiente, conditelo con il pesto e aggiungete i pomodorini arrostiti. Mescolate bene e servite caldo o tiepido.
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15 commenti su “Farro monococco con pesto e datterini bicolor: viva la diversità!”

  1. Al di là che a furia di citare questo libro mi hai definitivamente convertito all’acquisto … e poi mi solleva il pensiero che non sarò l’unica a metter pomodori nel prossimo post!!! Pensavo di esser decisamente fuori tempo, dopo tutta l’estate che si vedono pomodori in ogni dove, ma vedo che sono in ottima compagnia!!!
    Sempre più in sintonia tra streghette 😉
    un abbraccio e buona settimana colorata!!!

    1. Uuuh, Martina, quel libro è bellissimo!! Che poi ho scoperto che l’autore (buongiorno Claudia) è piuttosto conosciuto, potresti trovarlo anche in biblioteca, senza per forza comprarlo. Poi però secondo me lo compri lo stesso per rileggerlo quando vuoi!
      Io finché trovo i pomodori dai miei produttori mi sento sempre in tempo…sono loro il mio orologio stagionale 🙂 E comunque, se leggi Daria qui sotto, sembra essere la settimana dei pomodori, ehehehe…
      Un abbraccio a te streghetta!

  2. Come sempre approfonditissimo il tuo post! Io i pomodorini gialli li ho nell’orto da un paio di anni, pensa che me ne avevano spediti per posta e da quelli ho ricavato i semi. Come dici tu sono diversi, più polposi e meno acidi, insomma un’altra cosa. Come pure sono diversi i neri e quelli screziati di verde che sembrano dei mini cocomeri quando non sono maturi. A breve riceverò i semi, se ti servono te li posso spedire…
    PS: anch’io ho i pomodori protagonisti della mia ultima ricetta… 😉

    1. Grazia Daria, ormai mi conosci 🙂 E le tue sfoglie di pomodori le avevo intraviste ieri su facebook, sembrano molto invitanti, passerò a guardare meglio. E, beh, dei buoni semi non si rifiutano mai…speriamo di avere dove piantarli però! Sei gentilissima, grazie <3

  3. ben tornataaaaaaaa!
    dunque dunque … è bellissimo quello che scrivi, soprattutto perché citi produttori e libri ed io clicco e vado a vedere… sai che anche qui c’è una azienda fantastca che coltiva farro? Prometeo! e fa pure monococco! 😉 io lo adoro… il mio babbo è già il secondo anno che pianta una varieta di ciliegino viola dolcissimo, un poco più delicato perché ha buccia sottile sottile e si rovina molto più facilmenta, ma dolcissimo, pensa che questo fine settimana tre ragazzi palermitani son stati ospiti da me e non lo conoscevano ed è piaciuto moltissimo… 🙂 proverò a farla con questi, perché io non so se riesco a trovare i datterini gialli… anche se in realtà ho scovato una ditta che li mette in barattolo sia gialli che rossi… chissà … non saranno come freschi, però…
    comprerò tutti i libri credo…. eheheheeeee
    di mais ce ne sono milleemila tipi e soprattutto mille e mila COLORIIIIIII!!!!!
    CIAO CIAO MITICA AMICA!

    1. Ciao Emanuela, grazie!
      In effetti il l’uso del pomodoro giallo era solo uno spunto per parlare di biodiversità, puoi usare i pomodori che preferisci, anche tutti rossi. O tutti viola 🙂

  4. Non so se amare di più i datterini gialli o la ciotolina… 🙂
    E’ bello riaffiacciarmi dopo la pausa estiva, leggere le tue parole sempre dettagliate e lasciate con cura ed entusiasmo, trovare tutto familiare e vicino come se non fosse passato un giorno… sono attratta dai nomi dei libri, “La botanica del desiderio” e “Il gusto della gioia”, potrebbero essere dei titoli di post, spunti da cui partire… 😉
    Dobbiamo sentirci in privato, ci sono racconti e novità che bussano… ma intanto ti rubo qui un abbraccio forte e colorato come la tua ricetta!

    1. Bentornata Francesca!! Stavo proprio aspettando che tornassi da Venezia per contattarti in chat, volevo proprio sapere della tua estate. E non avevo capito che sul tuo blog saresti tornata il 20 settembre, non si sa quanti ingressi ti ho fatto domenica, per andare a vedere se ci fosse qualcosa di nuovo!!!
      E’ vero, quei titoli sono tutto un programma, e la ciotolina…beh, fa anche rima, viva la mamma! 😉
      P.S: Questa cosa dei puntini di sospensione però non l’ho capita…sono certa che quando mi spiegherai mi sentirò un’idiota :-/

      1. Vedi che ci sono degli spazi bianchi, nel testo del mio commento ma anche nel tuo? In realtà in quegli spazi dovrebbero esserci i puntini di sospensione che abbiamo digitato, che però non si leggono e non si vedono proprio…

  5. A me il diverso, in natura come tra le persone, è sempre piaciuto. E non è per fare la piaciona a tutti i costi o per voler aver qualcosa di esclusivo di cui parlare.
    Come sempre ci ritroviamo in pieno su questi discorsi e in questi ultimi anni vedo e sento un sacco di realtà che hanno compreso l’importanza di questa diversità e questa cosa mi risolleva parecchio.
    I datterini non sono riuscita a piantarli, ma ho qualche pianta di un pomodoro giallo più grosso, farro ne ho, che altro potrei dirti se non che proverò sicuramente la tua insalata?!
    P.s. Grazie per lo spunto letterario,non conoscevo questi libri!

    1. So bene che il tuo non è un parlare modereccio, ma qualcosa che trova riscontro e concretezza nella vita di tutti i giorni. E pure io sono ben contenta di vedere la stessa cosa in altre realtà, come dici tu.
      Per la ricetta ti consiglio dei pomodori piccoli, anche non gialli 🙂 Ma se non li hai andranno benissimo quelli più grandi tagliati a pezzetti. E per quanto riguarda i libri…meritano! Come dicevo a Martina poco su credo si trovino facilmente anche in biblioteca, io me ne sono fatto portare un altro di Pollan dal mio amico bibliotecario proprio oggi, credo diventerà uno dei miei autori preferiti!

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