In difesa del cibo

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Chi cucina dispone di una conoscenza degli alimenti che nessuno studio del supermercato o lettura di etichette potrà mai uguagliare. Avendo tolto il controllo del pasto dalle mani degli scienziati e dell’industria alimentare, sa esattamente cosa contiene e cosa non contiene. Non ci saranno problemi con lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, o con i digliceridi etossilati, o con l’olio di soia parzialmente idrogenato, per la semplice ragione che non etossilerà o idrogenerà un bel nulla, né aggiungerà alcun additivo (a meno che, beninteso, non sia quel tipo di cuoco che inizia con una zuppa di funghi Campbell…). Rivendicare questo potere sul proprio cibo, sottrarlo all’industria e alla scienza, non è cosa da poco. Nella nostra epoca cucinare con i semplici prodotti della natura e coltivarne una parte è un atto sovversivo.

Tratto da In difesa del cibo di Michel Pollan

Conclusa la lettura di La botanica del desiderio, di cui vi parlavo qui, ho sentito quel vuoto che solo un buon autore sa lasciare quando viene letta l’ultima pagina di un suo libro e ci si ritrova a non avere più la piacevole compagnia della sua scrittura. Non volendo lasciare Pollan così presto, ho chiesto al mio amico bibliotecario di portarmi altri suoi testi (non gli sarò mai abbastanza grata per i viaggi fino al centro di Siena che mi ha risparmiato!), e ho iniziato proprio da In difesa del cibo. Il libro tratta dei danni che la sofisticazione del cibo, portata avanti da fine ‘800 in poi, ma soprattutto dagli anni ’50 del ‘900, ha causato alla salute della popolazione occidentale, e di come la scienza della nutrizione si sia trasformata nemmeno troppo gradualmente in nutrizionismo, ossia in un’ideologia, che incolpando questa o quella sostanza (prima i grassi, poi i carboidrati, poi l’altro cattivo di turno) di essere la causa di tutti mali, fondamentalmente replica lo stesso modello malato all’infinito con piccoli cambiamenti nella formula.

In realtà tutte queste teorie (a parte il fatto di soddisfare la nostra legittima curiosità) hanno interesse non tanto per il consumatore, ma per l’industria alimentare e la comunità medica. Gli industriali ne hanno bisogno per vendere meglio: ogni nuova ipotesi nutrizionale infatti genera una nuova gamma di alimenti trasformati. Questo permette loro di ritoccare leggermente i loro prodotti senza mettere in discussione il modello che è alla base del business. Per l’industria è di gran lunga preferibile avere una giustificazione scientifica per trasformare ulteriormente gli alimenti – o riducendo i grassi o i carboidrati o aumentando gli omega-3 – che considerare seriamente la possibilità che le sue manipolazioni siano una parte non trascurabile del problema.

É proprio questo che nel libro si cerca di comunicare: il problema non è legato a questo o quel nutriente specifico, ma alla manipolazione degli alimenti, cosa su cui mi trovo completamente d’accordo. Così come una pianta medicinale è molto più della somma dei suoi principi attivi, un alimento integrale è molto più della somma dei suoi macro e micro nutrienti. La ricerca scientifica ancora non riesce del tutto a spiegare perché sia così, ma fatto sta che, ad esempio, l’acido salicidico presente nella corteccia di salice non ha lo stesso effetto se assunto tramite la corteccia intera o se isolato e somministrato in compresse. L’effetto della corteccia sarà ben più efficace, e soprattutto privo di effetti collaterali, al contrario del principio attivo isolato: qualcos’altro nell’equilibrio complesso e meraviglioso della pianta riesce a mitigare questi effetti, arricchendone allo stesso tempo il potere terapeutico. Il discorso è esattamente lo stesso se parliamo di cibo: quando a fine ‘800 sono stati introdotti i cilindri per la macinazione dei cereali, è iniziata l’era delle farine raffinate; poco tempo dopo l’entrata in circolazione di queste nuove farine, ci si è accorti di qualcosa: il complesso di vitamine del gruppo B presenti della farina integrale e semintegrale, nella farina bianca si era notevolmente ridotto fino quasi a scomparire. Negli anni ’30 i mugnai hanno iniziato ad aggiungere vitamine del gruppo B alla farina, un po’ come al sale raffinato si aggiunge lo iodio (che nel sale marino integrale è invece naturalmente presente). Ma il problema non è reintegrare le sostanze perse, quel cibo ormai non è più lo stesso, e difficilmente riusciremo ad assorbire quei nutrienti come faremmo dall’alimento completo. E le vitamine del gruppo B sono solo un esempio dei moltissimi elementi che vengono perduti nella raffinazione.
Sono sempre più convinta che, se ci si approccia al cibo dal punto di vista della salute, sia questa la cosa più importante da considerare. Non la quantità di carboidrati, proteine o calorie, non l’attenzione ossessiva per i grassi o per gli zuccheri: semplicemente assicurarsi di mangiare cibo vero, cibo che abbia subito il minor numero di modificazioni possibili prima di arrivare nel nostro piatto, che non sia stato avvelenato da farmaci, sostanze sintetiche o deprivato del suo naturale contenuto di nutrienti complessi. Che magari, nel caso dei vegetali, sia stato colto direttamente dalla pianta poco prima di entrare nella nostra cucina. Cibo che sia stato coltivato (o allevato) con rispetto, del cibo stesso, della terra, di chi lo consumerà.
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La colazione o la merenda, per me, sono normalmente a base di frutta, il cibo migliore che esista sulla faccia della terra, un cibo che più integro e completo non si può. Ma quando abbiamo voglia di altro, o per variare la dieta dei proprio figli ed evitare che si buttino sul kinderbrioss del compagno di scuola, bastano poco tempo, 5 ingredienti (che possono diventare 4, usando un solo tipo di olio, o addirittura 3, considerando che un ingrediente è semplicemente acqua naturale) e un vasetto della vostra marmellata preferita per creare qualcosa che l’industria non riuscirà mai ad eguagliare. Scegliete la migliore farina, il vostro zucchero più grezzo e la vostra marmellata più buona, che per me, lo sapete, è quella di more. E mentre addentate la vostra crostatina fatta in casa, andatevi a guardare come pateticamente l’industria cerchi di farvi credere che quello che vi propina sia esattamente la stessa cosa di ciò che state mangiando in quel momento: su merendineitaliane.it avete il massimo esempio di questo sforzo penoso, peggio di Banderas con la gallina Rosita nel mulino bianco e del lievito madre nei loro cornetti.
Queste sono le mie crostatine: imperfette, semplici, buonissime. Vi è venuta voglia di cucinare?

// Crostatine di farro monococco con marmellata di more //

°° Ingredienti (per 4 crostatine) °°

  • 175 grammi di farina semi-integrale di farro monococco
  • 70 grammi di zucchero integrale di canna mascobado
  • 25 grammi di olio e.v.d’oliva
  • 25 grammi di olio di semi di girasole
  • 40 grammi di acqua
  • marmellata di more
In difesa del cibo 1Miscelate la farina e lo zucchero in una ciotola e fate un buco al centro, in cui verserete gli oli e l’acqua. Impastate il tutto velocemente fino ad ottenere una palla morbida e compatta, avvolgetela in un foglio di pellicola per alimenti e lasciatela riposare in frigo per almeno 30 minuti (ma anche una notte o un giorno intero).
In difesa del cibo 1Dividete limpasto in quattro lasciandone un po’ da parte per le striscioline e stendetelo direttamente negli stampini da crostatina, livellandolo bene. Bucherellate il fondo con una forchetta e riempite con generose cucchiaiate di marmellata. Formate velocemente le striscioline (se vi si appiccicano troppo alle mani sciacquatele e ungetele) e poggiatele sulla marmellata.
In difesa del cibo 1Infornate in forno già caldo a 180° per 10-15 minuti controllando che non brucino. Sfornatele e quando sono tiepide estraetele dagli stampini. Lasciatele raffreddare completamente su una gratella per dolci. Con queste dosi si ottengono 4 crostatine, se volete potete raddoppiarle e fare una crostata grande (che cuocerà in 20-30 minuti).
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14 commenti su “In difesa del cibo”

  1. D’accordissimo, Claudia!
    La salute è da coltivare fin da piccoli!
    E Siamo sincronizzate: proprio sabato terró un laboratorio per far vedere come è facile creare merendine sane e gustose, senza dover ricorrere al super e Banderas!!
    Continua così!!

  2. Bellissimo post! Non posso che essere d’accordo con te su tutta la linea. Io sono mamma e credimi che continuare a seguire la strada del semplice e naturale è difficilissimo perché ti scontri con una realtà alimentare molto molto diversa: bambini piccoli che al parco, in piscina o per strada consumano solo cibo industriale (patatine fritte in sacchetto, merendine, crackers, caramelle, bibite dolci gassate). Io, che se porto la merenda fuori casa al mio bimbo, gli propongo frutta di stagione, frutta secca, pane fatto in casa con marmellata della nonna, dolci cucinati da me e magari con lui…io, che alla sua festa di compleanno non ho preparato un solo panino al prosciutto ma tante cose alternative e gustose e che ho offerto succo di mela fresco a km 0, sono la “diversa”, la “fissata”.
    Non voglio che il mio piccolo cresca come un “diverso”, per cui a volte gli permetto di provare se gli viene offerto, ma allo stesso tempo voglio trasmettergli l’importanza del cibo fresco, vivo e buono.
    È una strada con tante curve. Spero di farcela!
    A presto Claudia

    1. Francesca, non sono madre e non posso capire fino in fondo quanto sia difficile trovare il giusto compromesso tra una buona educazione e il rispetto della libertà del proprio figlio, ma credo sia una delle cose più difficili del mondo! Molti amici mi hanno raccontato quanto i loro sforzi di nutrire i propri piccoli in modo sano siano stati vanificati con l’ingresso a scuola…
      Ti auguro davvero di riuscire a percorrere al meglio questa strada, con tutte le sue difficoltà!
      Grazie del contributo e a presto 🙂

  3. Lo sai che con me sfondi una porta aperta su questi argomenti!
    Poi in questo periodo tocchi anche un tasto dolente, ovvero la questione merende nella scuola, in particolare all’infanzia frequentata dalla mia seconda dove quest’anno hanno arbitrariamente tolto la merenda con frutta bio sostituendola con merendine e biscotti confezionati di davvero dubbia qualità (magari potessero avere queste tue deliziose crostatine!)… motivi? economici! Come puoi immaginare per sta cosa stiamo facendo di tutto… ma che difficile ragionare con certe teste!

    1. E certo Daria, come non saperlo quando ti si legge da anni! Anzi, tu sei uno dei migliori esempi da seguire.
      Che piaga questa della scuola! Al di là del fatto che i soldi investiti nelle strutture pubbliche calano di continuo, c’è anche il fatto che in certi posti non esiste proprio una minima cultura del buon cibo. Non ci si pone proprio nemmeno il problema, nonostante ci siano bambini piccoli in pieno sviluppo. Se arriviamo a parlare degli ospedali poi, ancora peggio…
      Spero vincerete la battaglia!!

  4. Eccomi qua… paladina dell’autoproduzione…. io, che ho studiato Scienza della Nutrizione, ho volutamente non seguito la carriera della classica nutrizionista da studio medico e mi cimento in laboratori per bambini si, dove cerco di far capire da dove arrivano i prodotti, quale sia la loro storia e perché ci aiutano a star bene… ma a STARE BENE, non a calare di grammi,chili… bla bla…. sono figlia di un allevatore di mucche e maiali… amo andar per campi, raccogliere frutta selvatica (ieri ho scovato 5 meli tutti diversi ne giro di pochi km!), fare marmellata, cucinar crostata, cercare ed andare a trovare i produttori che fanno le cose con il cuore, perché il CUORE NUTRE più dei carboidrati, delle proteine e di tutti i macro e micro acciderboli di roba che si trova dentro un alminento….
    sono una nutrizionista anomala ed infatti non mi ritengo molto nutrizionista in realtà e quando tutti mi chiedon di far loro la dieta, io rispondo SEMPRE NO! eheheheeeee.
    IO qui vicino ho un’azienda che coltiva farro…e ha pure il monococco… quindi con la sua farina farò sicuro la tua crostatina!
    ti abbraccio e grazie per le dritte su sale e zucchero aromatizzati! 😉
    Manu

    1. Ecco, direi che anche il tuo è assolutamente un buon esempio da seguire 🙂 Lo “stare bene” è il fine che ogni scienza della nutrizione dovrebbe perseguire, e questo credo includa anche il mangiare serenamente, sapendo cosa c’è nel proprio piatto e senza stare a preoccuparsi delle calorie, che tanto il problema non sta tanto nella quantità ma nella qualità.
      Un abbraccio a te!

      1. bravissima la mia autoproduttrice!
        Hai ragionissimissimaaaaaa!!!!!
        LA CONOSCENZA FA LA DIFFERENZA, sembra una frase fatta, ma è la PURA VERITA’, tanto che ne avevo dato il titolo anche ad un progetto per una borsa lavoro provinciale ben 5 anni fa!!!!! e Beppe Bigazzi ha intitolato così il suo ultimo libro….

  5. L’incipit di Pollan mi ha fatto venire la pele d’oca!
    Quest’argomento sai bene che mi è mooolto caro. Spesso mi pongo domande su cose e come sto incidendo sulla salute dei miei bambini e perchè no anche della mia.
    Non sono una purista: uso il burro nelle torte, così come le uova, eppure quando penso che quello che offro alla mia famiglia è molto spesso il cibo più semplice che potremmo mangiare,mi sento alleggerita, a posto con me stessa.
    Il solo fatto di non avere sempre bisogno del supermercato mi fa sentire viva (o a volte morta di fatica,ma questa è un’altra storia ;))…se non lottiamo noi per quello che mangiamo chi lo può fare?
    Grazie Claudia,sei sempre preziosa 🙂

    1. Non serve essere dei puristi secondo me: basta mangiare cibo vero, e credo proprio che tu lo faccia più di molti altri. Non sono a priori contro il consumo di latticini e nemmeno di carne, sono contro il loro principale sistema di produzione, quello industriale, orribile per gli animali e anche deleterio per chi poi se ne nutre (per non parlare dei danni ambientali). Quindi non credo che di base il burro o le uova in una crostata possano essere un danno per la salute (lo è molto di più una margarina zeppa di grassi idrogenati), tutto dipende dalla qualità del burro e delle uova 🙂 E anche da quanto se ne consuma, variare le proprie fonti nutrizionali credo sia un’altra cosa molto importante.
      Per concludere, credo che meno si ha bisogno del supermercato, più si è sulla strada giusta, da qualsiasi punto di vista! La tua fatica vale senz’altro la pena.
      Preziosa tu Manu, grazie e un abbraccio!

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