Torta salata con cime di rapa e radicchio

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Lo scorso lunedì (ormai due lunedì fa, che questa settimana pubblico in ritardo) sono uscita per andare a lavorare la mattina, sul presto. Il cielo era azzurro e limpido e il sole aveva una luce e un calore tutto particolare. All’interno della bottega in cui svolgevo il mio turno mi rendevo conto che ogni tanto avevo bisogno di levarmi il maglione e che non sentivo la necessità di accendere la stufa. Sono uscita per tornare a casa che erano quasi le 14 e ho capito perchè: faceva un caldo incredibile per questa stagione, gli studenti giravano in felpa, alcuni addirittura in maniche corte. Io ho dovuto spogliarmi sempre più man mano che camminavo, per non sudare. Il termometro della mia macchina segnava 22°. Era il primo di febbraio.
È bello, sì, una giornata di sole caldo nel mezzo dell’inverno. Sentire gli uccellini cinguettare come se fosse primavera e vedere i prati riempirsi di margherite. Ma questa condizione, quest’anno, si sta protraendo un po’ troppo a lungo. E lo scorso inverno è stato solo leggermente più freddo di questo. Che dire poi dell’estate che c’è stata di mezzo? Ricordate tutti quanto fosse difficile mettere il naso fuori di casa tra le 10 e le 18, il rischio di sciogliersi a terra era troppo alto.
Mentre camminavo sotto quel sole lunedì ero tutt’altro che serena, forse in controtendenza rispetto alla maggior parte di chi mi passava accanto, felice di godersi quella passeggiata tardo-primaverile a inizio febbraio. Speravo che le gelate di gennaio avessero messo fine a questo periodo di caldo anomalo, ma non è stato così. Le mimose sono fiorite già da un mese. Vorrei poter dire a quegli uccelli che non è prudente cantare e costruire nidi proprio ora, poter dire alle foglie di restare nelle loro gemme, ai fiori nei loro boccioli. Agli asparagi selvatici (sì, qualcuno in giro li sta già raccogliendo) che è troppo presto per germogliare.
Amo il sole, amo i fiori, il verde, il calore della primavera, ma anche il gelo dell’inverno. Amo l’equilibrio meraviglioso delle stagioni, e non sopporto di vederlo andare in pezzi.
Tra i lavori che faccio uno consiste nell’andare in giro a casa della gente e raccogliere dati per conto dell’ISTAT rispetto ai loro consumi, a quello che spendono insomma, inclusa la loro spesa alimentare per due settimane, in modo estremamente dettagliato. Inizio a scrivere questo post proprio in una lunga pausa tra un’intervista e l’altra. Perchè vi dico questo? Per dirvi che in oltre due anni mi sono fatta un minimo un’idea di quello che sono mediamente le spese alimentari, almeno nella mia piccola zona di competenza. Non avete idea di quanta gente compri i pomodori a gennaio. Sono i più gettonati tra gli ortaggi estivi fuori stagione, seguiti a ruota dalle zucchine, dai peperoni, dalle melanzane. Questo accade indipendentemente dalla fascia d’età dei consumatori, e anzi, sono spesso i più anziani a sembrare essersi dimenticati come funziona la terra, nonostante le radici contadine di molti degli over ’70 da queste parti. Leggevo un post di Sonia tempo fa su facebook in cui diceva quanto amasse comunicare rispetto al cibo agli anziani, perchè le sembrava fossero stati i più fuorviati dalla rivoluzione agricola degli ultimi 50 anni, in combutta con la lobotomia televisiva. Purtroppo non sono i soli.
Sto leggendo molto ultimamente rispetto alla produzione di cibo nel mondo e al suo impatto ambientale, etico e sociale. A ognuno di questi livelli il suo peso è devastante. In pochi se ne rendono davvero conto, nel nostro occidente apparentemente sano e florido. Molti contadini del sud del mondo, che si ritrovano pieni di debiti fino a non poter reggere più o a vedere la propria terra trasformarsi in un deserto, se ne sono accorti già. Magari questo clima impazzito è davvero un’avvisaglia che qualcosa sta cambiando rapidamente, e forse potrebbe essere uno dei primi campanelli d’allarme capaci di far svegliare le masse. Ammesso che ci sia rimasta un briciolo di sensibilità per rendercene conto.
Sto leggendo tanto, sì, su questi temi, e più leggo più sono piena di domande. Ognuno presenta una versione diversa delle cose, ed è difficile trovare la verità in mezzo a tanti punti di vista e dati apparentemente incontrovertibili. Sto ragionando molto, cercando di mettere da parte qualsiasi identificazione e idea pregressa sul mio modo di mangiare. Sto mettendo in dubbio tante cose. Qualcuno mi dice che la conoscenza porta solo maggiore confusione, che a un certo punto è necessario affidarsi solo a sé stessi e alla propria percezione del mondo. Forse è così, ma continuo ad averne sete.
Quello che so per certo è che mangiare pomodori a gennaio ha un impatto ambientale decisamente diverso rispetto a quello che ha il mangiare cavoli, prìncipi della stagione fredda. Un impatto almeno 10 volte maggiore, e su questo tutte le fonti concordano. E non solo sull’ambiente, ma anche sul nostro corpo, come scrive ad esempio il dottor Alberto Fiorito nell’introduzione al libro Verdura di Gribaudo, quello per cui ho curato le ricette e di cui vi ho raccontato qui. La nostra fisiologia si è adattata nei secoli al cambio stagionale e agli alimenti che accompagnano ogni periodo dell’anno, che sono esattamente ciò di cui abbiamo bisogno. Consumare in abbondanza un particolare alimento al di fuori della sua stagione stimola i processi infiammatori del corpo, oltre a non darci granché a livello nutritivo. Come scrive Fiorito: “Quando siamo pronti ad affermare con un certo disappunto che “questi pomodori non sanno più di nulla” dovremmo ricordare che con il loro acquisto ci siamo resi complici di un sistema sbagliato.”
Il nostro gusto è ormai dettato dal grande mercato alimentare, edulcorato dai nuovi ibridi sempre più dolci, come evidenziato in un’interessante articolo apparso su Internazionale lo scorso ottobre che vi linko qui. Credo che ormai non sarà il palato a guidare una nuova rivoluzione alimentare: la maggiorparte dei palati non è più in grado di percepire ciò che fa bene al corpo a cui appartengono. Credo sarà invece l’informazione, quella vera, il lavoro di persone che abbiano il coraggio di approfondire davvero i problemi, di andare al di là delle ideologie e delle divisioni. E della superficialità imperante che aleggia sulla maggior parte delle pagine internet e delle trasmissioni tv. Sono grata a chiunque abbia la forza di percorrere quel cammino e condividerlo col mondo.
L’informazione vera e forse qualche cataclisma che faccia svegliare chi vorrebbe continuare a dormire, facendogli capire che è questo il mondo in cui cresceranno i suoi figli e i suoi nipoti. Che l’abbiamo maltrattato troppo a lungo e che sta iniziando a chiederci il conto. Scusate se oggi sono così catastrofica, ma a volte mi cadono le braccia.
Sono ben lontana dalla perfezione, ma nel mio piccolo cerco di fare del mio meglio, e cerco con tanta umiltà di comunicare rispetto all’importanza del mangiare di stagione, il più possibile locale e senza veleni. Ci sarebbe ancora tanto da parlare, su quanto ogni nostro boccone abbia un’impatto spaventoso. Ma voglio concludere regalandovi, oltre alla mia ricetta di oggi, questo video bellissimo che racconta in breve una delle tante esperienze di Food Forest presenti nel mondo, forse una delle più grandi, in Brasile. Io ci vedo il futuro della produzione alimentare qua dentro, forse l’unico futuro possibile.

Oggi vi preparo una torta salata. Un po’ perché credo che se continuo a propinarvi dolci mi manderete a quel paese, visto che da gennaio non ho fatto altro (persino il pane era da colazione!). Un po’ perchè questa che vi dò è una base versatile, che può essere preparata velocemente e in modo semplice ed essere riempita con quello che la stagione regala, a piacimento. Un po’ anche perchè mi è stata richiesta già diverse volte da una cliente fissa di Mondo Mangione, che ora gira spesso anche da queste parti, e ormai gliel’ho promessa.
Ho impastato la base con la farina di grani antichi del Pereto, che conoscete ormai molto bene (per i nuovi arrivati, andate a conoscerli qui), con l’olio che produce in Sabina un amico di famiglia, che l’unico trattamento che riserva ai suoi ulivi è la potatura, unita a qualche sguardo amorevole, e un fondo di Chianti dei miei ex vicini di casa, il Podere Fornaci di Sotto a Castelnuovo Berardenga. Ci ho messo dentro ciò che di più buono ho trovato da Marcello e Lucy questa settimana: i loro dolci porri, l’amaro e colorato radicchio, le superbe cime di rapa, che come le loro non ce n’è (ve le ricordate, sì?). Ci ho aggiunto anche un pizzico di un peperoncino buonissimo coltivato e regalatomi da una partecipante ai miei corsi sulle erbe selvatiche l’anno scorso (i tuoi Cristina, ancora li sto utilizzando!). L’unico vezzo esotico è qualche seme di sesamo nero, regalo di mio fratello dal suo viaggio di nozze in Giappone.
Le dosi sono per una teglia grande da crostata, ma io non ce l’ho, quindi ci ho fatto delle crostatine. Prima o poi me la dovrò prendere ‘sta benedetta teglia…però quanto sono belli questi tortini? 🙂
Vabbè, voi fate come vi pare. Sappiate che il vino rosso potete sostituirlo tranquillamente col bianco, ma anche con l’acqua. E che se vi avanza l’impasto e non sapete come usarlo, potete farne dei grissini, vengono buonissimi. Si deformano in cottura diventando delle grosse virgole (l’impasto è molto elastico!), ma sono croccanti e deliziosi, soprattutto se arricchite l’impasto avanzato con qualche erbetta aromatica.

// Torta salata con cime di rapa e radicchio //

°° Ingredienti °°

  • 300 grammi di farina semintegrale di grano tenero
  • 100 grammi di vino rosso
  • 80 grammi di olio e.v.d’oliva
  • uno spicchio d’aglio
  • un pizzico di peperoncino
  • un porro medio
  • un piccolo cespo di radicchio
  • un piatto fondo pieno di cime di rapa
  • un cucchiaio di semi di sesamo
  • sale marino integrale
Torta salata con cime di rapa e radicchio 1Mettete la farina in una ciotola, unite un cucchiaino raso di sale e mescolate con le mani. Fate un buco al centro e versateci olio e vino. Emulsionateli con le dita e iniziate a incorporare farina dai lati, fino ad ottenere un impasto da lavorare sulla spianatoia. Impastate brevemente, avvolgete la vostra palletta in un foglio di pellicola per alimenti e fatela riposare in frigo per almeno 30 minuti.
Torta salata con cime di rapa e radicchio 1Separate le cime di rapa dalle foglie, che potrete lessare a parte e usare in altri modi. Portate a bollore un po’ d’acqua, tuffateci le cime e scolatele dopo massimo 5 minuti: devono ammorbidirsi ma rimanere di un bel verde brillante.
Torta salata con cime di rapa e radicchio 1Tritate l’aglio e fatelo dorare in padella con l’olio e il peperoncino. Unite il porro tagliato a rondelle sottili e il radicchio a striscioline, un pizzico di sale e lasciate appassire a fuoco basso col coperchio per 5 minuti. Aggiungete le cime di rapa scolate e continuate a cuocere per 3-4 minuti, mescolando per amalgamare il tutto.
Torta salata con cime di rapa e radicchio 1Stendete l’impasto non troppo sottile e foderateci una teglia da crostata (normalmente non serve ungerla, ma se volete passateci un filo d’olio). Fate dei buchini sul fondo con una forchetta e riempitelo con le verdure. Livellate bene e cospargete la superficie con i semi di sesamo. Infornate a 180° per circa 30 minuti, o comunque fino a che l’impasto non sarà dorato.
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10 commenti su “Torta salata con cime di rapa e radicchio”

  1. Nel giardino condominiale ci sono le rose, le mimose sono apparse nelle vie romane e quest’anno ho messo solo due volte il mio cappotto vintage più pesante! In effetti c’è sfasamento (e spaesamento) e una riflessione più profonda rispetto al “che bello che sembra già primavera” va fatta… perchè io ho già il calendario in mano per fare il conto alla rovescia (e per usare il tuo regalo profumato, ehehe) ma non voglio la fretta e che si giochi troppo d’anticipo! Riderai perchè ho pronta una ricetta con il radicchio e proprio ieri, sistemando le foto, mi sono detta “devo sbrigarmi a postarla, se no qui diventa fuori stagione”!
    Detto ciò, a me piace trovare sbuffi di primavera dentro l’inverno, ossia quei dettagli che la evocano, qui rappresentati dai fiori timidi che si affacciano delle tue cime di rape e da quel verde brillante che ben si sposa con il viola!
    E viva le monoporzioni e quelle teglie piccole, le ho identiche, usate per le tortine con le limoncelle! 🙂

    1. Oh, sì, anche io adoro trovare la primavera nell’inverno…ma è se l’inverno scompare che inizio a preoccuparmi.
      In realtà questi stampini non mi fanno rimpiangere la teglia grande, è vero. Solo che ne ho solo 4, quindi o ne prendo altri 4 o mi ci vuole una teglia da crostata!
      Aspetto il tuo radicchio allora, di tempo ne hai ancora un po’ 😉

  2. Giusto ieri passando per il centro di Padova notavo i pruni in fiore… non sei la sola a farti tutte queste domande, ci sguazzo dentro alla grande. Poi quando torna a casa Alice da scuola e mi dice che della sua classe solo lei sapeva dire il nome di ortaggio a radice (pensa neppure la carota hanno detto!) o che alcuni non mangiano neppure un frutto la settimana… hai già capito il nervosismo che mi assale!
    Deliziosa la tua torta salata, ho in casa entrambi gli ingredienti presi in cassetta gigante col gas: non potevo andare meglio! 😉

    1. Io non ho figli Daria, ma credo che se ne avessi e se andassero a scuola avrei molte fonti di nervosismo in più 🙂 Incredibile quello che dici, se ci penso mi rendo conto che nemmeno io avrei saputo rispondere da bambina a quella domanda. E’ da parecchio che questo tipo di conoscenza è stato messo da parte e sostituito con tanta inutilità. Però mi ricordo ancora come se fosse ieri le uscite al parco vicino la scuola ad osservare la rugiada, non me le sono più tolte dalla testa. Questa primavera avrò le mie prime esperienze con i bambini delle scuole locali, per dei laboratori sulla botanica e le erbe. Sono emozionata e anche un po’ agitata, mi sento addosso una grande responsabilità!
      Un abbraccio e a presto 🙂

  3. Ma lo sai che le tue riflessioni sono anche le mie?vedere le foglie secche a terra e al contempo i germogli sui rami non mi piace molto, guardo con sospetto questa primavera di facciata e precoce che non avrebbe ancora nessun diritto da rivendicare ma questo purtroppo sembra ingannare anche gli alberi… figuriamoci le persone! Brava dici proprio bene: pomodori, melanzane, peperoni e zucchine a febbraio dicono molto della mancanza di buon senso anche di chi dice di amare il cibo e anche io non mi spiego come sia possibile, ma basta fare un giro anche sul web per scoprire che parlare di cibo e sapere di cibo sono due cose diverse. Brava Claudia passare di qua è sempre bello!

    1. Grazie Laura! Immagino che col tuo orto del fine settimana il tuo legame con le stagioni sia diventato ancora più stretto…niente come mettere le mani nella terra! Un bacione e a presto 🙂

  4. Ti scrivo adesso, è un po’ tardi lo so,ma su questo tema sai che non posso stare zitta.
    Mi impressiona ogni volta ritrovarmi a parlare ancora di questo argomento come se fosse la prima volta: mi fa sempre la stessa rabbia, mi sconvolge i nervi.
    Mi son trovata a discutere su instagram con una ragazza che esaltava le doti di non so quali pomodori “ecostenibili”…a fine gennaio, ci credi? Ecosostenibili e ne era davvero convinta…certe volte credo che sia una partita persa. Basta guardare quanti lamponi e fragole son stati pubblicati a San Valentino.
    Vabbè, cerchiamo di prendere un’aria più felice: la torta è uno spettacolo!Finchè siamo in tempo cercherò di provarla 😉

    1. Il pomodoro spacciato come ecosostenibile mi mancava, davvero. Non c’è limite all’ignoranza. O alla tendenza a farsi abbindolare dalle tecniche di marketing. Se solo pensi che una marea di marche alimentari “green” sono di proprietà di quelle stesse multinazionali che hanno avvelenato e stanno ancora avvelenando la terra e gli uomini…
      Grazie Manu, apprezzo il tuo passaggio e la tua voglia di lasciare una voce, se subito o in ritardo poco importa 🙂

  5. Ciao Claudia, seguo il tuo blog da diversi anni e rimani la mia blogger preferita! Riguardo a questo post, condivido in pieno le tue riflessioni…combatto ogni giorno a far capire che è importante utilizzare gli ortaggi e la frutta di stagione ancora di più della propria zona sia per le caratteristiche nutrizionali sia per l’impatto ambientale!Comunque proverò sicuramente la tua torta salata…complimenti!

    1. Malvina, grazie!!! Sono onorata dal tuo commento, vista la mole di bei blog che esistono in giro! E sono contenta che anche tu dia il tuo contributo per cercare di far capire l’importanza di certe cose…grazie ancora e a presto!

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