Mi capita sempre più spesso ultimamente di guardare al mio piatto e alla tavola mentre mangio e di rendermi conto che di pressoché tutti gli ingredienti che compongono le portate posso individuare la provenienza: produttori che ho conosciuto personalmente e campi che ho visto coi miei occhi, spesso a pochi chilometri da casa mia. Preparo dei crostini e un’insalata, li porto a tavola, e vedo la strada che hanno fatto tutti i singoli elementi del mio pasto per arrivare fino a lì.
I fagioli cannellini del Podere Pereto, quelli del raccolto di quest’anno: morbidi, cedevoli, saporiti. Coltivati in alternanza con i grani antichi, nei pressi degli uliveti, puliti e confezionati direttamente in azienda, da mani con cui ho condiviso tazzine di caffè e torta fatta in casa. Guardo i fagioli ViviVerde Coop in offerta sullo scaffale, qualche giorno dopo. Sulla fogliolina del marchio di certificazione bio leggo: “Agricoltura non UE”. Mi ricordo bene la puntata di Report di poche settimane fa. E in ogni caso mi chiedo perché un pacco di fagioli mi debba arrivare da così lontano, visto che sono in una terra assolutamente vocata a questa coltura.
Il cavolo nero di Marcello e Lucy, che hanno coltivato anche la canasta e la gentilina che sono nella ciotola dell’insalata accanto al mio piatto, insieme al cavolo cappuccio rosso tagliato a listarelle sottili, e l’aglio che profuma il pane bruschettato. Sono loro, per me, a segnare le stagioni. A dirmi quand’è tempo di pomodori o se un peperone può ancora finire nel piatto a novembre. “Finché non gela, noi si raccoglie”, mi dicono. E vai di peperone finché ce n’è.
Il pane di Giovanni Cerrano, impastato e cotto in Val d’Orcia con i grani antichi coltivati in Val d’Elsa, a rotazione con la canapa di sua sorella Sofia, che ho raccolto insieme a lei quest’estate. Uno dei pani più buoni che abbia mai mangiato, di cui non posso più fare a meno. Anche perché, lo sapete, del mio pane non riesco ad essere soddisfatta, ma prima o poi…
L’olio nuovo, quello di Sandro, l’amico dei miei che ha la tabaccheria davanti alla Stazione Termini, dove ho lavorato sotto natale in un inverno lontano. Quello delle sue piante in Sabina, quello che “Oh, Cla, questo non è naturale, dde ppiù!”. Quello che sono appena scesa a prendere giù a Roma, insieme alle passate di pomodoro molisane di cui raccontavo qui.
La Salvia, varietà regula, di Piante Officinali San Marco ad aromatizzare i fagioli, la salvia più profumata e saporita che abbia mai utilizzato in cucina. Quella che cresce vicina al mio tragitto casa-lavoro, verso la fine della strada collinosa, nel mezzo dello splendido panorama delle crete senesi.
L’aceto di mele di Podere Fontecornino, che insieme all’olio nuovo condisce l’insalata, quello di Micheal e suo padre Martin, altoatesini trapiantati a Montepulciano. Quello ottenuto direttamente da quei meleti che ho visitato qualche anno fa, quando mi occupavo di un progetto che non ha mai visto la luce. E forse tanto meglio così, mi dico ora.
Mi manca giusto di visitare le saline di Mothia, in Sicilia, per completare il quadro del piatto di oggi. E le coltivazioni di pepe nello Sri Lanka, un pochino fuori mano. Direi che posso accontentarmi lo stesso. Anche se un bel giro in Sicilia me lo farei pure domani; nello Sri Lanka dopodomani 🙂
Pochi soldi in tasca, ma sul cibo non voglio risparmiare. Credo sia troppo importante, per noi, per il nostro territorio e per molte ragioni già affrontate su questo sito, ad esempio qui o qui, scegliere un cibo il più possibile locale, coltivato senza veleni e senza impoverire il suolo, che rispetti e preservi al suo meglio la diversità della vita. Rattoppo quello strappo sui jeans e rimetto i cannellini non UE sul loro scaffale. Non posso essere sempre in linea con i miei principi, degli strappi alla regola devo farli anche io, quando quelli sui jeans iniziano a essere troppi. E anche in altre occasioni, senza alcun bisogno di giustificarmi con me stessa. Ma oggi nel piatto non c’è nulla che non conosca in maniera diretta, e il mio pasto mi sembra il più buono di sempre.
Anche perché, al di là di tutto, questi crostini sono eccezionali! Mi è capitato qualche settimana fa di improvvisare delle bruschette con cavolo nero saltato, durate un pranzo con amici ospiti a casa mia per un paio di giorni. Mi sono piaciute un sacco e dicevo al mio lui: “buone davvero, ma gli manca qualcosa, ho la sensazione di un altro ingrediente che ci starebbe benissimo….”, ma non riuscivo a visualizzarlo, e lui mi dice “fagioli!”. E certo, che scema, un classicone della cucina toscana, mi dico col bicchiere vuotato dal vino e la mente un po’ annebbiata. Ma che non mi era ancora capitato di assaggiare da nessuna parte, né tantomeno di preparare a casa. Credo mi ricapiterà spesso da oggi in poi, vediamo se piace anche a voi.
// Crostini con fagioli cannellini e cavolo nero all’olio nuovo //
°° Ingredienti °°
- 4 fette di buon pane
- 200 grammi di fagioli cannellini
- un mazzo di cavolo nero
- uno spicchio d’aglio
- qualche foglia di salvia
- olio e.v.d’oliva
- pepe nero macinato fresco
- sale marino integrale
Mi piace la rete di produttori e agricoltori che hai tessuto in questi anni, è un bel modo di conoscere da vicino il cibo e di avere un legame forte con il territorio, quello che un po’ manca quando si abita in una grande città come Roma! Io ho i miei banchi di fiducia al mercato e i negozi che mi vedono sempre, solo che non c’è la stessa “poesia” di quando si vive in campagna, secondo me, è un tipo di relazione diversa!
Sorrido perchè le saline sicule le ho visitate per ben due volte e sono splendide, con i loro mulini e le loro montagne di sale, uno spettacolo che spero ti concederai prima o poi, con macchina fotografica al collo!
Gli ingredienti dei tuoi crostini li uso spesso per fare una zuppa, ma adesso vorrei la consistenza croccante del tuo pane, anche perchè con 20 gradi l’idea di una bruschettina ci sta tutta! 🙂
Anche io li uso spesso per la zuppa: qui sul blog c’è già una (vecchia) ricetta proprio con cavolo nero e cannellini, e quando ho cotto i fagioli per i crostini ne ho fatti in abbondanza anche da mettere in pentola con le verdure che avevo in frigo…ne è uscita una zuppa densa e deliziosa!
Prima o poi ci tornerò in Sicilia…per ora di saline ho visitato quelle della Camargue, rosa come i fenicotteri che sorvolano la zona, una meraviglia!
Citi la splendida isola di Mozia, ed essendoci stato l’estate dello scorso anno, consiglio vivamente la visita, specie per chi è affascinato dalla storia antica. Le saline però le puoi trovare sulla prospiciente costa di Marsala. Luoghi incantevoli che al tramonto si tingono di colori magici.
E viva anche il cavolo nero!
Ciao Sergio! Grazie del consiglio, è tanto che voglio fare un bel giro a Sud, e quella è una delle tappe che mi piacerebbe inserire. E il cibo non sarebbe secondario nella scelta delle destinazioni: anche da quel punto di vista, se ben mi ricordo, la Sicilia ha moltissimo da offrire!